Ravenna in Comune: “L’antifascismo non è un gioco”

Ravenna in Comune: “L’antifascismo non è un gioco”
Ravenna in Comune: “L’antifascismo non è un gioco”

“Le elezioni in corso, sia a livello di campagna elettorale prima del voto, sia di valutazioni “pubblicitarie” del voto espresso, più ancora di qualsiasi seria analisi dei risultati, vanno viste come un’anticipazione di ciò che ci attende nelle prossime elezioni regionali. E anche, indipendentemente dal fatto che siano previste o meno, quelle comunali.

Ci riferiamo al “gioco dell’antifascismo”. Aspettate un attimo prima di gridare a noi antifascisti perché qui non si parla di antifascismo serio. Né di ridicolizzarlo. Ravenna in Comune non ha nulla da imparare né da insegnare sulla pratica dell’antifascismo né sui rischi del fascismo in Italia e anche a Ravenna. La memoria della Resistenza e della lotta al fascismo ci accompagna fin dalla nostra nascita, è nell’appello che abbiamo lanciato nove anni fa e che non verrà mai abbandonato. Possiamo vantarci senza timore di smentita di aver fatto cancellare Mussolini dall’elenco dei cittadini onorari della nostra città e di aver indotto l’inserimento dell’adesione esplicita all’antifascismo come presupposto per ottenere spazi pubblici in città. Sono innumerevoli le manifestazioni istituzionali ma anche “di base” a cui abbiamo partecipato o promosse per ricacciare in quelle fogne da cui ogni tanto riemerge la vergogna di un fascismo insieme nostalgico e “al passo con i tempi”. Periodo.

Quando parliamo di “gioco antifascista” intendiamo quel fenomeno per cui il centrosinistra e il PD in particolare, in prossimità delle elezioni, invocano un voto per contrastare l’attuale marea nera che sembra materializzarsi solo in quel momento.

Non ci sono differenze sostanziali tra ciò che il centrodestra e il centrosinistra esprimono una volta sistemati a Roma o in periferia. Non sul piano economico, sui diritti e la tutela della classe operaia, sulla guerra e la pace, né su nessuno di quegli elementi che rappresentano l’adesione al dogma neoliberista. Abbiamo visto con quanta rapidità Meloni & co. si siano adattati alle politiche perseguite dal gruppo guidato da Draghi e dalla coalizione di PD e 5 Stelle prima di lui. A parte il 10% di distinzioni attentamente sottolineate, per il 90% le politiche del centrodestra sono indistinguibili da quelle del centrosinistra. Ecco allora l’utilità del “gioco dell’antifascismo” tirato fuori al momento giusto.

Anche se il 90% e più di politiche in comune tra centrodestra e centrosinistra può non essere condiviso, il voto per il centrosinistra di ogni antifascista che si rispetti dovrebbe essere assicurato proprio dalla necessità di chiudere la porta a quel fascismo che, secondo una storia vecchia di almeno 30 anni, il centrodestra vorrebbe far entrare. O almeno questo è ciò che si aspetta il PD. È un “gioco” che dura almeno da quando Berlusconi sostenne formalmente la candidatura di Fini, da segretario del MSI, a sindaco di Roma nel 1993 e si alleò con lo stesso MSI, portandolo al governo l’anno dopo. Da allora, quindi, il fascismo entra ed esce da quella porta. E va ricordato che quando la destra si trova in crisi, è proprio il centrosinistra a rivitalizzarne le sorti per continuare “il gioco”. Qualcuno ricorda ancora l’abisso in cui era sprofondata la Lega dell’ultimo Bossi prima che Matteo Salvini diventasse presenza fissa su tutte le emittenti televisive pubbliche controllate dal centrosinistra? E che dire del “nulla osta” a Giorgia Meloni e Fratelli d’Italia perseguito con insistenza dallo stesso segretario del Pd Enrico Letta? FdI che alle scorse elezioni aveva appena superato la soglia di sbarramento…

Tra ottobre e novembre si terranno le elezioni regionali e il centrodestra e il centrosinistra non hanno ancora scoperto le loro carte. Ma ricordiamo bene quelle sardine che sono saltate fuori dalla scatola con i soliti tempi per contrastare il rischio di ritorno del fascismo, poco prima delle elezioni del 2020, e poi sono sparite nel nulla appena finito il compito. E oggi Bonaccini, proprio lui che garantiva per Meloni come non fascista, prima di presentare le dimissioni trova il tempo di stigmatizzare il rischio fascista che solo ora emergerebbe dal nulla. E de Pascale (de Pascale!) viene a darci una lezione di antifascismo il 25 aprile partendo dalla Costituzione. Quella stessa Costituzione che ha voluto fare a pezzi sostenendo i rivolgimenti di Renzi.

Il contesto aiuta, naturalmente. Guardiamo alla Germania. Alla Francia. Evidenziamo i risultati dei partiti europei che, se non si dichiarano fascisti, ne riassumono certamente tutte le caratteristiche. Sentiamo parlare di sondaggi in cui scopriamo ciò che già sapevamo, cioè che un partito che mantiene nel suo simbolo il riferimento al MSI lo fa perché continua a condividere quei valori. E se per molto tempo sono stati ripetuti come fossero legittimi concetti aberranti, come la precedenza da dare in base alla razza, alla religione, ecc., non dovremmo sorprenderci se poi vengono nominati personaggi che esprimono esplicitamente quegli stessi concetti. E prendono anche molti voti.

Lo ripetiamo. Ravenna in Comune crede nell’antifascismo e nella sua attualità non retorica. Ciò non significa che accettiamo il “gioco dell’antifascismo” senza denunciarne obiettivi e autori. Una cosa deve essere chiara. Non eravamo pronti e pronti alla santa alleanza con il centrosinistra suggellata dall’antifascismo nelle elezioni comunali del 2016, non abbiamo accettato il “giochino” nelle elezioni regionali del 2020 e nelle successive comunali del 2021, e non Non sono d’accordo per il “giochetto” alle prossime regionali in autunno. Né alle successive elezioni comunali quando ci saranno. Tra i nostri valori l’antifascismo è costitutivo ma questo non significa che siamo disposti e disposti a chinare il capo davanti a quel neoliberismo che, per bocca del PD, si dichiara antifascista solo quando gli fa comodo!”

Ravenna in Comune

 
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