DISTURBI CRANICI – Depravazione congenita – .

DISTURBI CRANICI – Depravazione congenita – .
DISTURBI CRANICI – Depravazione congenita – .

votazione
6.0

Streaming non ancora disponibile

Non abbiamo nemmeno fatto in tempo a lasciare le giungle indonesiane visitate grazie a “Demonic Paradise”, il secondo full-lenght degli Anthropophagus Depravity pubblicato da Comatose Music lo scorso 21 giugno, che il paese del sud-est asiatico ci ha riconquistato per una nuova album. prova di forza basato su un death metal serrato e gutturale.
Come più volte accennato, da quelle parti esiste una scena che ha preso molto a cuore il genere “brutale” prevalente negli Stati Uniti e in Europa tra la fine degli anni ’90 e l’inizio degli anni 2000 (Deeds of Flesh, Disavowed, Disgorge, Pyaemia, Sarcolytic, ecc.), e imbattersi in una band d’esordio dedita a questo tipo di sonorità non è affatto un’eccezione o un’impresa impossibile, con gruppi di musicisti – spesso ancora in età scolare – che collaborano e si supportano a vicenda per tenere vivo l’underground dell’arcipelago.
Dalle Western Sunda Islands, intercettate dalla nostrana Lethal Scissor Records dopo un promo uscito nel 2022, i Cranial Disorder ci sfornano una mezz’ora di death metal statunitense dai toni lividi e dalle atmosfere soffocanti, ma che allo stesso tempo – grazie a una vena groovy mutuata da Dying Fetus e Vomit the Soul – riesce a conservare un proprio senso del ritmo e un passo leggermente più snello rispetto a quello di altri simili abomini. Musica che, va da sé, agisce e si muove entro un perimetro molto ristretto, la cui metabolizzazione deve partire dal presupposto che non ci saranno rimaneggiamenti di copione o guizzi stilistici degni di questo nome, elementi che – anzi – saranno sostituiti da un approccio degno dei difensori più squadrati e disinteressato alle influenze esterne.
Un po’ come accade in molti dischi del genere cosiddetto war metal, “Congenital Depravity” ha ben presenti i suoi modelli di riferimento (anche in termini di artwork, produzione, titoli, ecc.), e non si muove da lì, rispettando alla lettera i luoghi comuni che il pubblico di appassionati è solito aspettarsi da un’uscita del genere. In un contesto di questo tipo è quindi fondamentale che il songwriting si distingua per autorevolezza e fluidità, e a questo proposito bisogna dire che, nonostante l’ensemble si presenti in modo raffinato e professionale, il quartetto non ha ancora raggiunto il livello standard dei suddetti connazionali in apertura. La tracklist non dura molto, la tecnica è notevole e i riff non mancano, ma non è proprio fenomenale l’ingegno nell’assemblare le varie parti – così come la varietà delle soluzioni ritmiche e chitarristiche –, che porta i brani a fondersi in un flusso discreto ma sostanzialmente privo di picchi.
Niente di imperdonabile, comunque: i Cranial Disorder sono giovani, e se non gli manca la voglia di imparare e mettersi alla prova, magari osservando gli esempi del circuito locale, la crescita dal punto di vista della scrittura sarà praticamente scontata. Per ora, ne consigliamo le gesta truculente solo ai veri maniaci del settore.

 
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