Vodka e granita al limone – .

Vodka e granita al limone – .
Vodka e granita al limone – .

Quando la movida non sapevamo nemmeno cosa fosse, ma volevamo stare fuori tutta la notte e Martina Franca era la nostra casa, una vodka liscia con granita di limone era il drink di cui avevamo bisogno. Era sera, quasi notte, e nel centro storico c’era molta meno gente di adesso. La vodka Dino con granita al limone del Caffè Ducale costa solo 1 euro e 50 centesimi. Era l’ideale per affrontare le ambizioni di un sabato sera, o attutire quelle infrante, in vista dell’inizio della nuova settimana.

“A Martina non c’è niente” era il leitmotiv seduto sui gradini del monumento ai caduti di piazza Crispi. Nella rosticceria che era punto di riferimento per vari gruppi, a differenza delle ciminiere di oggi, dove è davvero impossibile incontrare qualcuno diverso da noi, capitava di sentire Piero “Mozart” Cristofaro, inveire contro i “comunisti” che non eravamo altri che noi un po’ “alternativi”, come si diceva allora, che andavamo a pogare alla Masseria Coccaro prima che diventasse un resort per camicie bianche. Anni fa, a dire il vero, vivevamo insieme, evitandoci se non ci piacevamo, ma tenendoci sempre a una distanza tale da poterci vedere. Mentre si consumava l’epopea delle amministrazioni di centrodestra, la strada era praticamente un mondo a sé.

Il Festival era l’evento dell’estate martinese, che ci si partecipasse o meno, ma sedersi ai tavolini del Caffè Ducale era il posto migliore per osservare i movimenti estivi. Una birra ghiacciata, oppure una vodka con granita al limone, erano l’accompagnamento preferito dell’estate. Ci siamo sentiti a casa, nonostante le differenze, nonostante le distanze, tra gli artisti e i primi turisti, tra i politici e le grandi famiglie che si riunivano per l’estate.

Dino Vinci era lì, a servire drink, o caffè, o pasticcini. Una parola per tutti, ti faceva sentire importante, anche se non lo eravamo, e quella vodka fredda era davvero rinfrescante.

Le città sono fatte dalle persone che le abitano, che puntellano le esperienze, danno loro un volto, trasformano i luoghi, le strade, gli angoli più anonimi in storie da ricordare, storie da raccontare. Dopotutto, cos’è la nostra vita se non una successione apparentemente casuale di mille e una storia? E chi sono coloro che incontriamo sul nostro cammino se non i nostri co-protagonisti?

La tragica scomparsa di Piero Cristofaro e la dolorosa scomparsa di Dino Vinci non rappresentano solo nuove ferite sulla carne viva delle loro famiglie e di chi li ha amati, ma anche interi capitoli che non potranno più rivivere, e che hanno in qualche modo segnato la vita dell’intera città, modificandone impercettibilmente il percorso. A pensarci bene, basta una piccolissima deviazione dalla traiettoria per tracciare strade completamente nuove. E Piero e Dino lo erano un po’ per tutti noi.

Sarebbe bello prendersi cura di preservarne la memoria con la stessa tenacia con cui si difendono i capitelli e le opere d’arte barocche, con la stessa cura con cui si reperiscono i fondi per i nuovi stadi.

 
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