Von der Leyen alla prova del dibattito televisivo tra i candidati Ue (con lo spettro dell’estrema destra) – .

Da Bruxelles – Eccoci qui. Il D-Day è arrivato. A due settimane dall’apertura delle urne per le elezioni europee (6-9 giugno a seconda dei paesi) è il giorno del duello televisivo tra i principali protagonisti della competizione elettorale. Schlein contro la Meloni? No. La sfida tutta italiana tra il presidente del Consiglio e il leader del Pd nel salotto di Bruno Vespa è fallita, come noto, per lo stop dell’AgCom ottenuto dagli esclusi nel rispetto di rigidi criteri di parità di condizioni. Ma è in Europa che si gioca la sfida, ed è proprio a Bruxelles che questo pomeriggio si svolgerà il duello televisivo tra i due Spitzenkandidat, i candidati delle famiglie politiche del continente alla guida della Commissione. Si comincia alle 15 nella sede del Parlamento europeo, trasformata per l’occasione in un’arena all’americana con al centro i cinque contendenti prescelti: Ursula von der Leyen, rinominata dal Ppe, Nicolas Schmit per i socialdemocratici del il PSE, Sandro Gozi per i liberali di Renew, Terry Reintke per i Verdi e Walter Baier per la Sinistra europea. Diretta video, per superappassionati, garantita dalla European Broadcasting Union, l’associazione che riunisce le principali tv pubbliche di tutta Europa e che organizza il dibattito pre-elettorale (è lo stesso organismo che organizza l’Eurovision). Per chi non ha tempo o modo di seguire il dibattito vivere nell’insolito orario pomeridiano, appuntamento per il racconto in diretta sul sito e sui canali social di Aprire. Intanto ecco come funzionerà il dibattito, chi sono i protagonisti e quali sono le chiavi politiche da tenere d’occhio.

Chi, come e perché

Una premessa doverosa: nessun elettore europeo troverà sulla scheda elettorale da depositare nell’urna il nome di un qualunque “candidato alla guida della Commissione”. Per il semplice fatto che il sistema politico dell’UE non funziona così. I cittadini eleggeranno il Parlamento europeo, che sarà poi chiamato – in base alla maggioranza che si formerà – a dare il proprio benestare (o meno) al presidente della Commissione indicato dai 27 capi di Stato e di governo. I “candidati” che gareggeranno sul palco oggi, quindi, sono i Spitzenkandidat dei principali partiti politici europei. Il termine tedesco indica il “candidato leader” di ciascun gruppo. Una volta chiuse le urne di giugno, però, la scelta spetterà ai governi, e non è escluso che i 27 leader possano puntare su un altro nome, che non coincide con nessuno di quelli in scena oggi (secondo quanto l’illustre precedente qui sotto). Il dibattito durerà un’ora e 45 minuti e sarà moderato da due relatori, il ceco Martin Řezníček e la belga Annelies Beck. Molte delle domande saranno poste da loro, altre dai rappresentanti del pubblico presenti nell’Aula di Bruxelles, altre ancora dai cittadini che le hanno inviate in queste settimane attraverso i social. Sei i temi formalmente all’ordine del giorno: economia e lavoro; difesa e sicurezza; clima e ambiente; democrazia e leadership; migrazione e frontiere; innovazione e tecnologia.

Messaggi a caratteri cubitali per evitare l’astensione davanti al Parlamento europeo

