attacca ogni giorno – .

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Gli ultimi, in ordine di tempo, sono stati alcuni finanzieri circondati lunedì pomeriggio da un groviglio di nordafricani scesi da uno dei palazzi di via Ferdinando Quaglia dopo che un 19enne egiziano era stato fermato per un assegno. È stato trovato con della droga che poi ha ingerito per evitare ogni tipo di contestazione. Quartiere Tor Bella Monaca, cambia la fisionomia dello spaccio nelle piazze: sono sempre più stranieri, tunisini ed egiziani i primi a vendere dosi di cocaina, hashish ed eroina. Altro che italiani. E cambia la “risposta” degli spacciatori nei confronti delle forze dell’ordine durante i controlli. Aggressioni verbali o fisiche, intimidazioni, atti di autolesionismo.

La stessa constatazione arriva dalla stazione dei carabinieri di Torbella così come dalla polizia: le aggressioni al personale sono quotidianamente “all’ordine del giorno” dice Fabio Conore, segretario del Mosap, il movimento sindacale autonomo di polizia. E lo sanno ancora meglio gli abitanti di Torbella, quel gran numero di persone che da anni chiedono il riscatto per il quartiere e che invece si ritrovano ad osservare impotenti quanto sta accadendo. «Questi spacciatori – dice Tizia Ronzio, presidente dell’Associazione “Tor più bella” – sono delle vere e proprie schegge, non hanno idea di quello che fanno anche per il fatto che molti di loro si spacciano per tossicodipendenti. È difficile che le forze dell’ordine gestiscano queste persone in fase di controllo: se aggrediscono vengono accusati, ma per questi stranieri, che tengono sotto controllo anche molti residenti, si intrufolano nelle case e le occupano senza titolo”. Sono tanti, sono numerosi, sono compatti. In gergo la chiamano “la lepre” ed è il meccanismo che permette ad una vedetta alla vista di agenti o soldati di dare il segnale, attirando l’attenzione su di sé e permettendo agli altri di liberarsi delle dosi che hanno in tasca o nei pantaloni .

IL MECCANISMO DELLA “LEPRE”

“Uno degli spacciatori o delle vedette attira l’attenzione su di sé – spiega un agente – in questo modo si dà il tempo agli altri di liberarsi di quello che hanno addosso, dosi già confezionate e pronte per essere vendute”. Chi non ha nulla non corre alcun rischio anche se viene fermato nella piazza di uno spacciatore. Ma succede anche che riesci a fermare uno spacciatore con le dosi ancora in tasca. COSÌ? Iniziano le aggressioni che inizialmente sono verbali e servono ad attirare “con forza” altri pusher che, per il meccanismo spiegato da Ronzio, arrivano, circondano e “filmano anche le risposte di agenti e militari con i cellulari – aggiunge un investigatore – ostacolando così interventi”. In molte occasioni c’è contatto fisico, non solo tra spacciatori e agenti e soldati ma anche tra spacciatori, come è accaduto da ultimo mercoledì sera quando un tunisino di 24 anni è stato accoltellato alla schiena in via dell’Archeologia. Le zone dove più spesso si verificano episodi di violenza sono adiacenti alle note piazze dello spaccio di Largo Mengaroni, Via Scozza, Via dell’Archeologia. «In via Quaglia la sera – conclude Tiziana Ronzio – c’è un negozio con tanto di sedie per sedersi in attesa dei clienti, chi si ferma poi esce e rientra e per chi non rientra c’è un nuovo pusher pronto a prendere il loro posto. È brutto usare il termine “militarizzazione” ma a Tor Bella Monaca alcuni punti del quartiere avrebbero bisogno di presidi permanenti. Purtroppo qui è l’unica via”.

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Il Messaggero

 
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