Partecipare all’evento organizzato dal comune di Massa sulla Bolkestein è stato sconfortante: in Italia si punta a rendere incerta la legge e quando non lo è si lavora per renderla confusa. Nel sentire che il Consiglio di Stato “è particolarmente cattivo”, “è duro” quando nelle sue sentenze ribadisce qualcosa di molto chiaro e ininterpretabile come l’articolo 12 della direttiva europea, mi sento un po’ sopraffatto. Capisco che i proprietari degli stabilimenti balneari si sentano minacciati da questa scadenza, per la verità già prorogata più volte, ma essa è la condizione essenziale per la concessione stessa di un bene pubblico. Hanno sempre saputo che quanto costruito sull’area demaniale rimovibile non sarebbe stato loro per sempre, ma alla scadenza della loro autorizzazione sarebbe stato acquisito automaticamente come bene demaniale senza alcun indennizzo (art. 49 del Codice della Navigazione).
Dopo 18 anni da quel 2006 in cui la direttiva europea aveva cercato di regolamentare in via comunitaria la questione delle concessioni, in Italia ci si chiede ancora come si possa fare ricorso per rinviare a tempo indeterminato le procedure comparative. L’impressione è che le preoccupazioni dei concessionari siano state la gallina dalle uova d’oro per molti.
La riflessione, ovviamente evitata, è però un’altra: se le concessioni sono scadute, sono state illegittimamente prorogate alla scadenza dal 2009, e con la validità dell’articolo 49 del Codice della Navigazione, per quanti anni è stato consentito ai concessionari di lucrare su beni che non erano più loro? Si può parlare di un danno economico immenso subito come collettività da questa politica? Ora che ci sono anche sentenze del Consiglio di Stato e leggi nazionali che hanno definitivamente fissato la scadenza al 31/12/2023 e quasi nessuno si muove, non dovrebbero pagare un affitto oltre al canone per l’immobile che stanno utilizzando?