Uno contro tutti

Ursula von der Leyen è la candidata da battere. Il presidente uscente della Commissione è uscito dal cappello di Emmanuel Macron dopo le elezioni europee di cinque anni fa. Non era stata indicata come candidata da nessuna delle famiglie politiche europee (il suo partito, il Ppe, aveva formalmente messo alla guida lo storico capogruppo Manfred Weber, che infatti la prese malissimo). Von der Leyen è stata la ministra della Difesa di Angela Merkel: una solida carriera politica in Germania, ma uno standing europeo e internazionale ancora tutto da costruire. Ha superato per un soffio l’esame del Parlamento europeo (383 voti, appena 9 in più della maggioranza richiesta) ed è diventata così la signora Europa. Cresciuta nella Cdu della Merkel, è una conservatrice moderata, pragmatica, a cui non manca lo spirito europeo (è nata a Bruxelles, parla correntemente inglese e francese e azzarda volentieri sperimentazioni con le altre lingue del continente). A 65 anni, sei alla svolta della tua carriera: sei confermato per un secondo mandato alla guida della Commissione (in passato ci sono riusciti solo Jacques Delors e José Manuel Barroso) o fine corsa.

Gioco di difesa

Nel 2019 Von der Leyen aveva promesso agli europei due cose principali: che avrebbe guidato una Commissione “geopolitica”, cioè attenta al ruolo dell’UE nelle sfide globali, e che avrebbe risposto alle aspettative delle strade (dei giovani in particolare ) sulla lotta per il cambiamento climatico con un ambizioso Green Deal. Sul primo tema, anche se non fosse stata l’UE a prendersi cura del mondo, è stato il mondo a prendersi cura di esso – facendo ricadere su di sé prima la catastrofe sanitaria (e poi quella economica) del Covid-19 , poi la guerra di Vladimir Putin all’Ucraina. Due sfide (a cui va aggiunta, nell’ultima sezione, l’altra crisi di Gaza) che hanno travolto l’Europa, inducendo cambiamenti storici, in gran parte ancora in corso. Dalla crisi del Covid è nato il Next Generation EU, il primo esperimento di indebitamento comune per far crescere l’Ue: i governi lo hanno concepito, ma la Commissione guidata da von der Leyen lo ha attuato e “radicato” con I commit. Dalle guerre alle porte arriva la recente promessa di rafforzare e possibilmente mettere in comune le capacità militari per affrontare le possibili aggressioni di domani da parte di questo (Putin) o di quell’altro autocrate. Von der Leyen, considerata molto vicina agli Usa (quindi anche alla Nato), ne fa ormai uno dei cavalli di battaglia della sua campagna elettorale. Tuttavia, per realizzare ciò che avete in mente sono necessari centinaia di miliardi di euro. Riuscirete a convincere i governi da un lato (soprattutto quelli “frugali”) e gli elettori europei dall’altro della necessità di investire ingenti risorse nel settore della difesa? Tema cruciale da seguire nel dibattito odierno e nel resto della campagna elettorale.

La campagna pro-voto del Parlamento europeo per le elezioni del 6-9 giugno

C’era una volta il Green Deal

Il Green Deal lanciato dall’UE cinque anni fa è invece la principale vittima degli sconvolgimenti interni ed esterni degli ultimi anni. Nell’ultimo anno, grazie alla pressione preelettorale di cittadini, agricoltori e forze di destra, il PPE a cui von der Leyen deve rispondere ha lanciato una campagna di esplicito “smantellamento” degli elementi costitutivi dell’ambizioso pacchetto di misure dell’UE sull’ambiente. Dal divieto dei motori a combustione alle norme sui pesticidi, dalla legge sul ripristino della natura alla famigerata direttiva sulle “case verdi”, von der Leyen non ha fatto nulla per difendere l’assalto della destra al “suo” Green Deal. La sfida è allinearsi silenziosamente alla linea del PPE, almeno nella campagna elettorale, continuando a sostenere in pubblico una battaglia più moderata per la “decarbonizzazione” dell’Europa. Anche questo equilibrio è precario.

