Recensione Sunbomb illumina il cielo – .

Recensione Sunbomb illumina il cielo – .
Recensione Sunbomb illumina il cielo – .

È bello sapere che la collaborazione tra la voce di Michael Sweet (Stryper) e la chitarra di Tracii Guns (LA Guns) sotto il moniker Sunbomb continua; e a conferma della solidità del progetto è il fatto che anche la base ritmica della band è rimasta invariata, cosa non del tutto scontata in tempi che fanno dell’estemporaneità un feticcio.
Dopo il buon esordio Male e Divinoquindi eccoci qui ad ascoltare il nuovo Accendi il cielo, che, diciamolo subito, conferma quanto di buono Sunbomb ci avesse messo nelle orecchie tre anni fa. Non aspettatevi quindi nulla che ricordi lo street rock degli LA Guns; ma Sunbomb non è nemmeno così vicino all’heavy metal di Stryper. Piuttosto, Michael Sweet e Tracii Guns onorano i nomi che l’heavy metal ha forgiato: su tutti, i più evocativi Black Sabbath e i più ritmati Judas Priest. Anzi, ascoltando Accendi il cielorisuonano riferimenti a molti gruppi tipicamente heavy metal: ma, scrivendo queste righe, mi rendo conto come, alla fine, attingono tutti dalla stessa fonte, scoperta da Toni Iommi e Rob Halford.
Un pezzo come Light Up the Skies, ad esempio, è una straordinaria sintesi di cosa sia l’heavy metal: epicità, melodia, headbanging, dinamismo, aggressività, evocazione.
Unbreakable e In Grace We’ll Find Our Name suonano in realtà molto Black Sabbath anni ’80: qualcosa tra Paradiso e inferno, Croce senza testa e Tiro.
Steel Hearts e Rewind accentuano il lato groovy della band, mentre Scream Out Loud ha una grande spinta e un bridge risonante davvero bello che non dispiacerebbe ai Judas Priest: in breve, siamo sempre lì.
Meritano una menzione speciale anche la ritmata Winds of Fate, i cui ritornelli ci riportano agli anni Settanta, quando tutto suonava nuovo e dirompente, e Beyond the Odds, una vera manna dal cielo per il metallaro che non smette mai di rovinarsi il collo.
Infine, se Setting the Sail è un pezzo epico un po’ flaccido, Where We Belong (di cui la versione giapponese dell’album comprende una versione acustica) è una ballata dolce, non banale, molto sentita e molto ben arrangiata.
Insomma, Accendi il cielo conferma la validità della vena compositiva dei Sunbomb e, più in generale, la straordinaria fertilità di un genere che non smette mai di risorgere dalle proprie ceneri. Naturalmente non possiamo ignorare il fatto che la rinascita non è realmente una rinascita. I Sunbomb sono una band esplicitamente retrò, che di conseguenza non inventa nulla: non vuole e, forse, non può inventare nulla, come la stragrande maggioranza dei dischi che oggi ci passano tra le mani. Rispetto ad altri prodotti, però, Accendi il cielo suona reale e non plastificato, suonato e non semplicemente realizzato. Il fatto che a metterlo sul mercato siano due vecchie glorie e non giovani non può non far riflettere. Così facendo, però, ci godiamo il grande pezzo che è Light Up the Skies, lasciando fluire la passione, che è il nucleo stesso di dischi come questo.

 
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