After the attack on Mondialpol, the gang hid in Sassari La Nuova Sardegna – .

After the attack on Mondialpol, the gang hid in Sassari La Nuova Sardegna – .
After the attack on Mondialpol, the gang hid in Sassari La Nuova Sardegna – .

Sassari Hanno lasciato che le acque si calmassero per un giorno intero e solo dopo poco più di 24 ore hanno messo il naso fuori dal nascondiglio in cui si erano rifugiati venerdì sera, dopo aver seminato il panico e tenuto la città sotto assedio per quaranta minuti, sparando oltre 150 colpi – alcuni all’altezza del petto – prima di abbandonare la sede della Mondialpol a Caniga, con un bottino di almeno venti milioni di euro, secondo una prima stima non ancora confermata. Intorno alle 23.30 di sabato, la presenza di un furgone in fiamme, segnalata sotto un cavalcavia sulla 131 in località “Campomela”, a poche centinaia di metri dall’ex cementificio e a pochi chilometri dalla città, ha confermato agli inquirenti che il commando armato – o almeno una parte di esso – è rimasto a Sassari, o sicuramente nei dintorni, dopo aver compiuto la rapina.

E anche il bottino venne lasciato in città, custodito nel compartimento del Ducato che bruciava sotto la Carlo Felice, dopo essere stato cosparso di benzina. Un furgone, rubato qualche settimana fa, al quale la banda di rapinatori aveva apportato una significativa modifica. Per agevolare l’operazione di scarico dei sacchi con il denaro, i malviventi avevano tagliato di netto il tetto. Sabato sera, i primi ad arrivare sul luogo dell’incendio – nei pressi dell’ex ristorante Rio Antico – sono stati i Carabinieri del comando provinciale di Sassari, insieme ai vigili del fuoco. L’intervento degli uomini del 115 ha evitato che il mezzo venisse completamente distrutto, cancellando così ogni traccia. I militari dell’Arma hanno allertato gli investigatori della Squadra Mobile, ai quali la Procura ha affidato le indagini. Sono stati gli uomini della Questura – tra sabato notte e ieri mattina – a setacciare il Ducato insieme agli esperti della Polizia Scientifica, alla ricerca di qualche elemento utile alle indagini, risparmiato dalle fiamme. Sparse all’interno del camion sono state ritrovate alcune banconote da cinquanta euro, sicuramente cadute durante le operazioni di trasferimento del denaro sui mezzi “puliti” con cui è stato portato via il bottino. La prova, se ce ne fosse bisogno, che proprio quello è stato il veicolo su cui sono finiti venerdì sera una ventina di milioni di banconote. Denaro rimasto nascosto – forse insieme alle armi da guerra utilizzate durante l’assalto – non troppo lontano da Sassari.

Venerdì sera, dopo lo scontro a fuoco e la fuga da Caniga – con le vie di uscita dalla città bloccate da auto in fiamme e chiodi sparsi sull’asfalto dai malviventi – la banda si è divisa. È probabile che una parte dei banditi sia riuscita ad allontanarsi rapidamente dalla zona dell’attentato – definita dagli investigatori di natura “militare” – e un’altra, magari potendo contare su sostenitori locali e sicuramente su un nascondiglio non troppo distante. di distanza, rimase nei pressi della città per custodire armi e denaro. Nel covo di Sassari, sospettano gli investigatori, i mezzi utilizzati per l’assalto armato potrebbero essere rimasti nascosti per giorni, forse settimane. Potrebbe trattarsi di un terreno nel sassarese oppure di un magazzino non troppo lontano da Caniga. È improbabile, infatti, che venerdì sera la banda sia partita da molto lontano con auto e veicoli rubati, tra cui un maxi escavatore caricato su un camion. È proprio su questo aspetto, l’eventuale presenza di una cellula locale in grado di fornire un rifugio sicuro e di sostenitori che conoscano a memoria il territorio, che si concentra la prima fase delle indagini della polizia. Ed è sempre questo – un clamoroso salto di qualità della criminalità – a interrogare da tre giorni una città che dopo essere stata sotto assedio per 40 minuti all’ora di cena, ora ha paura e chiede più sicurezza.

 
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