Il piano di Giuseppe Conte che doveva sostituire Italia Sicura e bocciato dalla Corte dei Conti – .

Il piano di Giuseppe Conte che doveva sostituire Italia Sicura e bocciato dalla Corte dei Conti – .
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Nelle intenzioni di Giuseppe Conteal momento della presentazione, Proteggi l’Italia doveva essere “il più grande piano per la sicurezza, la lotta al dissesto idrogeologico e la prevenzione nel nostro Paese, che per la prima volta ‘sistema’, riportando all’unità, una miriade di norme, interventi e risorse che fino ad oggi erano disperse ”. Conte lo presentò nel febbraio 2019, con un’apposita conferenza stampa e cartelli di ordinanza – andavano di moda allora, ricorderete – insieme al ministro dell’Ambiente, SergioCostaal Ministro dell’Agricoltura, Gian Marco Centinaioe al Ministro per il Mezzogiorno, Barbara Lezzi.

Il Piano, come si legge nelle cronache dell’epoca e si vede nella presentazione ancora online – non è scomparso, a differenza di ogni traccia di Italia Sicura dal sito del Governo – si basava su ipotesi che, appunto, si riferiscono a Italia Sicura: prevenire, semplificare, mettere in sicurezza il territorio spendendo in modo più rapido e semplice i fondi già disponibili, già stanziati, mettendo a sistema risorse che, per il triennio 2019-2021, ammontano a 10,8 miliardi di euro. Il polo operativo è stato spostato presso il Ministero dell’Ambiente.

Ottime intenzioni, sulla carta. Tuttavia, nell’ottobre 2021, un comunicato della Corte dei Conti afferma che: “Al netto dei ritardi conseguenti all’emergenza pandemica, il”Piano nazionale per la mitigazione del rischio idrogeologico, il ripristino e la tutela della risorsa ambientale”, che ha mobilitato risorse economiche nazionali e comunitarie, pari a 14,3 miliardi di euro in 12 anni, dal 2018 al 2030, destinate alle Regioni e agli enti locali, ha avuto il pregio di unificare il quadro generale dei finanziamenti, ma non ha risolto i problemi di unificazione dei criteri e delle procedure di spesa, di unificazione dei controlli e di accelerazione della spesa“.

Una bocciatura, insomma, sancita dalla relazione su “Gli interventi delle Amministrazioni dello Stato per la mitigazione del rischio idrogeologico”, approvato dalla Sezione centrale di controllo sulla gestione delle amministrazioni statali della Corte dei conti. Nello stesso rapporto si sottolineava che l’Italia deteneva un triste primato europeo, essendo il Paese più colpito da frane tra quelli censiti.

Già allora il rapporto sottolineava la necessità di superare l’approccio emergenziale, in quanto la lotta al dissesto idrogeologico rappresentava – e rappresenta tuttora – una priorità per il Paese. Ma, allo stesso tempo, ha focalizzato l’attenzione sulle criticità del piano Protectitalia: “la magistratura contabile ha rilevato l’eccessiva proliferazione e frammentazione delle piattaforme e dei sistemi informativi relativa agli interventi e alla debolezza degli strumenti e dei metodi di pianificazione territoriale, in grado di attuare un’efficace politica di prevenzione e manutenzione”. Non solo: “Nonostante le semplificazioni introdotte – si legge – restano, sia l’adozione di processi decisionali sia quelli attuativi hanno subito un rallentamento, spesso condizionata da lunghi processi di concertazione nazionali e locali. Ulteriori problemi irrisolti restano la capacità progettuale delle Regioni, la mancanza di profili tecnici e la scarsa programmazione territoriale”.

IL troppe sale di controllo, strutture di missione, segreterie tecniche, task force centrali e regionaliinfine, secondo la Corte, non avevano contribuito a compiere il necessario salto di qualità verso la semplificazione delle procedure e la rapidità di intervento necessarie a contrastare il dissesto idrogeologico del territorio italiano.

Quindi non un successo. Ma sì, sai: le strade dell’Inferno sono lastricate di buone intenzioni.

 
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