«Le mie sculture come una preghiera per superare le difficoltà quotidiane» – .

Gli strumenti per scolpire – cacciaviti, scalpelli, martelli – per Antonio Guerra, artista 61enne di Calolziocorte, sono come lettere dell’alfabeto di una lingua misteriosa, attraverso curve e spigoli danno forma ad un mondo di emozioni. Lavorare con materiali diversi – come legno, pietra, marmo, metallo – è un modo per arrivare alle radici di te stesso e far emergere il tuo lato migliore. A volte, però, spiega Antonio, da questi semplici gesti nasce qualcosa di speciale: si trasformano in preghiera, diventano un ponte tra terra e cielo, un filo d’amore che dà la forza per affrontare la malattia e le difficoltà quotidiane.

Trent’anni fa il tumore

Sono passati più di trent’anni da quando gli è stato diagnosticato il linfoma non Hodgkin, una neoplasia maligna del sistema linfatico. «Fu poco prima della nascita della mia prima figlia – ricorda – che cominciai ad avvertire alcuni sintomi, che inizialmente attribuii alla stanchezza. Sono andato dal medico e dopo una serie di esami, pochi giorni prima di Natale, mi hanno detto che era un cancro, al secondo stadio. Ho chiesto quanto mi restava da vivere: secondo l’oncologo dai tre ai sei mesi”. Oggi può raccontarlo con uno sguardo sereno e la consapevolezza di aver già pagato un pesante tributo alla paura e al dolore: «Non ho chiesto a Dio di guarire, ma solo di poter abbracciare almeno una volta mia figlia AnnaMaria».

Il bambino è nato nel breve intervallo tra radioterapia e chemioterapia: «Dopo le prime sedute, molto difficili, perché la malattia lo richiedeva, ho chiesto ai medici di darmi qualche giorno prima di iniziare il ciclo più invasivo, perché il parto era imminente e volevo avere abbastanza energie per starmi accanto mia moglie Stefania».

Il suo desiderio si è avverato, ha potuto stringere tra le braccia la figlia appena nata, “un momento di gioia e di intensa emozione”. Questo gli ha dato lo slancio per continuare il trattamento: «Ci è voluto un po’ prima di notare i primi miglioramenti. Negli anni ho subito diversi interventi, non è stato facile, ma non ho mai mollato. La mia fede mi ha sostenuto, mi sono affidato a Dio. La bellezza di essere cristiani sta nella consapevolezza di sentirsi sempre amati. Anche nei momenti più difficili, quando dovevo portare la mia croce, questo mi ha dato forza”. Non si riprese, ma trovò il modo di convivere con la malattia, ebbe un’altra figlia, Michela, proseguì pienamente la sua vita, nella quale l’arte occupa un posto importante, come strumento di conoscenza e di resilienza: «Quante cose su noi stessi non sappiamo quante cose possiamo trovare che ci sostengano».

Se affrontare il cancro lo ha messo alla prova, rendendo più difficili gesti semplici e quotidiani come mangiare e respirare, lo ha spinto anche a sviluppare le sue capacità di pazienza e adattamento, e comunque non ha potuto privarlo di un sorriso: «Qualche anno fa hanno inserito il Peg (gastrostomia endoscopica percutanea), devo quindi alimentarmi tramite una sonda, tramite una macchina, alla quale sono attaccato per alcune ore al giorno. Sono io che immagino i piatti del mio menù, visto che non posso più assaggiarli. Questo però non significa che mi lascio scoraggiare. Sono felice, sono qui con la mia famiglia e non mi manca nulla”.

Ogni mattina si alza alle 5, “quando è ancora buio” per pregare le Lodi del Mattino, godendosi il silenzio della casa, con la sua cagnolina Maja accoccolata ai suoi piedi, mentre tutti dormono ancora. Si ferma ad ammirare l’alba che sorge, lo stupore della luce rosa che attraversa i vetri delle finestre, e poi, con l’energia che questo momento gli dà, prepara la colazione per tutta la famiglia: «Questo è il nostro momento conviviale: è così bello stare insieme. Poi tutti iniziano la loro giornata.

Finché la salute glielo permise lavorò come modellista in una fonderia: «I miei datori di lavoro erano persone di buon cuore, non solo con me ma con tutti i dipendenti, mi hanno sempre dimostrato la massima disponibilità».

Tra pochi giorni diventerà nonno: la gravidanza della primogenita Annamaria è a termine, il primo nipote è atteso con ansia. Per Antonio la famiglia è il cardine attorno al quale ruota tutto il resto. Nel tempo ha favorito rapporti di amicizia e di aiuto reciproco che si estendono anche ai vicini: «Abbiamo anche aperto una porta in più nel cancello per accorciare la strada tra le nostre case attraverso i giardini».

Appassionato di sport, ha continuato a dedicarsi allo sci e all’arrampicata finché ha potuto: «Da giovane facevo anche attività agonistica» ricorda con un sorriso. Continuano ad essere numerose le attività alle quali Antonio si dedica con passione e generosità, sempre al servizio degli altri e della comunità. È ministro straordinario dell’Eucaristia ed è assiduamente impegnato nella sua parrocchia, che per lui è come una famiglia allargata.

