«Ho raccontato il mondo attraverso gli occhi di una donna. Ecco cosa farò adesso.” – .

«Ho raccontato il mondo attraverso gli occhi di una donna. Ecco cosa farò adesso.” – .
«Ho raccontato il mondo attraverso gli occhi di una donna. Ecco cosa farò adesso.” – .

Giovanna Botteri va in pensione dopo una lunga carriera come corrispondente di guerra e poi corrispondente Rai. I vostri ultimi reportage dalla Francia hanno messo in luce il fenomeno nazionale del Rassemblement, grande vincitore degli Europei di domenica scorsa. Solo l’ultima di tante pagine di storia raccontate dal giornalista, che negli ultimi anni ha raccontato al pubblico italiano altri Paesi grandi e complessi come Usa e Cina. «Un’icona del servizio pubblico», le rende omaggio Usigrai nel giorno in cui Botteri raggiunge l’età pensionabile. Niente da chiedere, ma tanti ricordi, e qualche insegnamento da trasmettere senza dubbio, per lei. «Non sono sui social, in questo momento la cosa che voglio davvero è ringraziare tutti coloro che mi hanno aiutato in questi anni in Rai, mi sono stati vicini, mi hanno insegnato tante cose: colleghi, tecnici, operatori, i redattori, i dipendenti, quelli che ti prendono i pezzi – informa Botteri all’Ansa da Parigi – Il bello di questa avventura è che è un’avventura umana, per le persone che incontri, per le storie che ascolti, per chi lavora per te e con tu e chi forse non puoi vederli. Se il mio lavoro è stato ben fatto è stato grazie a loro. Questa è la forte lezione di umiltà e rispetto che questi anni mi hanno insegnato ed è ciò che porto con me”.

Carriera e progetti

Triestina, classe 1957, dopo le prime esperienze nella carta stampata, Botteri inizia a collaborare con la Rai, entrando poi nella redazione estera del Tg3, quotidiano per il quale ha riportato come inviato speciale alcuni dei principali avvenimenti internazionali degli ultimi decenni – dalla rivoluzione in Romania alle guerre in Bosnia e Kosovo, dal G8 di Genova alla guerra in Iraq, vincendo il Premio Ilaria Alpi e il Premio Saint Vincent per i suoi servizi da Baghdad. «È giusto passare il testimone ad altri, ci sono tanti bravi giovani giornalisti in giro – riflette Botteri – Ma un mestiere come questo non si può abbandonare: questo lo sappiamo fare e continuiamo a farlo, come Il giocatore Jones di De André , ‘suonarlo ti tocca / per tutta la vita’. È un percorso che forse può essere percorso anche in modo diverso”. Anche perché «le passioni si mantengono tutte, non si abbandonano mai. Magari, visto che sono un appassionato di nuoto, adesso farò più vasche”.

Ricordi di una vita

«Ricordo che quando arrivai per la prima volta nei Balcani, in una casa bombardata dove erano rimasti uccisi tutti – ha raccontato Botteri all’Ansa da Parigi – vidi la borsa di un grande magazzino di Trieste dove ero andato anche io: la guerra è una cosa reale , che ti tocca. Credo che il tentativo sia stato anche questo: far sentire a chi è a casa che quello che sta accadendo forse non è così lontano”. I ricordi si accumulano: «Avevo mia figlia piccolissima, ero uno dei pochissimi reporter di guerra, forse l’unico con figli, e mi vergognavo di far vedere che avevo paura: ebbene, ho imparato che non si deve vergognati di avere paura, perché la paura impone prudenza e ti salva la vita. E poi nelle situazioni difficili ho imparato a distinguere le persone buone da quelle cattive, perché in certi momenti non ci sono compromessi né finzioni, anche nei rapporti con le persone c’è molta verità”. «Ho capito – prosegue – quanto essere donna fa la differenza, cosa che rivendico sempre: i miei occhi sono quelli di una donna, di una mamma, ho raccontato storie che forse non erano così scontate, in un momento in cui poco era ha detto dei rifugiati, dei civili e delle famiglie, aspetti che oggi sarebbe impossibile eliminare dalla storia. E questo è un risultato raggiunto anche grazie a noi, che abbiamo portato la nostra sensibilità, la nostra attenzione, uno sguardo femminile non nel senso che appartiene a una donna, ma che è capace di raccontare qualcosa di diverso”.

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