Giorgia’s strategy – il Giornale – .

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Giorgia Meloni ha provato e continua a provare: a entrare nella fortezza di Bruxelles dove tedeschi e francesi, circondati da fedeli vassalli, decidono la vita quotidiana di 27 nazioni europee, compresa la nostra. Per lei, entrare non è un problema personale, ma nazionale. La questione di appartenenza a un partito e di alleanze correlate svanisce di fronte all’evidenza di un bene superiore. Rendiamoci conto di cosa c’è in gioco. E non ridiamo per una volta del folklore di certi obblighi: il diametro minimo delle zucchine, la rivoluzione dei tappi di plastica da incollare alle bottiglie. Sono diversivi, invenzioni intelligenti, per far credere alla gente comune che l’Europa è una vecchia zia idiota con qualche fissazione vichinga, ma in fondo innocua. Cazzate. L’Unione Europea ha un potere invasivo, nelle piccole e nelle grandi cose, quasi assoluto. Il 60 per cento delle leggi approvate dal nostro Parlamento vengono imposte da lassù; l’influenza si esercita in misura quasi totalitaria attraverso le direttive sui bilanci e, attualmente, sul modo di spendere i duecento e più miliardi di fondi assegnati al nostro Paese (e in gran parte da restituire con gli interessi). Nei primi giorni della settimana, l’élite dei tre partiti al comando nella scorsa legislatura si era riunita per spartirsi le posizioni di vertice (i cosiddetti Top Jobs) e, già che c’erano, anche quelle di secondo piano, come se il voto non si fosse svolto l’8 giugno. In ordine di numero di seggi, il Partito Popolare Europeo (i tedeschi Weber e von der Leyen), il Partito Socialista (Scholz) e il cosiddetto Partito Liberale (Macron). Hanno ricostituito il blocco di centro-sinistra onnipotente. Hanno passato il foglietto ai primi ministri/presidenti degli altri 25 Stati, dando per scontata la formalizzazione del consenso, e al diavolo i risultati del 9 giugno. Meloni, nella seduta di giovedì del Consiglio europeo dei 27, si è ribellata e si è astenuta su von der Leyen (“per rispetto di Forza Italia”, che è il pilastro italiano del Ppe), e ha bocciato le altre. Ho percepito un po’ di malizia in quel presunto rispetto per l’alleato di governo. Un modo per far sapere: caro Tajani, è impossibile che tu non fossi a conoscenza di quell’incontro che ha escluso non tanto me, ma l’Italia – sei o non sei un leader del Ppe?: perché hai accettato l’accordo?

Ha ragione la Meloni ad essere furiosa? Ovvio. Se la sovranità appartiene ai popoli europei, non si capisce perché sia ​​preordinata l’umiliazione dell’Italia, fondatrice dell’Ue, terza per abitanti e Pil, nonché governata dall’unica maggioranza emersa dalle recenti consultazioni. Le elezioni dovrebbero essere fatte apposta per dare accesso nella nostra cabina di regia a chi ha vinto e negarlo a chi è stato sconfitto. Invece, coloro che sono stati infangati dal loro stesso popolo, cioè i leader di Germania e Francia, Scholz e Macron, tornano al comando come se nulla fosse accaduto. Non solo loro: anche i raggruppamenti continentali di cui fanno parte, socialisti e liberali, sono usciti dalle urne scheletrati. Crescono invece come in Italia il Partito popolare europeo, i Conservatori e riformisti (FdI-Meloni) e la destra identitaria di Le Pen di cui fa parte la Lega.

Fermo. Un momento. Una domandina. Il Partito Popolare Europeo è il perno del centrosinistra in Europa, il suo dominus, e in questa veste imperiale lascia fuori dalla porta, nell’anticamera dei valletti, il governo di centrodestra italiano a cui fornisce uno dei suoi leader nel ruolo di vicepremier? Abbiamo capito bene? Tradotto: Forza Italia a sinistra a Bruxelles e a destra in Italia, forse per convincere gli altri al governo ad allinearsi ai leader alleati di Schlein?

Leggo che Tajani ha confermato che Forza Italia voterà all’unanimità von der Leyen al Parlamento Ue. Con questo ragionamento: «È emersa una netta distinzione tra i rapporti tra i partiti e i rapporti tra i Paesi. Quindi non c’è stato nessun isolamento dell’Italia, se vogliamo fare un’analisi oggettiva». Io preferisco la mia analisi soggettiva. Il bene dell’Italia è maggiore delle esigenze del partito se questo partito indebolisce il governo di cui è parte essenziale. Caro Antonio, non vedi come Elly Schlein e tutta la sinistra gongolano? Non mi stupisce. C’è una coerenza da avvoltoio in questo augurare il male all’Italia per danneggiare gli oppositori interni. È la logica comunista del peggio è meglio. Berlusconi ci ha mostrato un’altra cosa.

Invito Tajani ad un atto salvifico di pirateria, ad una gloriosa incursione che politicamente impropriamente definirei X Mas. Mi rendo conto che un salto felino spezzerebbe l’incantesimo della silenziosa carriera europea dell’attuale capo di Forza Italia. È arrivato ai vertici del Parlamento di Strasburgo vestito con l’ovatta del PPE disegnata per lui da Berlusconi. Se Silvio fosse vivo ruggirebbe, ma poiché il simbolo è ancora nel suo nome, lo fa anche da morto. Facendo un giro al mausoleo di Arcore, Tajani sentirebbe un brivido attraversare l’urna delle sue ceneri. Berlusconi è riuscito a far inserire Forza Italia nel Partito popolare europeo, a dispetto della sinistra democristiana, ma non certo per fare il cavaliere al servizio dello strapotere germanico. Sfida te e il presidente del PPE, anche lui tedesco, Manfred Weber. Metti un ultimatum, caro Antonio. C’è ancora tempo. O apriamo in modo chiaro e ufficiale al nostro alleato presidente del Consiglio oppure scegliamo la protezione dell’Italia anche a costo di negare il voto a Ursula.

Secondo me Ursula cede. Comunque vada, però, caro vicepremier, i tuoi elettori ti porterebbero in giro sulla sedia gestatoria. Ti farei anche un saluto, anche se ciò significasse voltare la schiena.

Vittorio Feltri

 
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