Lo sfidante del centrosinistra

I quattro candidati che questo pomeriggio sfideranno von der Leyen faranno quindi a gara per provare a metterla in difficoltà, in primis su questi due terreni. Il più accreditato tra gli sfidanti è Nicolas Schmit, leader Ue dei Socialisti&Democratici. 71 anni, lussemburghese, è “collega” di von der Leyen da cinque anni. È stato infatti commissario europeo per il lavoro e i diritti sociali, dopo essersi occupato delle stesse questioni da ministro nel suo Paese. È considerato vicino al mondo dei sindacati per la sua storia. Incoronato Spitzenkandidat al congresso del PSE a Roma a marzo, tuttavia, non ha l’appoggio del leader. D’altronde, sondaggi pre-elettorali alla mano, è un candidato bandiera: non ha alcuna possibilità realistica di diventare effettivamente presidente della Commissione.

Nicolas Schmit incoronato Spitzenkandidat al congresso del PSE a Roma, con il cancelliere tedesco Olaf Scholz e il segretario del PD Elly Schlein – Roma, 2 marzo 2024

Gli altri candidati

Ancora meno ne hanno gli altri tre candidati in scena oggi, espressione delle famiglie politiche europee a cui va il merito di una fetta ancora più piccola di voti a giugno. Proprio per questo, non avendo quasi nulla da perdere, possono riservare ancora delle sorprese. Sandro Gozi, unico italiano in “corsa”, rappresenterà il gruppo centrista dei liberali di Renew. È la famiglia politica che fa riferimento a Emmanuel Macron in Francia, e alla quale – per l’Italia – appartengono Action, Più Europa e Italia Viva. Gozi è stato negli ultimi anni l’anello di congiunzione tra Matteo Renzi ed Emmanuel Macron. Dopo l’esperienza come sottosegretario in Italia, ha lavorato come consulente del governo francese ed è stato poi eletto deputato europeo in Francia. È uno dei tre leader di Renew insieme alla francese Valerie Hayer e alla tedesca Marie-Agnes Strack-Zimmermann. Ci sono due Spitzenkandidat – un uomo e una donna – che esprimono i Verdi europei. Theresa (Terry) Reintke sarà sul palco oggi. Tedesca, classe 1987, ha già due legislature Ue alle spalle ed è copresidente del gruppo Verde al Parlamento europeo. C’è da giurare che combatterai duramente per mantenere le promesse non mantenute dal tuo connazionale. Il meno noto dei contendenti al dibattito è Walter Baier, un austriaco di 70 anni che guida le liste della sinistra europea (quella radicale). Ha una lunga storia come attivista per la pace, il dialogo interculturale e il disarmo nucleare. Una questione sulla quale promette di “provocare” von der Leyen (e gli altri) da sinistra.

All’estrema destra

Se pensi che manchi qualcuno, non hai torto. L’elefante gigante nella stanza del dibattito tra i candidati europei sarà la destra più radicale. I due principali gruppi europei in cui è organizzato – Identità e Democrazia (ID) e Conservatori e Riformisti Europei (ECR) – non saranno infatti rappresentati nel dibattito. La motivazione ufficiale addotta dagli organizzatori è che questi due raggruppamenti non hanno espresso uno (o più) Spitzenkandidat. È vero, ma inevitabilmente la decisione ha scatenato critiche e polemiche da parte di chi – non solo a destra – lamenta che lo spettro delle posizioni in campo alle elezioni europee non sia pienamente rappresentato. In assenza dei rappresentanti di ID ed ECR, tuttavia, la questione del possibile allargamento della maggioranza a destra nel prossimo Parlamento europeo dominerà sicuramente il dibattito. Esattamente due settimane fa gli altri quattro partiti europei che oggi sfidano von der Leyen hanno cofirmato un manifesto in cui promettono di non collaborare mai con i partiti di estrema destra e chiedono al candidato del PPE di assumere pubblicamente lo stesso impegno. Da mesi ormai la parte interessata si mostra cauta, suggerendo che accetterebbe invece volentieri il sostegno almeno dei conservatori più pragmatici, la tendenza Meloni. Dopo lo scandalo delle ultime dichiarazioni del presidente dell’AfD, che sembra aver spaccato al loro interno Identità e Democrazia, le parole di von der Leyen sull’argomento saranno state messe sotto il microscopio politico.

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