L’ho creato io, ma ora spazio ai giovani, meglio salutarci quando le cose vanno bene – .

L’ho creato io, ma ora spazio ai giovani, meglio salutarci quando le cose vanno bene – .
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DiMaria Volpe

Il giornalista condurrà l’ultima puntata il 25 maggio, dopo 22 anni (all’inizio era “Il Grande Talk” di Sat2000. «Orgoglioso di averlo reso il programma più visto di tutti i sabati di Rai3 (escluso il Tg)»

Va in onda da 22 anni e il 25 maggio sarà l’ultima puntata. Massimo Bernardini, storico conduttore di «Tv Talk», lascia il programma dedicato all’approfondimento televisivo che da tempo accompagna i telespettatori del sabato pomeriggio di Rai3. «La prima stagione di “Il grande discorso” (titolo che rivendico), nel 2001, fu l’unico ad essere trasmesso solo sabato 2000, televisione di proprietà della CEI. Dalla seconda stagione ho proposto l’alleanza tra Sat 2000 e Raieducational Giovanni Minoli, che lo ha mandato in onda in “prima” sabato alle 7 su Raitre. Quindi siamo in onda su Raitre, prima con quel format e poi da 18 anni con “Tv Talk”, per 22 stagioni ininterrotte. Secondo me ha sbagliato la Cei a rompere l’alleanza con la Rai di Minoli (alla quale dobbiamo tutto personalmente e come squadra, in termini di “svezzamento” alla tv): i” Nel 2002 si chiamava “The Big Talk” ed è andato in onda sabato 2000 alle 7 del mattino. Quindi Bernardini ha fatto molta strada e la notizia del suo addio non è ancora ufficiale, ma comincia a diffondersi.

Bernardini spiega così perché lascia la sua «creatura», la sua scommessa vincente: «Prima di tutto perché a luglio compirò 69 anni. Sono in pensione da quando avevo 67 anni. Poi perché sono convinto che lasciare un programma nel momento di massimo successo, e non quando comincia a vacillare, sia la cosa giusta da fare. Infine, sento che è un dovere per quelli della mia generazione scaricare la responsabilità sui più giovani”. Andrà davvero in pensione? “NO, Mi prendo una pausa. Poi, se qualcuno in Rai o sul mercato sarà interessato, cercherò di dedicarmi ai pochi progetti editoriali e audiovisivi, quantitativamente meno impegnativi, che ho nel cassetto da tempo. Se però non dovesse succedere nulla, vorrà dire che è giunto il momento per me di ritirarmi “a vita privata”.

Bernardini ha quindi ideato e portato avanti il ​​progetto (nato da un’idea di Paolo Taggi, 23 anni fa) e rivendica con orgoglio l’attuale audience di «Tv Talk», «una media dell’8,4% con quasi 1 milione di telespettatori, rendendolo il più programma guardato dell’intero palinsesto del sabato di Raitre, prima serata inclusa; notizie a parte”. Già l’anno scorso il giornalista voleva andarsene, ma i vertici Rai lo trattennero, questa volta vinse. «Il “TV Talk” continuerà ovviamente – spiega – i vertici Rai stanno pensando al futuro del programma. Chi mi sostituirà? Non ne ho idea. Vorrei che fosse una donna, una giovane conduttrice più brava di me, che ha mantenuto qualcosa della mia passione giornalistica. E che il discorso sia rimasto a Milano, visto che è nato qui». E chiarisce: «Si tratta naturalmente di consigli non richiesti».

