così Giorgia rimanda la brutta notizia» – .

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Sarà un Documento Economico Finanziario al buio. Ufficialmente, in modo “snello e molto asciutto”, si limiterà a fornire i dati tendenziali di bilancio, cioè le previsioni di crescita del governo. Senza svelare le carte su quelle programmatiche, che dicono come l’esecutivo intende intervenire sulla politica economica. Perché le finanze pubbliche sono in difficoltà, come ha spiegato il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti. Dovuto soprattutto a quel Superbonus al 110% di cui tutta la politica italiana è stata sponsor nelle varie fasi e su cui Meloni&Co. sono già intervenuti con decreto. Ma soprattutto perché «poiché dal quadro programmatico per mantenere le promesse di tagli fiscali non usciranno numeri particolarmente buoni, allora si vuole rimandare la brutta notizia a dopo le elezioni europee», spiega l’economista Carlo Cottarelli.

Il quadro tendenziale e programmatico

Nel Def che approverà oggi il Consiglio dei ministri, la crescita è stimata allo 0,9% nel 2024 e all’1,5 nel 2025. Previsioni al ribasso invece per Banca d’Italia, che punta ad un aumento dello 0,6% del Prodotto interno lordo. Il deficit raggiungerà l’8% dopo il boom del 2023. Il debito pubblico sarà intorno al 140%, forse qualche decimale sotto. Giorgetti ha sostenuto che il Def «leggero» senza previsioni servirà a esaminare meglio le nuove regole europee: «Non ci sono ancora indicazioni sulla nuova governance. Quando arriveranno – cioè intorno all’estate – faremo il piano strutturale come richiesto da queste nuove norme”. C’è anche un altro pericolo che però l’inquilino di via XX Settembre non ha menzionato: la procedura per deficit eccessivo che nei giorni scorsi lo stesso Giorgetti dava per scontata. C’è il rischio di una correzione dei conti dello 0,5% annuo, ovvero 14 miliardi di Pil.

Il deficit e il debito

IL Corriere della Sera ricordiamo che in base al Nadef (Nota di aggiornamento del Def) il deficit dovrebbe attestarsi attorno al 4,3% del Pil quest’anno e al 3,4% l’anno prossimo. Pertanto il dato tendenziale oggi dovrebbe collocarsi in un range compreso tra il 4,3% e il 4,7%. Ma è bene precisare che la Legge di Bilancio 2024 contiene una serie di misure una tantum, cioè finanziate solo per quest’anno. Ad esempio, l’accorpamento degli scaglioni Irpef, il differimento di alcune tasse, il taglio del costo del canone Rai. Così come il credito d’imposta per le Zone Economiche Speciali del Sud e il rifinanziamento della legge Sabatini per gli investimenti delle imprese. Con i dati tendenziali, il Def elimina dal calcolo del deficit e del debito l’impatto di queste misure per il 2025. Che dovrebbero aggirarsi sui 19 miliardi, ovvero quasi un punto in più tra deficit e debito.

La trattativa con Bruxelles

Difficile che il governo rinunci a tutte le misure varate nel 2024 per sostenere i conti. Quindi quei soldi dovranno uscire da qualche parte. Inoltre c’è una trattativa che si svolgerà dopo l’8 e il 9 giugno: una nuova violazione dei vincoli di bilancio. Almeno 8-10 miliardi in più rispetto alle cifre di partenza che Giorgia Meloni vorrebbe utilizzare per coprire la Legge di Bilancio 2025. Ma a questo punto sul tavolo c’è anche la procedura per deficit eccessivo che l’Italia dovrà affrontare. E che dovrebbe invece costare un taglio dello 0,5% del deficit strutturale. A ciò vanno aggiunte le coperture per le famiglie e le nascite e le spese non differibili. Di tutto questo non ci sarà traccia nel Def. L’esecutivo potrà lanciarli alla Nadef prevista per l’autunno. Ma dovrà comunque tenerne conto.

La cattiva notizia

Per questo, spiega oggi Cottarelli La stampa, è difficile credere che siano le nuove regole europee a frenare il governo dal varare un Def completo: «Ormai sono chiare, sono state approvate, anche se formalmente manca ancora un ultimissimo passo. Perché aspettare allora? Forse perché, come qualcuno ha notato, dal momento che dal quadro programmatico non usciranno numeri particolarmente buoni per mantenere le promesse di ulteriori tagli fiscali, allora si vuole rimandare la brutta notizia a dopo le elezioni europee”. Secondo l’economista nemmeno la prossima procedura è una scusa valida: «Non credo perché quando si aprirà la procedura poi si inizierà a discutere su come intervenire nella seconda parte dell’anno. Pertanto ogni aggiustamento riguarderà la legge di Bilancio per il 2025”.

Un paradosso e un vantaggio

«Paradossalmente la procedura d’infrazione per deficit eccessivo ci avvantaggia perché ci obbliga a ridurre di mezzo punto il debito strutturale, ma ci dà la possibilità di derogare all’impegno di tagliare subito il debito di un punto di Pil», aggiunge Cottarelli . Il che allora spiega come il governo possa forse pensare al fatto che la scomparsa del Superbonus dai conti porterà ad una forte riduzione del deficit strutturale. «Immagino che il governo voglia negoziare la flessibilità nel 2025 facendo leva su questo punto», dice. Per l’economista la priorità dell’Italia «è la crescita. Il problema è che il Pnrr non mi sembra aver portato i cambiamenti che sarebbero necessari per fare dell’Italia un Paese dove è più facile investire. Siamo indietro sugli investimenti pubblici; per spingere quelli privati ​​è stata fatta la riforma della giustizia, ma la semplificazione burocratica sarebbe la cosa fondamentale. Purtroppo siamo ancora molto lontani da ciò che si dovrebbe fare”.

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