Pagamenti a rilento, Taranto tra le peggiori – .

Pagamenti a rilento, Taranto tra le peggiori – .
Pagamenti a rilento, Taranto tra le peggiori – .

Qquasi 23 giorni di ritardo rispetto alla scadenza. Questo è il dato che colloca Taranto al dodicesimo posto (su 112 comuni) della graduatoria riguardante il pagamenti effettuati dalle pubbliche amministrazioni. L’analisi condotta dall’Ufficio Studi dell’Università Cgia (Associazione Artigiani e Piccole Imprese Mestre) ha evidenziato come nel 2023 i pagamenti sulla Riva dei Due Mari siano stati completati con un ritardo di 22,84 giorni rispetto alla scadenza prevista (+9,68 giorni nel primo trimestre 2024).

Questo è ancora un altro sveglia riguardo a situazione di grave difficoltà economica Del territorio.

Pagamenti lenti: le prime 20 posizioni della classifica stilata dalla Cgia. Taranto è 12UN su 112 comuni

«Lo Stato, ancora una volta, non è riuscito a onorare tutti gli impegni”

Secondo l’Ufficio studi della CGIA: «Tra acquisti, consumi, forniture, manutenzioni, formazione del personale e spese energetiche, nel 2023 lo Stato italiano ha sostenuto una spesa complessiva di 122 miliardi di euro, ma ancora una volta non è stato in grado di onorare tutti gli impegni economici assunti con i suoi fornitori. I debiti commerciali della nostra Pubblica Amministrazione (PA), infatti, continuano ad ammontare a circa 50 miliardi di euro, un importo praticamente invariato da almeno 5 anni. Le più penalizzate da questo comportamento deplorevole sono le piccole imprese. Infatti, come ha sottolineato anche la Corte dei Conti in uno dei suoi ultimi rapporti, nelle transazioni commerciali con le aziende private la nostra PA sta adottando una pratica che definire “diabolica” è forse riduttivo; ditta fatture di importo superiore entro i termini di legge, mantenendo così l’Indicatore di Tempestività del Pagamento (ITP) nei limiti previsti dalla legge, ma ritarda intenzionalmente il pagamento di quelle di importo inferiore, penalizzando così le aziende che forniscono beni e servizi con bassi volumi, ovvero le piccole imprese.

Non solo. Da tempo si è consolidata una nuova pratica “imposta” da molti dirigenti pubblici, anche di aziende legate alle regioni e agli enti locali, che decidono unilateralmente quando i fornitori devono emettere fattura. Se questi ultimi non “rispettano” questa disposizione, in futuro sarà difficile lavorare per questo ente/azienda. Dando l’autorizzazione ad emettere la fattura solo quando l’Amministrazione ha i soldi per pagarla, queste strutture pubbliche riescono a “rispettare” i tempi di pagamento, “aggirando” così le disposizioni previste dalla legge. Una forma di abuso di posizione dominante che si rivela decisamente “ripugnante”.

“I Comuni del Sud sono i peggiori pagatori”

Tra le pubbliche amministrazioni più “lumaca” nel pagare i fornitori vediamo i Comuni, soprattutto quelli del Sud. Nonostante la situazione sia migliorata negli ultimi anni, nel 2023 la situazione più critica si è registrata a Napoli. Nel capoluogo campano i fornitori sono stati pagati con 143 giorni di ritardo. Segue Andria con 89,5 giorni di ritardo rispetto alla scadenza contrattuale, Chieti con +61,8, Reggio Calabria con +54,8, Agrigento con +53,5 e Isernia con +53. Molto probabilmente è altrettanto critica la situazione a Cosenza che, purtroppo, ha un ITP aggiornato, per così dire, al terzo trimestre del 2022. Ebbene, quasi due anni fa il Comune calabrese pagava i propri fornitori con 126 giorni di ritardo. In controtendenza, invece, vediamo il comune di Palermo che nel 2023 ha pagato i propri partner commerciali con 65,5 giorni di anticipo. Nessun altro capoluogo di provincia in Italia ha fatto meglio. Al Centro-Nord, invece, il quadro generale è prevalentemente positivo. Escludendo Imperia (+22,11 giorni di ritardo), Viterbo (+19) e Alessandria (+14,98), quasi tutti gli altri capoluoghi di provincia di queste due aree geografiche pagano con largo anticipo rispetto ai termini stabiliti dal contratto. Le situazioni più virtuose riguardano Padova, Grosseto e Pordenone con un anticipo del saldo di oltre 21 giorni. Per quanto riguarda le amministrazioni regionali, invece, escludendo Molise (+145,9), Abruzzo (+32) e Basilicata (+13,66), le altre realtà amministrative registrano performance più che buone, soprattutto al Centro-Nord.

