Perché l’America ha Billie Eilish e noi Al Bano? Ho ascoltato l’album Hit me hard and soft e ho capito che non si tratta solo di musica – MOW

Perché l’America ha Billie Eilish e noi Al Bano? Ho ascoltato l’album Hit me hard and soft e ho capito che non si tratta solo di musica – MOW
Perché l’America ha Billie Eilish e noi Al Bano? Ho ascoltato l’album Hit me hard and soft e ho capito che non si tratta solo di musica – MOW

Più una reazione che una recensione, dopo aver ascoltato il nuovo album dell’artista americano primo nelle classifiche mondiali in meno di 24 ore, che è quello che non ti aspetti da una pop star: sofisticata, oscura, cantautrice , senza che “che cazzo” sia tutto “che cazzo” perché non gli interessano le aspettative del pubblico. Non abbiamo artisti così in Italia? Sì, ma preferiamo che Al Bano canti l’inno di Mameli o ascoltiamo Pupo in Premierato…

Ho ascoltato il nuovo album di Billie Eilish e, non so perché, alla fine la mia mente mi ha portato a pensare: perché abbiamo l’inno italiano cantato in Al Bano? Recinzioni o no, disturbato dalle urla degli spettatori allo stadio o semplicemente un po’ arrugginito, per quale motivo atavico noi italiani – che sia la finale di Coppa Italia o qualsiasi occasione istituzionale – abbiamo così poco coraggio nel valorizzare i giovani artisti? ? Se Mameli avesse cantato l’inno Signora, non sarebbe stato meglio? Non è lei la “nostra Billie Eilish”? E dicendo questo non le faccio un complimento, visto che Madame è Madame e ha poco da invidiare alla collega americana (a parte il budget per produrre la propria musica). Non solo, perché intanto siamo qui a chiedercelo qual è il segreto di Taylor Swift – e cercando di copiarlo con scarsi risultati – Billie Eilish ci mostra che c’è ancora differenza tra ciò che si vende e ciò che resta. E in alcuni casi, come nel suo, i due aspetti coincidono. Ascolta il disco Colpiscimi forte e dolcemente, che è l’esatto opposto di quello che ci si aspetta da una pop star nell’era della musica fluida e dei singoli pubblicati ogni mese online. Un vero e proprio album, un concept – se non fosse diventata una definizione boomer – che ha un filo comune sia concettuale che musicale. Ma soprattutto, che si preoccupa di soddisfare le aspettative del pubblico e ha invece il desiderio (riuscito) di trasportarle altrove, come ogni artista dovrebbe avere l’ambizione di fare. Altrimenti, l’intelligenza artificiale e la replica infinita sono benvenute.

ILnon in un colpo solo, però, Billie Eilish ci sbatte in faccia anche un’altra realtà: i giovani non sono tutti lobotomizzati dai social, greci con la tendenza a inseguire le tendenze o fannulloni in cerca di soldi facili con i furbi guru online. Altrimenti non sarebbe possibile spiegare il perché con la canzone Pranzo ha raggiunto il numero uno nella classifica globale dei singoli di Spotify con oltre 9 milioni di stream nelle ultime 24 ore. Che è, sì, un pezzo pop, uptempo, provocatorio e sexy, ma anche complesso, più parlato che cantato e senza un momento “che cazzo”, con una vena di inquietudine che lo attraversa nonostante l’apparente giocosità e i testi pieni di non -allusioni immediate. E siamo al primo singolo, perché il resto delle 9 canzoni – tutte in classifica – sono decisamente più oscure, come Chihiro o il dark pop di The cena, romantico ma senza fronzoli in The Greatest, o midtempo in Birds of a Feather. Come se non bastasse, c’è un ritorno all’analogico (anche alle chitarre) che si sposa con il digitale da cui tutti dovrebbero prendere esempio: dalla ballata Skinny al soft-rock Wildflower, passando per la raffinata dance L’ amour de ma vie, l’agrodolce Bittersuite, fino al doloroso Blue. C’è chi lo ha definito “il suo miglior album fino ad oggi” (The Telegraph) o “un simbolo di un mondo musicale che resiste alla superficialità” (Repubblica). Tutto vero, ma mi sembra che manchi qualcosa che non dipende esclusivamente dagli artisti. Perché anche la società che li circonda conta, e non poco, sia nel farli emergere, sia nel sostenerli. Così l’America, criticabile da mille punti di vista, si conferma una terra fertile per chi ha qualcosa da dire a livello artistico, e non solo per vedere i prodotti musicali. L’Italia, invece, che ha invocato addirittura come consiglieri la riforma della Premiership Pupo e Amedeo Minghi – quando pari Sfera Ebbasta o Lazza avrebbero avuto consigli migliori da dare in politica – continua a dimostrarsi un Paese con il complesso di Medea verso i suoi figli migliori.

 
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