Ho perso la speranza» – .

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Ho perso la speranza» – .

Al giorno d’oggi cercare un lavoro Sembra essere un vero e proprio percorso a ostacoli per molti. Quando riesci a saltarne uno non c’è nemmeno il tempo di darti una pacca sulla spalla perché subito dopo ce n’è sempre un altro, spesso anche più alto. Lo conferma Giovanna Ventola, una donna di 34 anni che ne ha dovuti affrontare tre licenziamenti entro tre anni e, dopo aver inviato centinaia di nomination (sia per ruoli più affini alle sue competenze in varie aziende, sia per posizioni laterali e temporanee) ed essendo riuscita ad aggiudicarsi solo pochi colloquiosta perdendo la speranza.

L’epopea della ricerca del lavoro

«Dal mio ultimo licenziamento, nel novembre del 2023, ho inviato candidature per 180 ruoli in azienda e sono riuscita a ottenere solo sei colloqui, nessuno dei quali si è concluso con un’assunzione – dichiara a BusinessInsider Giovanna, originaria della Carolina del Sud – . Ho provato anche a candidarmi per 18 “lavori ponte” (lavori temporanei, transitori, solitamente non qualificati, ndr), ruoli nel settore dei servizi, la maggior parte dei quali assicurano solo il reddito minimo o comunque retribuzioni molto basse. Ho dovuto sottopormi a interviste in due fasi solo per essere rifiutato per ragioni che sembravano davvero arbitrarie.

Queste esperienze hanno spinto Giovanna ad assumere una nuova prospettiva sul mercato del lavoro. Se era già consapevole di quanto sarebbe stato difficile “ottenere un posto in un’azienda che paga bene, con benefit, pacchetti azionari” e simili, non si aspettava di trovare gli stessi ostacoli “per portare il caffè o riempire gli scaffali “. Una consapevolezza che le fece perdere la speranza.

I tentativi, però, non sono mai mancati, e quello che la spaventa di più è il fatto di aver inviato candidature «per lavori di ogni tipo, sia di persona, a distanza che ibridi. Ho anche provato a candidarmi per posizioni per le quali sono sovraqualificato e con stipendi molto più bassi di quanto avrei voluto”. Non solo il ventaglio di possibilità da cui attingeva era vastissimo, ma faceva anche «networking e tutto quello che “bisogna” fare». Quando arrivavano rifiuti (o non arrivavano notizie) per lavori come «barista, commesso di supermercato o di negozio», Giovanna cercava di capire quale fosse il motivo: «Forse hanno visto dal mio curriculum che sarebbe stato un lavoro temporaneo e non t assumere persone che probabilmente se ne andranno presto. Capisco, ma cosa si aspettano per un salario minimo?”.

La serie di delusioni e la consapevolezza di non avere un punto di arrivo raggiungibile dopo anni di esperienza, lavoro e studio, hanno lasciato Giovanna senza speranza e amareggiata: «Non voglio nemmeno andare a lavorare da qualche parte per il salario minimo. L’ho fatto in passato, ho fatto lavori saltuari, anche cinque alla volta, e mi sembra di tornare a quando avevo 22 anni. Non voglio più lavorare al bar fino alle 4 di notte .” Tornata a casa dai genitori, Giovanna ha deciso di dedicarsi al lavoro freelance nel campo dei social media per un’impresa edile che ha scoperto grazie ad un’amica. «Sarei disposta ad accettare un secondo lavoro – dichiara – ma che fine ha fatto la possibilità di avere un lavoro stabile, con benefici? Non credo che sarò mai in grado di smettere di cercare perché penso che qualunque cosa troverò non durerà.

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