Zau, i colori dell’Africa e il tema della perdita – .

Gli ultimi The Game Awards sono stati tra i più discussi di sempre e, va detto, le critiche sono più che giustificate. Lo spettacolo di Keighley, che dovrebbe celebrare innanzitutto gli sviluppatori, ha dato l’impressione di voler mettere su un piedistallo solo le celebrità. In questo teatrino di pacche sulle spalle e divi pigri posizionati per presentare questa o quella cosa, qualcuno però è riuscito a distinguersi dalla massa: Abubakar Salim; un attore piuttosto noto lui stesso, sì – nei videogiochi soprattutto come voce di Bayek in Assassin’s Creed Origins – ma tutt’altro che lontano dal mondo dello sviluppo, dato che è salito sul palco per presentare un gioco da lui diretto.

La voce di Salim non era quella di un attore disinteressato, ma piuttosto quella rotta dall’emozione di una persona lì per rivelare al mondo un team di sviluppatori da lui fondato e un gioco nato dopo la perdita di suo padre. Nel suo cinico mix di battute e pubblicità senz’anima, il suo breve intermezzo è stato senza dubbio uno dei momenti più umani e piacevoli dell’intera manifestazione, al punto da aver portato molte persone ad interessarsi alla creazione della sua squadra, denominata Racconti di Kenzera: Zau.

Ora il gioco sta finalmente per arrivare e, dopo l’interessante demo resa disponibile su Steam, abbiamo avuto l’opportunità di sentire cosa lo ha ispirato direttamente dalla bocca di Abubakar Salim e dei suoi sviluppatori. Ecco cosa ci hanno raccontato e cosa possiamo aspettarci dal loro curioso lavoro.

I colori dell’Africa

Zau ha a disposizione due potenti maschere spirituali, ma non basteranno a superare la perdita del padre

Il lavoro di Surgent Studios ti mette nei panni di Zau, un giovane sciamano che stringe un patto rischioso con Kalunga, dio della morte, per riportare in vita il padre recentemente scomparso; una sfida che il ragazzo può affrontare grazie ai poteri spirituali che il suo genitore scomparso gli ha lasciato in eredità: due maschere mistiche che gli permettono di combattere i mostri e catturarne lo spirito.

Le maschere sono un espediente interessante che ha permesso al team di mettere in atto sistemi piuttosto interessanti in termini di gameplay, ma il tema della perdita in realtà è molto più legato alla struttura del gioco di quanto la semplice meccanica in battaglia possa suggerire. Abubakar ha iniziato la presentazione mostrando una clip di un documentario sulla produzione del titolo, prevedibilmente incentrato sulla morte di suo padre e su come abbia voluto omaggiarlo con questo videogioco. Ancora più affascinanti, però, sono state le parole diresponsabile artistico, Ackeem Durrantpoiché questi mostravano disegni di varie mappe, sottolineando come La campagna di Kenzera è divisa tematicamente in base alle fasi del lutto; pace e spiritualità, ansia e responsabilità, paura, rabbia, accettazione… i livelli di gioco sono pensati per riflettere questi passaggi, e siamo davvero curiosi di vedere se i loro cambiamenti saranno solo estetici o avranno anche un impatto significativo sull’esperienza di gioco.

Il team è piccolo, ma la cura riservata alla direzione artistica sembra davvero notevole. Il fatto che il gioco sia basato per una volta sulla cultura bantu e sulla profonda cultura africana, tuttavia, lo distingue davvero dal resto del genere

La cura per la direzione artistica, però, non sembra essere solo tematica. Zau è un titolo estremamente particolare, perché per una volta fa propria la cultura africana nella sua forma più pura, senza ricorrere all’immaginario classico egiziano o mediorientale, ma proprio al simbolismo e all’estetica della cultura bantu. Nel gioco personaggi e ambientazioni sono ispirati ai popoli Maasai e Ndebele, i paesaggi con giganteschi alberi della savana e le particolarissime strutture create dalla popolazione Yoruba. Raramente si sono visti giochi così legati dal punto di vista artistico all’Africa profonda, e crediamo rappresenti davvero una boccata d’aria fresca, che distingue notevolmente Zau dagli altri prodotti e dà perfetto significato ai suoi toni estremamente vivaci, nonostante il primario il tema è la perdita.

