Il caso della Camera di Commercio, le Marche (troppo) plurali frenate dagli interessi di bottega – .

Il caso della Camera di Commercio, le Marche (troppo) plurali frenate dagli interessi di bottega – .
Il caso della Camera di Commercio, le Marche (troppo) plurali frenate dagli interessi di bottega – .

ANCONA Quella fatale attrazione per la scissione dell’atomo. E quel nome al plurale – unico in Italia – che rappresenta perfettamente la vocazione marchigiana alla scissione delle polveri. La notte dei lunghi coltelli dietro la riconferma di Gino Sabatini alla presidenza della Camera di commercio – raccontata ieri dal Corriere Adriatico – è solo l’ultimo di una lunga serie di scissioni, sgambetti e guerre intestine che stanno lacerando il mondo dell’economia e della politica di casa nostra proprio quando c’è più bisogno di fare squadra e marciare insieme.

Sì, perché se le Marche vogliono scrollarsi di dosso il titolo disonorevole di regione in transizione, devono fare molto meglio di così. E pensare che la Camera di commercio è uno dei pochi, fulgidi, esempi di unità prodotti dal territorio. E anche l’unanimità che ha dato il via libera alla Sabatini bis è un segnale nella giusta direzione. Ma prima di arrivare a questo traguardo, ha rischiato di finire in amministrazione straordinaria – che avrebbe fatto saltare il banco – per la crociata di Confindustria Macerata, che si è impuntata per ottenere un posto in consiglio. Tutto si è risolto al fotofinish, ma l’immagine restituita da questa vicenda non è edificante, per usare un eufemismo. E – peggio ancora – sembra una specie di modus operandi marchigiano.

Precedente

Restando in Confindustria, l’associazione di categoria non è nuova a scissioni di questo tipo. Il progetto, avviato nel 2016, di unire i cinque enti territoriali in un unico ente regionale, è andato in frantumi per l’incapacità delle cinque province di sintetizzare. Già nel 2017 il processo era partito in maniera zoppicante con la divisione in due blocchi: Confindustria Marche Nord (Ancona e Pesaro) e Centro Adriatico (Fermo e Ascoli), con Macerata agiva come mandataria libera. La bomba però è esplosa nel 2021: prima Marche Nord, poi Centro Adriatico si sono sciolte, restituendo Confindustria in cinque enti diversi e separati. Già al primo test – il passaggio di testimone tra i presidenti – il progetto unitario è fallito.

Tre regni

Non va molto meglio per un’altra grande associazione di categoria delle Marche, quella della Confcommercio, ancora divisa in tre regni indipendenti e da anni in guerra tra loro (e le conseguenze ci sono ancora oggi): Marche Centrali, che comprende Ancona, Macerata e Fermo; Marche Nord in provincia di Pesaro Urbino e Confcommercio Ascoli Piceno. La fusione sembra più un’utopia che un percorso realmente percorribile. Poi c’è la vera battaglia delle guerre interne per difendere il cortile di casa: quella della politica. E le notizie recenti mostrano come sia uno sport bipartisan. Campione indiscusso è il Partito Democratico, talmente dilaniato da faide e correnti interne da essere praticamente diviso in due partiti in lotta tra loro. Lo dimostra il feroce scontro tra maggioranza e minoranza dem, sfociato nel tentativo di estromettere il capogruppo regionale Maurizio Mangialardi. Un episodio che, qualunque sia il finale, lascerà cicatrici.

Campioni in erba

La leadership del Pd in ​​termini di scissioni è però minacciata da un altro partito in ascesa: la Lega. Alla vigilia delle elezioni europee e amministrative, tre consiglieri regionali se ne sono andati sbattendo la porta, facendo perdere al Carroccio la sua quota d’oro a Palazzo Leopardi e il suo peso specifico nel governo regionale. La scissione dell’atomo, appunto.

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Corriere Adriatico

 
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