«Misura che alimenta la falsa contrapposizione tra agricoltore e ambiente» – .

«Misura che alimenta la falsa contrapposizione tra agricoltore e ambiente» – .
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Genova. Nei giorni scorsi la presidente della Commissione europea Ursula Von Der Leyen ha condiviso una lettera in risposta agli eurodeputati che chiedevano di portare avanti la proposta di legge sul ripristino della natura (Nature Restoration Law), ovvero una legislazione che – sulla carta – dovrebbe stabilire nuovi vincoli per la tutela e la conservazione della biodiversità nel continente europeo.

La proposta nasce da un problema sempre più evidente: oltre l’80% degli habitat terrestri e marini europei presentano ecosistemi degradati e a rischio. Una legge di questo tipo, sul piano teorico, risponde a problemi attuali per i quali la Coldiretti si batte da sempre in prima linea, come la lotta al cambiamento climatico. In pratica, però, poco prima delle elezioni europee – nella sua forma semplicistica che non tiene conto del ruolo dell’agricoltore – ha più l’apparenza di un’esca che di un vero cambiamento di strategia. Una legge di questo tipo, infatti, prevede una diminuzione della produzione agricola locale e un drammatico aumento della burocrazia per le imprese.

«Se questi sono i termini, il ruolo dell’agricoltore sarebbe del tutto slegato da ciò che è nel suo potere attivo e su cui dovremmo investire, ossia la capacità di porsi come custode del territorio che coltiva», commentano Gianluca Boeri e Bruno Rivarossa , Presidente di Coldiretti Liguria e Delegato Confederale. «Sul ripristino della natura non dobbiamo alimentare il conflitto tra agricoltore e natura. È una legge che finirebbe per diminuire la produzione agricola e aumentare la burocrazia per le imprese”.

Se da un lato le posizioni dei ministri sembrano destinate a portare a un rinvio del voto sull’accordo provvisorio di trilogo, approvato non senza difficoltà e divisioni anche dallo stesso Parlamento europeo, dall’altro la Commissione non sembra voler rendersi conto dell’impatto di una norma che, oltre a penalizzare gli agricoltori senza tutelarne il reddito, non produrrebbe gli effetti ambientali auspicati. Considerata la domanda sempre crescente dell’Europa in termini agroalimentari, si teme che una proposta che limiti l’attività dell’agricoltore nazionale spinga gli Stati membri ad aumentare ulteriormente le importazioni di prodotti che non rispettano gli standard sociali e ambientali. È davvero questo ciò che vogliamo?

«Siamo sicuramente d’accordo sull’ottenimento di vantaggi competitivi attraverso l’innovazione nel settore agroalimentare, in primis per quanto riguarda la tutela dell’ambiente, ma una legge di questo tipo rischia solo di penalizzare un settore trainante dell’economia comunitaria. Riflettiamoci prima di pronunciare parole come “cambiamento climatico” e “leggi verdi”.

 
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