Migliora il tuo punteggio delle aziende ospedaliere

Negli ultimi anni anche le aziende ospedaliere, soprattutto al Sud, hanno registrato gravi ritardi nei pagamenti. L’anno scorso però – spiegano dall’Ufficio studi della CGIA – il quadro generale è migliorato molto, almeno guardando il risultato relativo all’Itp. Tra le principali Asl presenti al Sud, invece, le situazioni più critiche hanno coinvolto l’Asl di Catanzaro con 64,5 giorni di ritardo, l’Asl Napoli 3 Sud con +27,78, l’Asl di Foggia con +27 (al terzo trimestre 2023) e l’ASL Napoli 2 Nord con +15,42. Ricordiamo che i tempi di pagamento delle forniture sanitarie generalmente non possono superare i 60 giorni.

Su 15 ministeri 9 non sono conformi alla norma

Anche i ministeri italiani faticano a rispettare le disposizioni di legge in materia di tempi di pagamento relativi alle transazioni commerciali. Lo scorso anno, nove ministeri su 15 (ovvero il 60 per cento del totale) hanno liquidato i propri fornitori in ritardo rispetto alle scadenze contrattuali. In nero il Ministero del Turismo con un ritardo di 39,72 giorni. Seguono Interni con +33,52, Università e Ricerca con +32,89 e Salute con +13,60. Il più virtuoso è stato però il Ministero delle Politiche Agricole, della Sovranità Alimentare e Forestali che ha pagato con 17 giorni di anticipo.

Perché allora i debiti restano gli uffici commerciali della PA circa 50 miliardi?

Sebbene i tempi di pagamento delle PA siano generalmente decrescenti, non è da escludere che il comportamento di buona parte degli enti pubblici locali e centrali sia quello di pagare le fatture correnti nei tempi stabiliti dalla legge e di omettere il pagamento, ovvero di farlo con tempi medio-lunghi, dei più anziani. Grazie a questo comportamento e alla pratica sopra annunciata, ovvero quella di non pagare fatture di importo medio-basso, migliora l’andamento dei PIT delle singole pubbliche amministrazioni, ma resta invariato lo stock di debito commerciale.

L’UE ci ha richiamato più volte

Con la sentenza pubblicata il 28 gennaio 2020, la Corte di Giustizia Europea ha affermato che l’Italia ha violato l’art. 4 della Direttiva UE 2011/7 sui tempi di pagamento nelle transazioni commerciali tra pubbliche amministrazioni e imprese private. Sebbene negli ultimi anni i ritardi medi con cui vengono pagate le fatture in Italia siano leggermente diminuiti, il 9 giugno 2021 la Commissione Europea ha avviato una nuova procedura di infrazione nei confronti del nostro Paese, sempre per la violazione della direttiva sopra richiamata, in relazione al noleggio di apparecchiature per intercettazioni telefoniche e ambientali nell’ambito di indagini penali. Il 29 settembre 2022, tuttavia, la Commissione ha aggravato la procedura di infrazione nei confronti dell’Italia e, infine, nell’aprile 2023, in relazione a una presunta violazione della Direttiva sui pagamenti del sistema sanitario della regione Calabria, ci ha fatto pervenire una lettera di costituzione in mora.

Consentire la compensazione tra i debiti fiscali e crediti commerciali

Per risolvere questa annosa questione che mette a dura prova molte PMI, soprattutto del Mezzogiorno, secondo l’Ufficio studi della Cgia c’è solo una cosa da fare: prevedere per legge la compensazione secca, diretta e universale tra i liquidi certi ed esigibili maturati da un’impresa nei confronti della PA e i debiti fiscali e contributivi che la stessa deve onorare verso l’erario.

Grazie a questa automazione risolveremmo un problema che si trascina da decenni e continua a minare la stabilità finanziaria di molte micro e piccole imprese.

 
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