“Mio padre mi portò a Napoli! Mi trovo bene qui, i tifosi sono speciali” – .

“Mio padre mi portò a Napoli! Mi trovo bene qui, i tifosi sono speciali” – .
“Mio padre mi portò a Napoli! Mi trovo bene qui, i tifosi sono speciali” – .

Kvara A The Players’ Tribune ha parlato di sé a 360 gradi: da Napoli, alla Georgia, al rapporto con la famiglia. Di seguito sono riportati vari estratti dell’intervista.

Kvara si racconta tra Napoli e Georgia

Sulla lingua:“Ragazzi, abbiamo un piccolo problema. Perché vengo dalla Georgia. E ovviamente parlo georgiano. Ma ho giocato a calcio in Russia. E ora gioco in Italia. E non solo in Italia, ma a Napoli (la migliore Italia). E ora sto cercando di parlare con persone provenienti da tutto il mondo. Sto facendo del mio meglio.

A proposito della Georgia:“Se chiedi a qualsiasi georgiano, giovane o vecchio, chi vincerà l’Europeo, lei risponderà: Georgia! Il miglior cibo del mondo? Georgiano. La musica migliore? Georgiano. Noi georgiani siamo così. Potrebbe guardarti come se fossi pazzo a chiedere una cosa del genere.

Sulla Dinamo Tbilisi e l’esperienza in Russia: Quando sono arrivato nelle giovanili della Dinamo Tbilisi era molto più calcio e meno battute. Perché sapevo che avrei potuto diventare un buon calciatore, seguendo i loro insegnamenti: se guardi la nostra Nazionale, la maggior parte dei giocatori proviene da quella accademia. Ma è stato difficile. Come quando sono arrivato in prima squadra e i giocatori più grandi mi guardavano con quello sguardo, come: “Oh, questo ragazzo sta giocando con noi adesso?” In quegli anni ero ancora giovane e nessuno mi conosceva. “Chi è questo ragazzino?”. Avevo 15 anni, credo. C’erano giocatori adulti e dissero: “Oh, ora abbiamo questo bambino. Probabilmente allora perderemo”. Parlavano, li sentivo mentre loro non credevano che li sentissi. “Oh, no, non lui”, hanno detto. E mi sentivo un po’ così…volevo piangere. Forse sono povero, ho pensato. Mi sentivo male dentro. E a quel punto mi sono detto: Fanculo, adesso devo dimostrargli che posso essere un buon giocatore. A quel punto la mia mentalità è diventata forte. Pura motivazione. E mi ha reso migliore. Poi sono andato in Russia. A mosca. Avevo 17 anni, quasi 18. Ero ancora molto giovane. E vivevo da solo. I miei genitori erano preoccupati. Mio padre era molto preoccupato e anche per me è stata dura: sentivo lo stress e il peso di essermi allontanato dalla mia famiglia.

 
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