Alluvione un anno dopo – “Nessuno è passato con il megafono come nel 2019, l’acqua ha rotto la finestra della cucina” – .

Alluvione un anno dopo – “Nessuno è passato con il megafono come nel 2019, l’acqua ha rotto la finestra della cucina” – .
Alluvione un anno dopo – “Nessuno è passato con il megafono come nel 2019, l’acqua ha rotto la finestra della cucina” – .

Loreta Piccolo, pediatra cesenate che vive in via Ex Tiro a Serato, ha avuto la casa travolta dall’alluvione. Questa è l’intervista a Matteo Basso, bambino e paziente del medico, che ha svolto il colloquio come compito richiesto dalla scuola. Di quei tragici momenti è stata intervistata anche la figlia del pediatra, Anita.

Da quanto tempo vivi in ​​questo quartiere? Come stai?
Loreta: “Viviamo in questo quartiere da 12 anni. Ci siamo sempre trovati bene qui, è un quartiere tranquillo, senza molto traffico ma allo stesso tempo è molto vicino al centro, che si può raggiungere a piedi. Inoltre c’è il percorso del lungo argine che è particolarmente bello da percorrere a piedi.”

Quando è arrivato l’allarme inondazioni, immaginavi che sarebbe accaduta una catastrofe simile?
Loreta: “Assolutamente no. Inoltre non c’è mai stato un vero e proprio allarme alluvione, come nel 2019 quando attraversarono la strada con un megafono avvisando di una possibile alluvione. Era da 10 giorni che c’era l’allerta meteo ma niente di più. Siamo stati sorpresi da una vera e propria ondata proveniente dalla strada mentre eravamo tranquilli a casa; Ricordo che stavo studiando con mio figlio al piano di sopra e avevamo lasciato le macchine parcheggiate come sempre. Mio marito vigilava sul fiume da qualche giorno ma mancava ancora un metro dal bordo dell’argine, tanto che in effetti l’onda non proveniva dal fiume ma dalla strada; Mi sono affacciato e ho visto un fiume d’acqua in strada”.

Ti sei preoccupato subito o pensavi che tutto sarebbe passato?
Loreta: “Mi sono subito preoccupata; l’acqua arrivava in grande quantità e con tale forza, una vera furia ed era accompagnata da un rumore particolare.
Abbiamo subito percepito un pericolo per la nostra vita e che si trattava di una situazione più grande di quanto potessimo immaginare. L’acqua faceva un rumore fortissimo, le tubature vibravano, i sanitari e i tombini ruggivano, dalla strada un ruggito fortissimo; i mobili iniziarono a galleggiare e a sbattere gli uni contro gli altri, al punto che pensammo che la stabilità della casa stessa potesse essere compromessa. Ad un certo momento la finestra della cucina venne rotta dall’acqua e il rumore era pazzesco”.

Anita ci mostra foto e video di quel momento e rimaniamo tutti senza parole; Loreta ci mostra la sua casa e ci fa notare che la cucina non è stata ancora completamente ristrutturata. Ci mostra il livello che l’acqua aveva raggiunto in casa (1,97 cm). Nella sua cucina c’è un’enorme vetrata e, prima che l’acqua la sfondasse, Loreta è scesa a monitorare la situazione: ricorda che le sembrava di vedere un acquario gigantesco.

“A quel punto dovevamo prendere una decisione importante: uscire di casa o trasferirci sul tetto, dove c’erano già altre persone. Avevo però molta paura all’idea di salire sul tetto perché ero con i miei figli e temevo che potessero scivolare. Allora abbiamo deciso di uscire di casa e scappare; siamo scesi e siamo scappati dalla finestra. Col senno di poi, ripensandoci, è stata una decisione molto rischiosa perché quando siamo usciti le macchine galleggiavano già e abbiamo rischiato di essere investiti da una di loro”.

Anita: “La corrente era molto forte quindi ci siamo aggrappati ad un cancello legati insieme, avevo tanta paura. Mio padre era scalzo e mio fratello indossava solo pantaloncini e avevamo davvero, davvero freddo.

