«Ma il vero pericolo può arrivare dalla Cisgiordania» – .

«Ma il vero pericolo può arrivare dalla Cisgiordania» – .
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Israele è e rimane in massima allerta per il rischio di possibili ritorsioni da parte dell’Iran in risposta al raid della scorsa settimana nel suo complesso diplomatico a Damasco. Lo conferma la maxi-esercitazione effettuata nelle ultime ore nel nord del Paese, non lontano dal confine con il Libano. Un’operazione che ha coinvolto la 146esima Divisione, le forze della Marina, l’Aeronautica Militare, la Polizia e i servizi di emergenza
salvataggio, con l’obiettivo di testare l’esecuzione di diversi scenari, “dalla difesa dell’area all’evacuazione dei feriti sotto il fuoco fino a quelli di assalto e attacco”, ha detto un portavoce dell’esercito israeliano, sottolineando come l’IDF “continua la sua preparazione per essere pronto a tutte le minacce nemiche che attaccano i cittadini di Israele e il suo territorio”. Resta il grande punto interrogativo se, come e quando l’Iran tenterà la carta della vendetta per l’assassinio mirato del suo comandante Mohammad Reza Zahedi e di altri membri delle Guardie Rivoluzionarie. Teheran oserà un attacco diretto? Fonti dell’intelligence americana ritengono oggi lo scenario improbabile: il rischio di un contrattacco diretto – devastante – da parte di Israele e Usa contro l’Iran è troppo alto. Qualcosa che lo stesso ministro degli Esteri di Gerusalemme, Israel Katz, ha chiarito di aspettarsi in un’intervista Repubblica. È più realistico allora che l’Iran pianifichi – ancora una volta – di lasciare che le milizie che sostiene nella regione facciano il lavoro sporco. A differenza dei mesi precedenti, però, l’attacco potrebbe arrivare in modo più spettacolare: su più fronti contemporaneamente, con l’uso massiccio di droni e missili, e magari con tentativi di infiltrazione in territorio “nemico”, secondo fonti di intelligence ascoltate dal governo. CNN. Questa tesi sembra essere corroborata dalle parole pronunciate oggi dal comandante della Marina delle Guardie Rivoluzionarie, Alireza Tangsiri: “L’unico modo per combattere i sionisti è formare una coalizione di eserciti islamici”.

Il fronte “coperto”.

Tuttavia, esiste anche un altro canale attraverso il quale l’Iran tenta di portare violenza e caos in Israele: l’invio di armi attraverso canali clandestini in Cisgiordania. Obiettivo, secondo l’ New York Times che dà notizia di questa operazione nascosta: fomentare la violenza contro Israele inondando l’enclave con quante più armi possibile. Di cui fazioni e milizie palestinesi e perfino singoli individui potrebbero poi farne l’uso che ritengono opportuno. Potrebbe essere questo il vero nuovo/vecchio fronte su cui l’Iran punta a danneggiare Israele senza rischiare molto? Per il momento Teheran si prende ufficialmente il suo tempo, limitandosi a lavorare sul piano diplomatico. Il governo iraniano avvierà “azioni legali nei tribunali internazionali” contro Israele per l’attacco a Damasco della settimana scorsa, ha annunciato oggi il portavoce della magistratura di Teheran, Masoud Setayeshi, precisando che “l’uccisione di comandanti e consiglieri in una missione diplomatica dell’esercito iraniano da parte il regime sionista è in linea con la natura brutale di questo regime”.

La guerra nella Striscia continua

Intanto, nonostante il ritiro di gran parte delle sue truppe dal sud della Striscia di Gaza, il governo israeliano continua a sollevare lo spettro di un’offensiva di terra a Rafah, la città più meridionale della Striscia. «Completeremo l’eliminazione dei battaglioni di Hamas, anche a Rafah. Non c’è forza al mondo che ci fermerà. Ci sono molte forze che provano a farlo, ma non ci riusciranno, perché questo nemico, dopo quello che ha fatto, non lo farà più”, ha ribadito ancora oggi il premier Benjamin Netanyahu, ribadendo come Hamas “fa parte dell’Asse del malvagio iraniano che mira a distruggere Israele”. E anche i segnali provenienti da Hamas, lungi dal dare il suo consenso ad un accordo di tregua, sembrano indicare che i combattimenti continueranno. Almeno ufficialmente. La proposta americana attualmente sul tavolo “non prevede un ritiro totale e un cessate il fuoco, ignora le richieste del nostro popolo e si concentra solo sul ritorno delle persone rapite”, ha affermato il funzionario di Hamas Sami Abu Zuhri, secondo il quale quindi il movimento non saprà accettarlo.

Foto di copertina: Il ministro degli Esteri iraniano Hossein Amir-Abdollahian visita Damasco con la controparte siriana Faisal Mekdad – EPA/YOUSSEF BADAWI

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