Vasseur ride. Ma perché? – Editoriale – .

Vasseur ride. Ma perché? – Editoriale – .
Vasseur ride. Ma perché? – Editoriale – .

Un passo indietro, anzi due. Montecarlo, 26 maggio: dominando il GP di Monaco, una Ferrari perfetta porta a casa la seconda vittoria in otto gare, disintegra il digiuno ormai patologico di Charles Leclerc sulle strade di casa, sottolinea una concretezza tecnica mostrata fin da inizio stagione e si porta a 24 punti dall’ex rullo compressore Red Bull, che detiene ancora la vetta tra i Costruttori, ma all’ombra sbiadita dell’arroganza con cui, esattamente un anno prima, aveva più che monopolizzato il Mondiale di F1 2023.

Spielberg, 30 giugno: il terzo posto di Sainz nel GP d’Austria regala sorrisi e pacche sulle spalle alle magliette rosse ai piedi del podio. Poco importa che abbiamo dovuto ringraziare le autoscontro Verstappen-Norris, che si giocavano la vittoria e hanno finito per rompersi entrambe le corna.

Poco importa che quando le ostilità sono riprese in pista, una volta sgomberati i vari rottami persi dai due duellanti, ci fossero appena quattro secondi tra Russell al comando con la Mercedes e la Ferrari di Carlos, con Piastri esattamente in mezzo a questo distacco. C’era ancora una manciata di giri da fare: il sogno di una mossa dello spagnolo, almeno contro la McLaren che lo precedeva, accendeva almeno un sogno nei cuori rossi. Invece no: posizioni mantenute, e con una facilità ridicola sia dal pilota che avrebbe vinto, sia dall’australiano.

E questa Ferrari austriaca era visibilmente lontana anni luce da quella dominatrice di Montecarlo, dopo che il tris di GP successivi (Canada, Spagna e Austria) aveva evidenziato problemi di ogni genere: dall’incapacità di mandare rapidamente in temperatura le gomme a un nuovo inarrestabile rimbalzo della monoposto. Cosa c’era quindi da ridere sotto il podio in Stiria?

Diciamolo subito: qui esprimeremo (l’ennesimo) moto di fiducia nei confronti di Fred Vasseur. Il suo pragmatismo, il suo accogliere con sorrisi forzati – di solito – tutto ciò che non è una vittoria, ma soprattutto il percorso di rafforzamento oggettivo di questa Ferrari che ha ereditato appena 18 mesi fa, non possono che essere rispettati. Ma. Ma…

Che le Rosse di Barcellona e Spielberg fossero la quarta forza del Mondiale è poco discutibile. McLaren e Mercedes sembrano essere salite su un missile, e oggi appaiono fuori portata. E domenica ecco Silverstone, un circuito che da troppi anni (a parte l’incredibile successo di Carlos nel 2022) non sorride alla Ferrari, quando dodici mesi fa Spielberg era stato uno dei migliori teatri per le Rosse che invece vi arrancavano nei giorni scorsi. Dunque, ancora: domenica sera in Austria c’era davvero da ridere?

La Scuderia oggi sembra essere preda di tensione e malcontento. Sainz è visibilmente (e comprensibilmente) disprezzato per essere stato messo da parte in favore di Hamilton per il 2025. Il team sta barcollando sotto il peso di nuove acquisizioni che trarranno nuove gerarchie dall’autunno: l’annuncio di Jerome D’Ambrosio come vice team principal genera molta insoddisfazione tra i tifosi della Ferrari di lunga data che si vedono relegati nei ranghi della leadership e lo hanno scoperto da un comunicato stampa; Loic Serra, un aerodinamico mega-valutato, entra in casa senza che la mossa e la scelta fossero state precedentemente condivise con nessuno del team tecnico.

E su tutti aleggia lo spirito di Adrian Newey, il cui valore nessuno ovviamente si sogna di mettere in discussione, ma che se arriverà avrà un ruolo da protagonista nei futuri equilibri tecnici. Tra i risultati di questi terremoti c’è il direttore tecnico Enrico Cardile di cui si parla molto come di un futuro addio alla direzione Aston Martin, anche se si capisce che ad oggi l’offerta c’è sicuramente stata ma il tecnico toscano ha più di un dubbio. Ma Radio Scuderia parla anche di altri possibili aggiustamenti interni che potrebbero riguardare anche il settore motori per il quale è stato corteggiato mesi fa un nome molto noto in Inghilterra.

Al di là dei risultati attuali, non proprio brillanti, non si tratta della Ferrari della ‘coerenza’ che Vasseur ha sempre ostentato fin dalla sua prima intervista in rosso. Una certa tensione ai box si avverte, anche se vige il regime di no comment. Ma anche senza ammissioni ufficiali, nessuno dei due piloti è stato al suo livello in questi ultimi due Gran Premi. Leclerc in Austria è addirittura apparso lamentoso, come fa quando perde la presa sull’obiettivo.

Ecco, chiediamo almeno questo a Vasseur: massima fiducia nella sua capacità di reazione, e pazienza se qualche collega ha paragonato questa Ferrari di giugno alla flaccida Nazionale di Spalletti agli Europei di calcio in corso. È un brutto momento, passerà. Ma che almeno ci restituisca un Leclerc al livello di Leclerc, non uno Scamacca qualsiasi.

 
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