Ecco il pentito che ha rivelato l’attività dei Pilleras – .

Ecco il pentito che ha rivelato l’attività dei Pilleras – .
Ecco il pentito che ha rivelato l’attività dei Pilleras – .

Il suo nome è Salvatore Messina, detto Turi Manicomio, il collaboratore di giustizia che ha svelato agli inquirenti i segreti del volto imprenditoriale del clan Pillera-Puntina. Messina ricopriva un ruolo di vertice nel clan catanese: sei anni fa ha deciso di cambiare vita. I suoi verbali fanno parte delle oltre 200 pagine dell’ordinanza firmata dal gip Simona Ragazzi che ha portato all’arresto di 10 persone nel blitz Filo.

Il matrimonio con la nipote del capo

Il pentito ha dichiarato di essere entrato a far parte della “famiglia” all’età di 21 anni, quando ha sposato Rosalinda Finocchiaro, figlia di Rosa Pillera e sorella di Santo Finocchiaro, uno degli indagati di oggi. La suocera di Messina è quindi sorella di Turi Cachiti Pillera, storico boss mafioso. Va detto che Rosalinda Finocchiaro è accusata di bancarotta fraudolenta nel fallimento della Dosian, una delle società al centro dell’operazione delle fiamme gialle dell’Etna. Il pentito racconta la guerra tra i Pillera e i Mazzei negli anni ’90 fino all’unificazione con i Cappello. Che però si è affievolita nel tempo.

Il sistema di subappalto per arricchire il clan

Nel 2013 Messina assume la reggenza del clan mafioso: il collaborazionista gestiva il traffico di droga per tutta la famiglia Pillera. Nel 2015 finì in carcere e i rapporti con il clan divennero difficili. Ma fu il figlio Antonio (indagato nel blitz) a informarlo di come andavano gli affari. Fu lui a dare agli inquirenti i nomi delle società su cui i Pillera avevano messo le mani. E nei vari interrogatori compare Dosian, poi trasformatosi in Catania Impianti. Ma anche le società di Finocchiaro, nipote del boss, e la Tc Impianti già al centro di un’altra procedura fallimentare. «TC significa Turi Cachiti (soprannome del boss Turi Pillera), società aperta da Zingale e poi chiusa per problemi familiari», disse il pentito. Messina spiegò un po’ l’origine di tutti gli investimenti: il clan sarebbe intervenuto a favore della società Sielte su richiesta di Domenico Lombardo per un recupero crediti che i membri del clan avevano poi effettuato nei confronti di un imprenditore sardo nell’interesse di un’azienda di Roma che subappaltava lavori alla stessa Sielte.

 
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