Formula 1 Nursery – Commento – .

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Il repertorio delle frasi fatte

“Mi ha spinto fuori!… Ha oltrepassato la linea bianca, l’ho visto!.. Non mi lascia spazio!.. Si muove quando mi avvicino!.. Mi ha tagliato fuori dai box! Deve restituirmi la mia posizione!…”
Questi sono solo alcuni dei frasi fatte che i piloti urlano nelle radio dei loro caschi durante un Gran Premio di Formula 1. Con gli ingegneri sul muretto dei box che li rassicurano in modo finto, come si fa con i bambini indisciplinati, con frasi come “Abbiamo visto tutto, faremo rapporto alla direzione di gara, ma per ora non preoccupatevi…”. Più che una competizione, è ormai un incrocio tra un’assemblea condominiale e una rissa all’asilo.

La curva della discordia

Curva 3, o Curva di Remodel circuito del Red Bull Ring sembra fatto apposta per provocare e tentare i piloti. Una curva stretta a destra con una via di fuga accogliente, ampia e indulgente che consente attacchi di vita o di morte che, anche se vanno male, non importa. E mentre il pilota percorre quella via di fuga, che se fosse piena di ghiaia non sarebbe così trafficata, può immediatamente pensare a chi o a cosa dare la colpa per esserci finito dentro. E tuttavia Ed è proprio il concetto di colpa che non dovrebbe avere alcun posto in una competizione automobilistica di livello mondiale tra piloti professionisti. I piloti sono, o dovrebbero essere, in pista per andare il più veloce possibile e spendere tutta la loro energia e il loro grande talento per battere i loro avversari andando al limite delle possibilità della loro auto e anche oltre se necessario. Senza ovviamente urtare o danneggiare gratuitamente i loro avversari, allora sì che ci sarebbe una colpa o una malizia.
Quest’anno, ai protagonisti storici della rissa di Remus Kurve si sono uniti Verstappen e Norriscon il primo che si difende in modo decisamente brusco dagli attacchi dell’inglese, e il secondo che tra la Sprint Race e il Gran Premio “impazzisce” nel tentativo di trovare il modo di sorpassare il campione olandese avendo la scomoda consapevolezza di guidare una McLaren più veloce di Red Bull. E non era la prima volta quest’anno. A fine gara abbiamo dovuto anche ascoltare sdolcinate riflessioni su amicizie rovinate da un duello in pista che ha avuto certamente gravi conseguenze ma stiamo pur sempre parlando di una competizione motoristica, non di una partita a scacchi.

La promessa epica e non mantenuta

La retorica mistico-combattiva con cui le pay tv confezionano i loro servizi di lancio pochi minuti prima della gara (fatta di citazioni di film di supereroi, d’azione, di draghi e cavalieri su un tappeto di musica epica) stride fortemente con la realtà che si dipana in pista pochi minuti dopo, dove al posto dei cavalieri al volante troviamo dei ragazzi che recitano una breve preghiera di torti subiti a cui un’autorità superiore deve immediatamente porre rimedio. Errori che vengono perpetrati non solo dagli avversari ma anche dai loro stessi compagni di squadra, rei di non lasciargli strada in virtù del loro ritmo di gara teoricamente superiore a quello del compagno di squadra che però, in quel momento, è più avanti. E se gli ingegneri del muretto box, a cui si rivolge come a supremi organi di giustizia, obbligano il pilota a rallentare per gestire le gomme, allora cessano di essere fonte di giustizia e diventano invece fonte di gravi ingiustizie, spesso a tutto vantaggio dell’odiato compagno di squadra che però non può essere superato in pista.

Esecuzione tramite proxy

Certamente questo modo di correre “per procura” è anche frutto di uno sport motoristico in cui ormai conta solo il passo gara in funzione della gestione degli pneumatici, quindi i piloti “devono solo” cercare di andare il più veloce possibile in relazione al livello di usura degli pneumatici e un sorpasso da fare, o una difesa da attuare, è solo un inutile spreco di tempo. Ed è già così nelle formule minori. Non è un caso che domenica nella gara principale di Formula 2, abbiamo assistito a una lunga discussione alla radio tra Hadjar e Marty, compagni di squadra del team Campos. Con Hadjar quarto che pretendeva dal suo muretto box di chiedere a Martì di farsi da parte perché ne aveva di più e poi, una volta soddisfatto, si è messo a lamentare di non avere il passo per staccare lo spagnolo dopo che, a suo dire, aveva rovinato le gomme per essere rimasto troppo tempo dietro di lui. Insomma, così si cresce.

 
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