«Discussioni televisive» è un programma unico nel palinsesto. Bernardini, come lo racconteresti? «È un programma di riflessione critica sulla tv, realizzato insieme ai suoi protagonisti. So bene che farlo con loro indebolisce una certa polemica, e in effetti l’idea iniziale del bravissimo autore televisivo Paolo Taggi, purtroppo prematuramente scomparso, non prevedeva questo. Il modello a cui si ispirò fu “Talk Soup” del canale via cavo statunitense Entertainment Television sulla NBC, trasmesso dal ’91 al 2002 e vincitore di un Emmy nel ’95, condotto da un comico, inizialmente Greg Kinnear, che commentò causticamente frammenti del Settimana televisiva davanti allo schermo televisivo. L’idea iniziale l’ha avuta Taggi: “rivedere” la settimana televisiva attraverso un conduttore che utilizzasse l’analisi dei giovani universitari a cui insegnava. Ma poi lui era occupato da altri impegni televisivi e toccava a me definire, insieme ad un gruppo di lavoro giovane – in realtà, come me, nessuna tv “pratica” – il format del programma: gli universitari in studio come un pubblico che parla e pensa; la presenza di un critico televisivo e di uno studioso dei mass media; dibattito libero sul programma; l’invito a parlare con il protagonista del programma analizzato, che è stato subito accettato. Ma è stata una scelta che inevitabilmente ha generato anche un cambio di clima: se sei un “battitore libero” te lo suoni e lo canti; se parli con i protagonisti rinunci agli “schiaffi” ma forse ottieni qualcosa in più nel racconto sulla sua professione. Tuttavia, raramente (nessuno è perfetto) abbiamo nascosto critiche o dati di pubblico. Forse li abbiamo attenuati, evidenziando gli aspetti controversi, piuttosto che negativi, di un programma. A chi mi/ci rimprovera di fare sempre il “pompiere” nel criticare un programma o un ospite (soprattutto se assente), vorrei far notare un semplice dettaglio drammaturgico: se esprimo un giudizio più benevolo di quello dei nostri polemisti , resta il fatto che su TV Talk si possono esprimere forti posizioni critiche. Infatti, dopo 23 anni, ogni tanto ricevo ancora rimproveri da qualcuno o il rifiuto di questo o quel nostro commentatore da parte di potenziali ospiti. Cosa fare? Rinunciare ad un ospite importante o ad una polemica? Faccio quello che farebbe qualsiasi giornalista che abbia anche la missione di favorire il grande pubblico, che mi sembra interessato più all’ospite che al polemista. Va anche tenuto presente che, spostandoci nella fascia molto più competitiva del sabato pomeriggio, abbiamo dovuto rinunciare ad alcune tecniche interne che hanno funzionato con i nostri 500.000 telespettatori mattutini, ma hanno scacciato parte del milione di telespettatori conquistato nella serata delle 15. “

COSÌ Un’avventura lunga vent’anni per la quale deve ringraziare molte personee tra cui l’autore principale Furio Andreotti e i suoi colleghi Amabile Stifano e Alessandro Clemente, i colleghi in onda con lui Cinzia Bancone, Silvia Motta, Sebastiano Pucciarelli, il prof. Giorgio Simonelli, la direttrice Giulia Sodi, la curatrice Silvia Bordegari e i giovani analisti guidati da Nicola Vitaliano. «È stato un privilegio lavorare con loro e con il centro di produzione Rai di Milano, con il quale spero di condividere altri progetti in futuro».

Ma cosa hai capito dopo tanti anni di studio televisivo? «Oggi so che dietro e dentro un buon programma così come in un cattivo programma c’è lo stesso lavoro, lo stesso impegno appassionato. Poi sono giusti o sbagliati i contenuti, la scaletta, i toni, il rapporto con il pubblico o magari il momento, la stagione, la fascia oraria. In definitiva, se ci pensiamo, la tv che funziona, alla quale il pubblico si affeziona, è essenzialmente “media”: né troppo colta né troppo volgare, persegue un patto onesto con lo spettatore. Ciò cambia inevitabilmente l’approccio nel giudicarlo, mentre spesso le accese polemiche giornalistiche nei confronti dei programmi o sono strumentali o mancano di una reale conoscenza del mezzo, anzi sopravvalutano o sottostimano questo o quell’aspetto. Ma alla fine la televisione veramente popolare non ne è mai stata realmente toccata: continua a onorare pacificamente il suo rapporto con il pubblico”.

21 aprile 2024

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