Biennale, Leone d’Oro dell’Australia: siamo tutti imparentati

Biennale, Leone d’Oro dell’Australia: siamo tutti imparentati
Biennale, Leone d’Oro dell’Australia: siamo tutti imparentati

Venezia, 30 aprile. (askanews) – Raccontare la storia dei popoli delle Prime Nazioni dell’Australia, tra i più antichi della Terra, per dare una nuova prospettiva alla storia e ricordare i legami di parentela che uniscono tutti gli esseri umani. Parla di questo il progetto per il Padiglione Australiano alla Biennale d’Arte di Venezia, che ha ricevuto il Leone d’Oro per la migliore partecipazione internazionale. “Onestamente non me lo aspettavo, ma, ovviamente, è una bella sorpresa”, ha detto ad askanews l’artista Archie Moore, che ha creato un vasto murale e una grande installazione capace di abbracciare migliaia di anni.

“Torniamo a 65mila anni fa – ha aggiunto Moore – ma già solo 3mila anni fa troviamo un antenato comune a tutti gli esseri umani. Volevo dimostrare che siamo tutti collegati sulla Terra da una più ampia rete di parentela. E questa era anche l’idea della finestra sul canale: l’acqua là fuori va nella laguna, poi nell’Oceano Atlantico e nel resto del mondo, compreso il continente australiano, e questo è un altro modo per mostrare le nostre connessioni”.

Scopo del progetto “Kith and Kin” è quindi anche quello di parlare del desiderio di pace, di rispetto e di responsabilità di ciascuno verso l’altro. Una prospettiva che da sempre attraversa le opere dell’artista, come ci racconta la curatrice del Padiglione australiano, Ellie Buttrose: “È esattamente il lavoro di Archie – ha detto – che ha un’incredibile storia di installazioni ambiziose, nel corso della sua carriera. Sono venuto qui per guidare la sua visione e per assicurarmi che la sua voce fosse ascoltata in ogni parte del progetto”.

Un progetto che, come tutta la Biennale di Adriano Pedrosa, restituisce visibilità alle popolazioni indigene, alle storie spesso passate sotto silenzio, alle tragedie e alle violenze che hanno dovuto subire. “Ho voluto dare voce a queste storie non raccontate – ha concluso Archie Moore – grazie ai materiali sulla mia famiglia che ho trovato in archivio e che non conoscevo: in questo modo ho scoperto nuove persone e nuove storie. Volevo dar loro voce davanti ad un pubblico internazionale come quello della Biennale”.

Il Leone d’Oro sembra certificare che l’obiettivo è stato raggiunto.

 
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