Volontariato con i bambini

Da qualche anno conduce un laboratorio come volontario con alcuni ragazzi che frequentano un centro diurno di psichiatria della zona, sostenendoli in un percorso di conoscenza e consapevolezza di sé: «C’è anche chi non scolpisce – spiega – ma viene solo per chiacchierare. Cerco di offrire loro ascolto e serenità. Ora uno dei miei studenti è pronto per diventare lui stesso insegnante e tutor, dà lezioni pomeridiane ad altri giovani. Sono molto orgoglioso di lui e degli altri componenti del gruppo, che partecipano con entusiasmo e impegno”.

Avvicinare i giovani alla scultura richiede tempo e pazienza, spiega Antonio, bisogna procedere gradualmente: «Il primo passo è sempre il legno, come è stato per me. Partiamo utilizzando essenze diverse, da quelle morbide come il pino, molto apprezzato in Alto Adige, ad altri legni più duri come il noce o l’ulivo”. E poi, poco a poco, si può passare alla pietra e al marmo, che richiedono molta più attenzione: «Il martello e lo scalpello fanno rumore, la pietra non si taglia come il burro, ci vuole forza, gli attrezzi richiedono cura e manualità e comportano rischi, è necessario utilizzare protezioni e attrezzature adeguate e procedere con cautela. Ma è un’attività che dà tante soddisfazioni”.

Ha imparato da autodidatta, fin da giovanissimo, dimostrando un talento spontaneo: «A dieci anni scolpivo il legno con un coltellino. Mi sono ispirata alla natura e agli animali che vedevo intorno a me, oppure ai personaggi delle storie che ho sentito dai miei genitori. Poi, crescendo, ho iniziato ad interessarmi a forme dinamiche come il fuoco e le figure femminili. Ho cercato di utilizzare materiali diversi, dal legno, alla pietra e perfino al marmo, scegliendo talvolta anche venature cromatiche particolari, come quelle della pietra dorata”.

Le opere di Antonio hanno conquistato numerosi estimatori, che spesso lo hanno conosciuto tramite il passaparola. Così alcuni di loro sbarcarono all’estero, e realizzò anche sculture di carattere pubblico. Tra questi, ad esempio, una particolare Natività, un’opera in ferro datata 1995, pensata appositamente per il Santuario di Santa Maria del Lavello, luogo molto caro all’artista. E poi l’Abbraccio, ben visibile nella piazza di Vercurago, e Dna – La Spirale della Vita, realizzata nel 2016 a sostegno di Telethon.

Momenti di vita nelle opere

Nel catalogo delle sue opere – che espone con modestia – si leggono molti momenti significativi della sua vita: la nascita delle figlie Annamaria e Michela, l’amore per la moglie Stefania, l’unità della famiglia, la fede, ma anche l’amicizia, lo stupore di fronte alla natura e alla vita, il senso del mistero, lo slancio verso il cielo. Ha un’attrazione speciale per la luce e il fuoco, che si esprime in forme morbide, “che non stanno mai ferme”.

Il suo laboratorio d’arte ora è nel ricovero degli attrezzi, in un angolo del giardino. Uno spazio piccolo, semplice, molto ordinato, con gli strumenti appesi al muro secondo una logica precisa, in modo funzionale, gli accessori etichettati e riposti nei cassetti. L’opera a cui sta lavorando è una Madonna lignea, appena visibile nel tronco.

Nelle stanze della sua casa conserva le opere a lui più care, con le quali ha un legame di affetto, come i ritratti delle figlie e della moglie, in cui emergono con particolare cura, nella morbidezza delle forme levigate, alcune piccole sculture realizzate per occasioni particolari, ma anche alcune opere di altri amici artisti, che lo accompagnano sulla scia dei ricordi.

«Prima di scolpire un’opera sacra – racconta – spesso mi riunisco in preghiera, chiedendo di non offendere con la mia opera». Spesso nelle sue sculture non si vedono le linee del viso: «Sono i movimenti, i corpi che parlano, che esprimono emozioni. Sono tanti i modi in cui le forme possono parlare, con la mia ricerca artistica ho intrapreso questo percorso.”

Se Antonio talvolta scrive preghiere, che sembrano poesie e alimentano il suo cammino di fede, la scultura gli permette di “rendere tridimensionale il pensiero”. Come accade, ad esempio, nella scultura «Awakening», la prima realizzata al termine della chemioterapia, in cui si legge la speranza e l’apertura alla vita, come all’inizio di una nuova primavera. Rappresenta spesso la speranza e la vita con caratteristiche femminili. «L’arte – prosegue Antonio – esprime la gioia di vivere. Lavorare su una scultura produce in me un profondo stato di serenità, che dona nuova energia alla vita. È un dono per il quale ringrazio Dio e che metto al suo servizio, perché anche attraverso l’arte si possa percepire e contribuire alla realizzazione del suo progetto di bellezza e di amore”.

 
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