Loreta: “Appena siamo riusciti ad uscire dalla strada, è arrivato un nostro amico con delle coperte, eravamo bagnati fradici e l’acqua era gelata. Stavo tremando… ho avuto freddo per giorni.

Sei riuscito a proteggere qualcosa? Hai perso qualcosa di importante per te?
Loreta: “Durante la fuga ho istintivamente salvato il telefono che uso per lavoro; Ho anche ricevuto una chiamata da un paziente che viveva nelle vicinanze. Nei giorni successivi un nostro amico ci ha ospitato e ci ha prestato dei vestiti per poter tornare al lavoro. Prima di scappare abbiamo avuto circa 10 minuti per fare su e giù: abbiamo preso documenti, telefoni e scarpe”.

Anita: “Abbiamo salvato il ferro, ricordi?” (Ridono pensando che avrebbero potuto tranquillamente lasciare il ferro e chiedendosi chi di loro lo avesse preso e per quale motivo)

Loreta: “Mi è dispiaciuto solo perdere una cosa: avevo un mobile con una radio antica e un giradischi appartenuto alla mia bisnonna; era un ricordo di famiglia che custodivo così tanto.

Anita: “Ero molto legata alla cucina, ne ero davvero appassionata. Quando l’ho vista portare via dal braccio meccanico (alla fine dell’alluvione, quando i mobili distrutti erano accatastati fuori dalle case, ndr) sono rimasto deluso, perché per me la cucina rappresenta la Casa, i momenti trascorsi insieme mangiando e cucinato.”

Nella vostra zona è intervenuta la protezione civile?
Loreta: “Oh sì, questa strada era il centro di tutto; il video di Romagna Mia è stato girato in questa strada, del bambino salvato, dell’avvocato tirato fuori dalla cantina… sia la protezione civile che la Croce Rossa ci hanno aiutato tantissimo, senza dimenticare i tanti volontari”.
Cosa ne pensate del loro intervento? Avreste potuto utilizzare più risorse e personale o vi è sembrato di aver fatto tutto il possibile?
Loreta: “Sono stati bravissimi, disponibili; hanno fatto tutto il possibile”. Anita: “E anche di più!”

Quando hai visto l’acqua salire in strada e in casa, ti sei rifugiato o sei rimasto a casa il più possibile per salvare quante più cose potevi?
Loreta: “Siamo scappati perché non ci sentivamo sicuri a casa”.

Anita: “È stata l’unica volta in cui non mi sono sentita al sicuro a casa mia… e ora non mi sento più sicura come prima, soprattutto quando piove. E a maggio sarà un anno e il mio pensiero tornerà sicuramente all’anno scorso”.

Qual è stata la prima emozione che hai provato quando hai visto l’esito dell’alluvione?
Anita: “Non l’ho visto; Ero ospite a casa di un compagno di classe, per fortuna non ho visto nulla per diversi giorni. Ma ho sentito subito la preoccupazione di non poter tornare a casa, di non ritrovare la normalità”.

Loreta: “Eravamo in uno stato confusionale, non riuscivamo a identificare bene le emozioni e forse avevamo anche poco tempo per provarle. Fin da subito ho pensato “ok, siamo salvi, andiamo avanti, ora pensiamo a ricostruire”. Più che spazio alle emozioni, mi sono dato il tempo di pormi una domanda: e adesso? Da dove cominciamo? Vedere gli altri e le immagini in televisione ci ha fatto sentire meglio in un certo senso; pensavamo che non eravamo soli e che condividendo il peso e lavorando insieme avremmo trovato la forza per superare tutto”.

C’era qualcuno con te quando l’acqua ha iniziato a entrare in casa tua? Loreta: “Eravamo in quattro, mio ​​marito e i miei due figli”.
Quante persone sono venute ad aiutarla? Chi erano? Li conoscevi?

