QUALE “25 APRILE”? – immaginepress – .

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Essendo cattolico praticante, potrei uscire dicendo: “il 25 aprile celebro solo la ricorrenza liturgica di San Marco, come la Chiesa ha stabilito da secoli”. In questo modo chiuderei subito la discussione. Sono, però, anche cittadino di questo Stato nei cui registri anagrafici è iscritto il mio nome e, memore del monito del Maestro “date a Cesare ciò che è di Cesare”, ho il dovere di tenere conto anche degli anniversari civili.

Uno di questi, sicuramente il meno condiviso tra tutti (17 marzo 1861, 20 settembre 1870, 24 maggio 1915, 4 novembre 1918, 11 febbraio 1929, 2 giugno 1946, 18 aprile 1948) è il “25 aprile” o “Giorno della liberazione” che, invece di unire gli italiani – nonostante siano trascorsi 78 anni dai fatti, la vita di un uomo! – li divide ancora con forti polemiche.

Fin da quando ero ragazzo, alle scuole medie – il “carenza” – Mi sono chiesto: “Perché?” Sono stato “pizzicato” dal fascismo solo nei primi otto mesi della mia vita e, ovviamente, non ricordo nulla; mi hanno detto che lo erano stati “liberato” nell’agosto del 1943 quando una carovana di soldati inglesi, comandata da un sergente ancora ricordato da qualche raro anziano, raggiunse il nostro paese sul versante ionico dei Peloritani in provincia di Messina. Giorni prima uno dei loro aerei, forse per capriccio criminale, aveva avuto un improvviso fuoco di mitragliatrice nella piazzetta “liberato” un povero ragazzo, uccidendolo all’istante. Pertanto la mia conoscenza del “Vent’Anno” è data dalla lettura di libri (conosco l’opera monumentale di De Felice, seimila pagine) e dalle testimonianze di tante persone che furono lì in quegli anni famosi/famigerati; alcuni che avevano subito il fascismo e ne parlavano male e altri che lo avevano accettato e anche lodato soprattutto tra il 1929 e il 1938 e ne parlavano bene. Tra tutti mio padre, carabiniere (a Fiume 1923, a Roma in servizio di ordine pubblico per la visita in Italia del “Cancelliere tedesco” 1938, “traslazione” di detenuti anche politici da Porto Empedocle a Lampedusa, “mobilitato” in Grecia 1941 – 43, “prigione” in Germania 1943-45, infine a Palermo contro la cosca Giuliano 1947), anche lui mi parlò a lungo del fascismo, come se fosse durato secoli… Leggevo, chiedevo e ascoltavo avidamente come se l’argomento si adattasse ero di vitale importanza e stavo mettendo insieme idee e convinzioni soprattutto riguardo a coloro che erano usciti sconfitti da quegli avvenimenti del 1945; A questo mi ha spinto anche un aforisma di Guicciardini: «Prega sempre Dio che ti trovi dove vinci, perché ti sia lodato per quelle cose nelle quali non hai alcuna parte: come, al contrario, chi si trova dove perde, viene accusato di infinite cose per le quali è il più irreprensibile” (“Ricordi” CLXXVI).

Arrivato a Milano (1963) – ventenne, in spalla la classica valigia di cartone piena di arance e legata con lo spago – guardando quegli enormi archi di ferro della Stazione Centrale che avevo visto in una foto nel mio libro di geografia in prima media , le scale faraoniche, mi sembrava di essere arrivato in un altro mondo; dopo aver risolto le necessità vitali con i primi soldini guadagnati (all’epoca la grande Milano offriva lavoro immediato a chiunque!), pensai subito di dare sfogo alla mia fervida curiosità di “storico” improvvisato chiedendo soprattutto agli ex fascisti , alcuni anche di spicco, che furono stati spettatori diretti o protagonisti soprattutto nei 20 mesi – settembre 1943-aprile 1945 – della Repubblica Sociale e della “guerra civile”; negli anni sessanta queste persone erano ancora in “fiore della vita” e, quindi, potevano ricordare molto bene e raccontare anche i dettagli degli avvenimenti accaduti. Quindi, leggendo e ascoltando gli ex partigiani, ho potuto raccogliere alcune idee e costruire uno schema forse troppo semplice ma, a mio avviso, più equilibrato e veritiero rispetto alla propaganda ufficiale e partigiana. Mi convinsi che in quei tragici venti mesi di disastro per la nostra Patria, due minoranze si erano affrontate, senza esclusione di colpi e con la consueta ferocia dell’odio tra fratelli: partigiani e fascisti; il primo a nome di “libertà”quest’ultimo in nome di “onore” denigrato, secondo loro, da “tradimento” dell’8 settembre 1943: al riguardo vi furono casi – incredibili col “senno di poi” – dei giovani italiani che in quei giorni di “morte della patria”, si presentarono ai comandi tedeschi per essere arruolati nell’esercito tedesco, credendo, in buona fede, di riscattare il loro onore perduto ecc. ecc.! Ma la stragrande maggioranza degli italiani è rimasta a guardare in quello che De Felice chiama “area grigia”Significato cosa “non fascista” ma neanche “anti fascista”pregando la Madonna e i Santi affinché salvino la vita dai bombardamenti terroristici del “liberatori” che non hanno risparmiato nemmeno chiese, scuole e ospedali, ma anche per salvarsi dalla fame e dalle privazioni causate dalla guerra e perché la tragedia finisse al più presto. Ho capito che è una fiaba che racconta di “tutto” un popolo che il “25 aprile” si solleva contro il “Nazifascismo” mentre, ad esempio, cerca di rendere chiaro il titolo del libro di un noto esponente comunista, “Un popolo nascosto”! Tutte queste convinzioni hanno poi maturato in me una maggiore maturità durante il cosiddetto “Sessantotto” a cui ho partecipato “sulle barricate” mentre ero all’università, convincendomi progressivamente che in quel “68” si stavano gettando le basi per uno sconvolgimento epocale mai visto prima: a questo proposito qualcuno parlerà, infatti, di “Rivoluzione antropologica”, confusione tra il bene e il male, cioè il ribaltamento nel cuore dell’uomo dei “valori” morali e civili che fino ad allora avevano in qualche modo sostenuto la società: una vittima eccellente e la prima fu la Famiglia. Ma, tornando a riflettere sulle “fiabe”, suggerisco di non stupirsi troppo perché è dal 1789, “Presa della Bastiglia” a Parigi, cosa che la Storia è costretta un po’ a fare “inventarne qualcuno” direbbe il buon Manzoni. Così, via via, attraversando il nostro “glorioso” Risorgimento, la storia vera si intreccia con tante “leggende” che la scuola liberale (famoso il “Cuore” di De Amicis!), poi quella fascista e poi quella democratico-comunista propinate fin dal 1861 facendoci credere che siano vere.

