Sono passati 16 anni dall’ultima volta che è sceso in campo con la maglia del Galatasaray. La sua è una storia molto particolare perché è nato a Turchia da genitori albanesi immigrati dalla Jugoslavia e con la Nazionale ha vissuto momenti molto positivi, soprattutto ai Mondiali. Dopo qualche anno è cambiato, non è facile riconoscerlo ma ha anche un passato in Italia con le maglie del Torino (solo 5 apparizioni), Inter E Parma. Nel massimo campionato italiano non ha lasciato un gran segno, almeno non come in patria dove ha segnato 228 gol in 13 anni di militanza (divisi in tre tempi diversi) in giallorosso. Forse è un po’ più facile riconoscerlo in questo modo.
L’esilio negli USA e il nuovo lavoro
Partiamo dalla fine prima di ripercorrere la sua carriera da giocatore. Probabilmente si sarebbe aspettato un futuro diverso, magari da dirigente in Turchia, e invece ha dovuto cominciare una nuova vita. La ragione? È andato contro Erdogan. “Non mi è rimasto niente. Ha preso tutto ciò che era mio. Il mio diritto alla libertà, a esprimermi e a lavorare” – ha spiegato l’ex calciatore a ‘Welt am Sonntag’. Insomma, gli è stato tolto tutto e non può tornare in patria a causa dei suoi presunti legami politici con il religioso Fethullah Gulen e per aver insultato lo stesso presidente turco.
Da qui la nuova vita. Riuscì a fuggire dal suo Paese e volò negli Stati Uniti, a Washington, per poi trasferirsi a San Francisco, dove la fama di calciatore lo aiutò solo in parte. Ha dovuto reinventarsi in un continente nuovo e senza soldi, con i conti bloccati, e per mantenersi visto che qualche anno fa come autista Uber, vende libri dopo aver provato negli anni a gestire un bar e ad allenare il calcio giovanile . E da qui ritorna il suo legame con il calcio…
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