sì al licenziamento – .

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È legittimo licenziamento dell’insegnante che non segue le istruzioni dei superiori e assume atteggiamenti aggressivi nei confronti dei colleghi e degli studenti, violando il codice di condotta.

È quanto chiarito dalla Corte di Cassazione civile, sezione lavoro, nella sentenza sentenza del 14 giugno 2024, n. 16634 (testo in basso).

Il caso

Un insegnante ha ricevuto l’ordine di licenziamento ex Arte. 55 quater comma 1 lett. e) e f-bis) D.Lgs. n. N. 165/2001 per aver tenuto un comportamento aggressivo, minaccioso, denigratorio e offensivo nei confronti dei colleghi, degli studenti e del preside della scuola.

L’uomo ha proposto ricorso in Cassazione lamentando, tra l’altro, la tardività delle contestazioni e lamentando la mancanza di prova in merito alle accuse a suo carico; il Giudice di primo grado, ritenendo insussistenti le accuse, ha annullato il licenziamento e ha reintegrato l’insegnante nel suo incarico.

Il Tribunale territoriale ha annullato tale sentenza, ritenendo valido il provvedimento di espulsione emesso nei confronti del docente e condannando quest’ultimo alla restituzione del risarcimento percepito in esecuzione della sentenza di primo grado.

Avverso questa decisione, l’insegnante ha presentato ricorso alla Corte Suprema sulla base di cinque motivi.

Lavoro in giurisprudenzadi Autori AA. VV., Ed. IPSOA, Periodico. Rivista mensile di dottrina e giurisprudenza di legittimità e merito in materia di rapporti di lavoro privati ​​e pubblici, previdenza sociale, sicurezza sul lavoro e processo lavorativo.
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La decisione

La Corte di Cassazione ha ritenuto inammissibili le eccezioni sollevate dal ricorrente, poiché la valutazione della gravità del comportamento e della sua idoneità a ledere la fiducia che il datore di lavoro ripone nel lavoratore spetta esclusivamente al giudice del merito e, se ben motivata, è insindacabile in sede di legittimità.

In particolare, la motivazione della sentenza impugnata ha riguardato ogni singolo episodio addebitato al docente, di cui era stata accertata la sussistenza fattuale e la concreta imputabilità, anche in assenza di giustificazioni per la “reiterata disobbedienza” del dipendente agli ordini dei superiori.

Per escludere l’applicabilità della sanzione espulsiva, l’appellante ha richiamato l’art. 16 del D.Lgs. n. dPRn 62/2013ma secondo la Corte Suprema, questa disposizione riguarda le fonti primarie in materia disciplinare, tra cui laart. 498 D.Lgs. n. 297/1994 che prevede il licenziamento per fatti gravemente in contrasto con i doveri inerenti alla funzione, e l’art. 55 quater comma 1 lettere e) ed f-bis) D.Lgs. n. 165/2001, che puniscono con il licenziamento, rispettivamente, la reiterazione nell’ambiente di lavoro di gravi comportamenti aggressivi, molesti, minacciosi, ingiuriosi o lesivi dell’onore e della dignità personale altrui, nonché gravi o reiterate violazioni delle norme di comportamento, di cui all’art. 54, comma 3.

Le disposizioni di cui all’art. 55 quater, comma 1, lettere e) ed f – bis), del d.lgs. n. 165/2001, hanno carattere di norme imperative ai sensi e per gli effetti dell’art. articolo 1339 e 1419 comma 2 cod. civ.e si applicano ai rapporti di lavoro di cui all’art.articolo 2 comma 2istituiti presso le pubbliche amministrazioni di cui alart. 1 comma 2 D.Lgs. n. 165/2001.

Nel caso esaminato, secondo la Corte di Cassazione, il comportamento del docente non può essere giustificato dalla reiterata disobbedienza, pertanto deve essere confermata la grave e reiterata violazione del codice di condotta ex art. 55 quater D.Lgs. n. 165/2001.

Anche le altre eccezioni sono inammissibili e, pertanto, alla luce delle considerazioni sopra svolte, la Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, condannando la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità.

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Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, sentenza n. 16634/2024

 
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