RAI, le ragioni dello sciopero flop di ieri. “Altro che Tele Meloni” – .

RAI, le ragioni dello sciopero flop di ieri. “Altro che Tele Meloni” – .
RAI, le ragioni dello sciopero flop di ieri. “Altro che Tele Meloni” – .

Un terremoto mai visto prima nei corridoi Sassa Rubra. Oggi dentro RAI non parliamo d’altro e probabilmente sarà così ancora per molto tempo, perché è uno svolta storica senza precedenti. Lo sciopero dei giornalisti Rai indetto ieri dall’USIGRAI è stato un flop. Gli organizzatori hanno dichiarato di avere una partecipazione del 75%: anche se fosse vero, vuol dire che sono loro stessi a certificarsi non hanno più il controllo del 25% dei giornalisti della televisione pubblica nazionale. Questo svolta epocale è dovuto alla rivoluzione interna ai giornalisti Rai: a novembre, appena sei mesi fa, si è costituito un nuovo sindacato VI UNIRETE e guidato dal segretario Francesco Palese, giornalista salentino per Rai News. E ora questa nuova unione si contrappone a quella storica che ne deteneva il monopolio. “È la prima volta che uno sciopero non blocca la trasmissione dei notiziari e dei programmi della TV statale ” spiega a StrettoWeb Giuseppe MalaraGiornalista RAI di Reggio Calabria.

Abbiamo rotto un muro. Da ieri la Rai è più libera”. Radioso come tutti i suoi colleghi – quasi 350 – che in pochi mesi sono già entrati in UNIRAI, Malara esulta con una foto eloquente sui social (la pubblichiamo a corredo dell’articolo), alimentando l’entusiasmo intorno a questa vera e propria rivoluzione della libertà sulla televisione di Stato. “In RAI abbiamo sempre avuto un solo sindacato, l’USIGRAI, chiaramente di sinistra: la maggioranza dei giornalisti RAI sono culturalmente allineati a sinistra, non politicamente. Il segretario dell’USIGRAI oggi è Daniele Macheda, anche lui reggino. Negli anni abbiamo provato a opporci, prima con una sigla sindacale che nasce come componente interna e si chiamava ‘Pluralismo e Libertà’ fondata con Gennaro Sangiuliano, oggi ministro della Cultura, e con Paolo Orsini nel 2018. come candidati al Congresso USIGRAI di Bologna con il nostro listino prezzi. Abbiamo eletto un paio di membri dell’Esecutivo e negli anni abbiamo avuto le prime storiche battaglie di opposizione contro il pensiero unico e il monopolio della sinistra in RAI“.

L’attuale direttore del Tg5 Clemente Mimum, che conosce molto bene la Rai, in passato ha affermato che quando al governo c’è la sinistra la destra è in minoranza. Quando la destra è al governo, la sinistra è l’opposizione esercitata attraverso l’USIGRAI. È ancora così?

So soltanto – lui rispose Malara – che con l’avvento della nuova governance l’USIGRAI cominciò a porsi come una vera entità politica, e un buon gruppo di persone dalla mentalità libera pensò di allontanarsi e di rompersi con l’ambizione di fondare una nuova unione. Un’idea improvvida, rischiosa, impensabile fino a poco tempo fa. Creare il nuovo sindacato è stato molto difficile, anche perché in Italia fino a poco tempo fa la rappresentanza sindacale dei giornalisti era appannaggio esclusivo della FNSI”, e l’USIGRAI è un gruppo della FNSI. Ma è proprio in quel periodo storico che nasce la FIGEC Carlo Parisi (e torniamo alla nostra Reggio). “Il dialogo iniziale tra Unirai e Figec è stato complesso ma la vicinanza era evidente. Io e altri giornalisti Rai facciamo parte della direzione nazionale della Figec”.

Malara conosce molto bene i meccanismi della politica della televisione di Stato: “Ci dicono che siamo di destra, ma non è vero. È esattamente il contrario: sono loro che sono troppo di sinistra. Nell’UNIRAI ci sono giornalisti che votano sinistra, che votano Pd, che votano partiti moderati come Azione o Italia Viva. Come al solito accusano gli altri di ciò che loro stessi rappresentano. L’USIGRAI lo fa da sempre! Si professa democratico e paladino dei diritti ma, in sostanza, reprime il dissenso e lo mette a tacere”. Malara è un fiume in piena: “in RAI chiunque non si sottometta al politicamente corretto, pur rispettando tutti i principi e canoni dell’etica professionale, viene bandito e censurato. E stiamo cercando di cambiare questo paradigma ripristinando la libertà“.

Ecco perché tutte le sciocchezze sulla libertà di stampa in pericolo, sulla “deriva Orban” o sul “fascismo” sono sciocchezze: “Del tutto risibili le ragioni dello sciopero di ieri, in piena campagna elettorale per le elezioni europee, gridando ai quattro venti questo pseudo pericolo per la libertà che non esiste, e soprattutto facendo da sostegno ai vari Scurati, Bortone e compagnia squillante che hanno creato un caso in cui non esiste alcun caso. Il vero punto – sottolinea il giornalista del Giornale Radio Rai – è che la libertà di stampa esiste finché si dicono cose che vanno bene per loro. Se sostieni le loro tesi, altrimenti sei accusato di fascismo e nazismo. Una vera censura preventiva. L’unica verità sostenibile in Rai è stata quella decisa dall’USIGRAI, che in questi anni ha sostenuto campagne fuori dal mandato sindacale, trascurando invece gli interessi di tanti colleghi che hanno deciso di allontanarsi dal sindacato per non aver ricevuto il sostegno necessario”.

Particolarmente caldo è anche il tema dei budget. Malara ricorda come”sui conti dell’USIGRAI c’era un deficit di cui non si conosce l’entità: c’è chi dice 70mila euro, chi dice 100mila, chi addirittura 180mila euro”.

In sostanza c’è più di un tema di disagio nei confronti dell’USIGRAI.

Lo penso davvero – conclude MalaraIeri ci siamo riusciti C’erano anche molti giornalisti che lavoravano e nelle redazioni non erano iscritti all’UNIRAI, perché non tutti i colleghi sono iscritti ad un sindacato. Ed è stato il successo più grande. Chi grida al pericolo democratico, o alla deriva orbaniana, è proprio chi esercita concretamente questi metodi e vuole mantenere il controllo esclusivo sulla redazione, perso con il non-sciopero di ieri che apre una nuova pagina nella storia della RAI. Una pagina, finalmente, di pluralismo e di libertà“.

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