Un esempio clamoroso è l’impresa di “Mille”forse il massimo “glorioso” e celebrato in tutto l’Ottocento romantico italiano, organizzato e finanziato dai massoni inglesi con funzione anticattolica: quei signori, in combutta con i “fratelli” delle logge italiane, infatti, mirava a rovesciare la Monarchia Borbonica di Napoli e Palermo e poi, giunta a Roma, defenestrare il Papa e, possibilmente, colpire la nostra Religione. Tuttavia, ci è stato detto a scuola “redenzione” del Sud da parte di“Eroe” senza macchia “dei due mondi”, Giuseppe Garibaldi… Così, fatalmente, è successo un po’ anche con la Resistenza che è diventata mito e i miti e le leggende, che a volte sono anche necessari per un Popolo, però non fanno la vera Storia. Con “25 aprile” – ad esempio – siamo di fronte al “favola” di un’unica Resistenza compatta come ci viene regolarmente raccontata e celebrata da 77 anni. È invece abbastanza evidente che vi furono almeno due Resistenze distinte e separate e, spesso, in sanguinoso conflitto: conducevano azioni di guerra con metodi diametralmente opposti perché opposti erano gli obiettivi da raggiungere: l’una, comunista, e l’altra non -comunista e, certamente anticomunista, composto anche da cattolici, monarchici, liberali… Il primo, maggioritario, agli ordini di Mosca, con i GAP (Gruppi di Azione Partigiana o Patriottica) scatenarono freddamente la guerra civile soprattutto nelle città con militarmente inutili attentati terroristici, ai quali i tedeschi risposero con la proverbiale ferocia teutonica: vedi, tra i vari episodi, la strage di “anziani” soldati altoatesini in uniforme tedesca e di poveri civili tra cui un bambino in via Rasella a Roma e la successiva barbara rappresaglia tedesca alle Fosse Ardeatine, marzo 1944. Chi vuole leggere la notizia di quel tragico anno si imbatterà anche nell’attentato di Viale Abruzzi a Milano (8-9-1944), dove i gappisti misero chili di tritolo nelle ceste di frutta e verdura che i tedeschi distribuivano gratuitamente alla popolazione; risultato: cinque soldati tedeschi e otto civili fulminati con quindici antifascisti innocenti fucilati per rappresaglia nel vicino piazzale Loreto; Quasimodo ne celebrerà la memoria in una sua poesia. E non solo, ma la Resistenza comunista, una volta ottenuta la vittoria, senza la presenza delle truppe di occupazione anglo-americane, avrebbe sicuramente trasformato la nostra Patria in una repubblica “sovietica” come la Polonia, l’Ungheria, la Germania dell’Est… consegnata ai Rossi. Esercito dalla stupidità di Roosevelt che credeva Stalin suo “amico”! Come è noto, i paesi dell’Europa centrale e orientale hanno potuto riconquistare la libertà solo nel 1989 – 44 anni dopo! – con la caduta “miracolosa” di muro di Berlino. Mi fermo qui perché voler svelare e approfondire tanti altri dettagli richiederebbe molti “volantini” con il rischio di annoiare i miei amici e benevoli lettori. Domande semplici In quale delle due Resistenze dovrei credere? Quale dei due dovrei festeggiare? Quello che nel 1945 volle trasformare la nostra Patria in una repubblica “sovietica”? Quello che collaborò con le truppe di Tito e sperava che occupassero non solo Trieste ma anche mezzo Veneto per imporvi il comunismo? Quello che applaudiva le foibe? (attenzione, qualche ragazzo, durante una manifestazione “antifascista” di qualche giorno fa, ha mostrato un cartello sul quale, data la sua ignoranza, non si è vergognato di scrivere “evviva le foibe!”) Dovrei celebrare le stragi degli italiani dell’aprile-maggio 1945? Quella di “triangolo della morte” in Emilia…? Dovrei festeggiarli insieme? Insomma mi chiedo: quale “25 aprile”?

Carmelo Bonvegna

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