Lotta contro la perdita

Tales of Kenzera sarà un'esperienza contenuta, ma potrebbe essere proprio la sua concretezza a renderla speciale
Tales of Kenzera sarà un’esperienza contenuta, ma potrebbe essere proprio la sua concretezza a renderla speciale

Questo livello di cura non sembra essere legato esclusivamente all’estetica del gioco: gameplay e progettazione del gioco in generale sono disegnati con grande concretezza, dato che il titolo è pensato per essere un’esperienza piuttosto contenuta (non brevissima, sia chiaro, ma nemmeno aspettatevi un metroidvania gigantesco). Tales of Kenzera è quindi un’opera molto votata all’azione, che introduce Zau come un personaggio già preparato e subito abile nel combattimento, oltre che dotato di un discreto numero di abilità di movimento. È abbastanza chiaro come Zi Peters, il capo progettista ha cercato di evitare tempi morti, dando forma a un’esperienza meno caotica e legata al backtracking rispetto a quanto siamo abituati a vedere in questo genere.

Anche per questo motivo il level design sembra dover più ai recenti Ori e Metroid Dread che a giochi come Hollow Knight e simili (nonostante i grandi classici del genere siano ancora una forte ispirazione, secondo le parole del designer). Le mappe sono estese ed esplorabili, certo, ma allo stesso tempo più lineari rispetto ad altri “concorrenti”, con un buon uso di loop strutturali ed evidenti bivi che dovrebbero indicare il percorso primario con una discreta dose di naturalezza. È una scelta comprensibile e piuttosto intelligente se si vuole offrire un’esperienza adrenalinica senza troppi fronzoli, ma la sua applicazione dovrà comunque essere valutata attentamente: semplificando eccessivamente le mappe e un elemento esplorativo, un metroidvania rischia di perdere gran parte di ciò che rende il genere affascinante.

Stuzzica anche il sistema di combattimento, visto che le due maschere di Zau offrono poteri indicati rispettivamente per il combattimento corpo a corpo e a distanza, e che la progressione potrebbe offrire non poche sorprese per quanto riguarda i combattimenti più difficili. Anche qui bisognerà valutare il valore dei nemici e la varietà dei boss, ma è una buona base da cui partire e già nella demo la solidità delle meccaniche ci aveva sorpreso positivamente.

Infine, abbiamo parlato di musica con Nainita Desai, la compositrice. Anche qui i temi musicali sono strettamente legati ai suoni e alla ritualità dei popoli africani, e sembra di sì i testi sono in swahili, dato che la madre del compositore parla quella lingua ed è stata quindi in grado di tradurre i testi scritti in inglese. Insomma, c’è una voglia cristallina di mostrare al mondo la bellezza della profonda cultura africana in Tales of Kenzera: Zau e, considerando la passione dimostrata dagli sviluppatori, se tutto dovesse combaciare a meraviglia potremmo ritrovarci di fronte di una partita dall’impatto davvero unico, nonostante le dimensioni ridotte della squadra. Speriamo che sia davvero così, dopo tutto una nuova perla indie è sempre una buona notizia.

Tales of Kenzera: Zau è chiaramente un gioco creato da un team incredibilmente appassionato e coinvolto, più desideroso che mai di mostrare la bellezza e le peculiarità della propria cultura, e con il cuore al posto giusto. Nel competitivo mondo dei videogiochi, però, la passione è solo un ottimo punto di partenza e ci vogliono innumerevoli altri talenti per creare opere davvero memorabili. La chiacchierata avuta con Surgent Studios ci fa ben sperare: questi sviluppatori evidentemente non si sono lanciati in un progetto impossibile e sembrano avere le competenze necessarie per dare forma alla loro visione originale. Tuttavia, manca molto al test finale, quindi rimanete sui nostri canali per scoprire se Zau sarà effettivamente un’altra perla indie o solo l’ennesimo dimenticabile metroidvania.

 
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