Proteste nelle università, ma quale Vietnam? La deriva del risveglio sulla Palestina – .

Proteste nelle università, ma quale Vietnam? La deriva del risveglio sulla Palestina – .
Proteste nelle università, ma quale Vietnam? La deriva del risveglio sulla Palestina – .

Perché leggere questo articolo? Le proteste universitarie filo-palestinesi non sono il Vietnam o un nuovo ’68. Gli Stati Uniti, e anche Biden, stanno cercando di “svegliarsi” dalla cultura del risveglio.

Un nuovo ’68 in America? Andiamo piano. Le proteste nelle università più prestigiose del mondo hanno poco a che fare con le rivolte avvenute durante la guerra del Vietnam. Harvard, Yale e Columbia sono stati a lungo la culla della cultura sveglia, il suo stadio terminale. La cui deriva rischia di scontrarsi con la causa palestinese. E far rivivere al mondo l’incubo di ogni progressista: la vittoria di Trump. Anche Biden se ne è accorto e sta facendo il possibile per arginare le proteste nei college, che rischiano di andare alle urne tra sei mesi.

La deriva delle proteste filo-palestinesi nelle università

“Per ora aggiungiamo queste proteste nelle tende North Face sugli ATV nei campus da 75.000 dollari l’anno alla sensazione diffusa tra gli americani che il loro paese stia andando fuori dai binari“. Con pungente sarcasmo, Daniele Henningerha commentato giornale di Wall Street le proteste che proliferano in quelli che definisce “i nostri college più selettivi”.

Le proteste nei college secondo il WSJ contengono un elenco di fenomeni anche contraddittori tra loro, che fanno riferimento alla cultura del risveglio. Con la sua fissazione sui criteri di diversità, uguaglianza e inclusione, il definanziamento della polizia, varie teorie del complotto, isolazionismo e polarizzazione politica egocentrica. Questa combinazione di cose, dice Henninger, sta portando sempre più persone a dire Abbastanza!

Proteste nei college d’élite, lontano dal Vietnam

L’analogia con il 1968 mette in discussione Pier Paolo Pasolini. Compose una famosa poesia in occasione degli scontri di Valle Giulia a Roma: si schierò con i poliziotti, figli di proletari, contro gli studenti, figli di borghesi che li aggredirono. In America oggi “Pasolini rivive”. L’epicentro della protesta si trova nelle università con settantamila dollari di retta annuale.

Tra gli studenti fermati dalla polizia, e subito rilasciati, spiccano figli di celebrità, rampolli di politici e banchieri. Le star di Hollywood portano solidarietà agli studenti. Chi indossa la divisa, invece, non ha studiato ad Harvard, e probabilmente voterà per Trump anche se fosse nero o figlio di immigrati latini. Insomma, la situazione all’epoca delle proteste nei college e nei campus contro la guerra del Vietnam era decisamente diversa.

Se al momento di Prevale la questione Black Lives Matter, il mondo politico e culturale americano è rimasto in silenzio ad osservare i danni del pensiero estremista, ora si cominciano a vedere reazioni in America. Dopo due settimane di silenzio, il 2 maggio il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha chiesto il ritorno all’ordine nei campus universitari, scosso da un movimento di protesta contro l’offensiva israeliana nella Striscia di Gaza. Sei mesi prima delle elezioni, il presidente ha tenuto un discorso sulla questione, che potrebbe complicare la sua campagna elettorale, sostenendo che “L’ordine deve prevalere”.

Il risveglio di Biden dal risveglio

Biden si è “svegliato” dal risveglio sveglio. Deve aver capito che tra sei mesi voterà. Quattro anni fa, anche gli arabi americani erano con Biden. Un sondaggio delIstituto arabo-americano ha mostrato come nel 2020 il 59% degli arabi negli Stati Uniti abbia votato per l’attuale inquilino della Casa Bianca. Le cose, però, sono cambiate dal 7 ottobre. Il sostegno a Joe Biden tra gli arabo-americani è infatti sceso al 17% dall’inizio della nuova guerra in Medio Oriente. Il primo timore di Biden è l’astensione di massa il che lo porta a trovarsi in difficoltà in stati chiave come accadde a Hillary Clinton nel 2016. Ma c’è di più: molti arabo-americani starebbero infatti con il Partito Repubblicano che, per ironia della sorte, è invece un convinto sostenitore del sostegno a Israele.

 
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