Loreta: “In media c’erano 30 persone ogni giorno per 3 giorni consecutivi, quindi direi un centinaio in totale. Molti amici, sia miei che dei miei figli, e molti sconosciuti; molti provenivano anche da fuori città. Voglio ricordare un pompiere in pensione che arrivò da Roma, entrò in casa, prese la pala e si mise a lavorare. L’ho visto, mi sono avvicinato e l’ho ringraziato; è scoppiato in lacrime e mi ha abbracciato forte, mi ha detto che quando ha visto quello che era successo non ha potuto fare altro che seguire il suo impulso, perché era suo dovere venire. Ricordo anche Fabio, un ragazzo pugliese che vive a Cesena, che lavorava

in casa nostra 12 ore al giorno, non mangiava né riposava mai e faceva una sorta di “capocantiere”; ci sgridava addirittura se toccavamo oggetti che aveva appena pulito, la nostra casa era diventata casa sua. Ripeteva sempre “non vi lascerò soli”. Sono venuti anche i giocatori del Cesena Calcio, i professori dell’Istituto Comandini e Pascal. Un gruppo di Arezzo ha portato un trattore e una ruspa con un camion. Mio marito è tifoso della Sampdoria e il gruppo di tifosi della Magna Romagna ci ha regalato una lavastoviglie nuova. Poi è uscito un articolo sul Corriere della Sera e da quel momento ho iniziato a ricevere tantissime telefonate da tutta Italia: tanti giornalisti ma anche tante persone, che continuamente mi mandavano foto di mobili chiedendomi cosa serviva, e chi organizzava le raccolte da tutte le parti. Ci hanno invitato da tutta Italia per ospitarci; è stata una cosa impressionante, che non mi sarei mai aspettato. Ci sono state molte disgrazie prima della nostra e mi chiedevo davvero cosa rendesse questa diversa, cosa abbia portato a questa mobilitazione collettiva così potente e bella”.

Questa tragedia ha cambiato il tuo carattere e il tuo modo di affrontare la vita?
Loreta: “Sì, certo. È proprio vero che nella vita non conta tanto quello che ti succede ma come reagisci; quando succedono queste cose bisogna trovare la forza di ricominciare. Il danno è stato sicuramente materiale e sicuramente recuperabile, ma il danno emotivo si attenua quando hai intorno tante persone che ti aiutano a superare le tue preoccupazioni. La solidarietà delle persone e il loro calore hanno riparato il danno emotivo al 100%”.

Hai stretto un legame più forte e speciale con i tuoi vicini o con coloro che sono venuti ad aiutarti? Hai aiutato qualcun altro? Loreta: “Abbiamo sviluppato nuove amicizie e nuovi legami; anche con i nostri vicini ora siamo molto più vicini. In particolare con il nostro vicino, che aveva appena finito di ristrutturare la sua casa, con il quale ora abbiamo un rapporto molto più stretto. La vicinanza delle persone è ciò che ha fatto la differenza: la loro forza è diventata la nostra forza. Se fossimo stati soli le cose sarebbero andate molto diversamente, non ce l’avremmo fatta”.
Anita: “Sono andata anche ad aiutare altre persone nelle loro case e ora mi sento molto più parte di questa comunità”.

Sei riuscito a reagire in quel momento difficile? Se sì, cosa ti ha dato la forza di reagire? Loreta: “L’aiuto delle persone che erano qui con noi, che come ho già detto è stato determinante e ha fatto la differenza”.

Nonostante la tragicità dell’evento, siete riusciti ad ottenere delle considerazioni positive?
Loreta: “Le persone, soprattutto i giovani, mi hanno fatto sentire che c’è ancora del buono nell’umanità. Credo però che siano emerse molte cose negative: i problemi legati alla costruzione in prossimità del fiume, alla manutenzione dell’argine, alla prevenzione, alla gestione di questa situazione. Quando abbiamo comprato una casa qui non pensavamo nemmeno a questi problemi. Ma sicuramente il pensiero positivo che porto con me è che le persone possono fare la differenza”.
Anita: “Sono d’accordo, ma credo che questa solidarietà debba esistere a prescindere dalle alluvioni; dovremmo essere gentili e disponibili verso gli altri senza dover aspettare di vivere tragedie o morire. La solidarietà e l’attenzione per gli altri dovrebbero essere la nostra normalità anche nei momenti belli”.

Matteo Basso

 
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