Nel Veneto quasi quattromila persone sarebbero morte a causa dei PFAS – .

Nel Veneto quasi quattromila persone sarebbero morte a causa dei PFAS – .
Nel Veneto quasi quattromila persone sarebbero morte a causa dei PFAS – .

Un decesso in più ogni tre giorni: così si può sintetizzare quanto emerge da un nuovo studio calcolato l’aumento della mortalità dal 1985 al 2018 all’interno dell’area rossa veneziana: l’area che comprende 30 comuni e le province di Vicenza, Padova e Verona dove le sostanze PFAS hanno avvelenato centinaia di migliaia di persone. La ricerca – condotta da scienziati dell’Università di Padova, sottoposta a peer review e pubblicata sulla rivista scientifica Salute ambientale – è stato commissionato dalla Regione Veneto e grazie al contributo del Servizio Statistico dell’Istituto Superiore di Sanità e del gruppo Mamme NO PFAS, ha evidenziato come in 34 anni è come se la popolazione complessiva dei comuni di Orgiano e Asigliano avesse scomparso, dimostrando per la prima volta l’associazione causale tra esposizione a PFAS ed elevato rischio di morte per malattie cardiovascolari. “Il risultato è stato pesante”, ha commentato una portavoce del gruppo Mamme NO PFAS.

I Pfa sono un gruppo che raccoglie oltre 10.000 molecole di sintesi non presenti in natura, utilizzate in diversi processi industriali per la realizzazione di prodotti come padelle antiaderenti o alcuni imballaggi alimentari. Essendo molecole altamente stabili, non si degradano brevemente nell’ambiente e sono state definite “inquinanti eterni”. L’esposizione ai PFAS è stata associata a problemi alla tiroide, diabete, danni al fegato e al sistema immunitario, cancro ai reni e ai testicoli e effetti negativi sulla fertilità e dal novembre 2023 le sostanze sono riconosciute anche come cancerogene. I PFAS sono già stati rilevati in Veneto – dove il problema è così grave che anni fa perfino l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite inviò una delegazione – nelle acque potabili di Lombardia e Piemonte.

Come spiegato da Annibale Biggeriprofessore del Dipartimento di Scienze cardio-toracico-vascolari e Sanità pubblica dell’Università di Padova, la ricerca si è svolta in collaborazione con il Registro Tumori dell’Emilia-Romagna, il Servizio Statistico dell’Istituto Superiore di Sanità e con il contributo di scienza del cittadino del gruppo Mamme NO PFAS e ha rilevato che, per la prima volta, i dati forniti dimostrano formalmente un’associazione tra esposizione a PFAS e mortalità per malattie cardiovascolari, evidenziando anche la correlazione tra tumore del rene e tumore del testicolo e PFAS nella popolazione veneta dei contaminati la zona. «Nei 34 anni tra il 1985 – considerato come data di inizio della contaminazione dell’acqua – e il 2018 – ultimo anno di disponibilità di dati di mortalità specifici per causa – nella popolazione residente in zona Rossa abbiamo osservato 51.621 decessi contro i 47.731 attesi», spiega Biggeri, che aggiunge: «Si tratta di 3890 morti in più rispetto al previsto, cioè un morto in più ogni 3 giorni. Abbiamo trovato prove di un aumento della mortalità per malattie cardiovascolari, in particolare malattie cardiache e cardiopatie ischemiche, e malattie neoplastiche maligne, tra cui il cancro del rene e il cancro ai testicoli. E il il trend è in crescita soprattutto tra i più giovani, dove abbiamo riscontrato un aumento della mortalità per cancro. Degno di nota è anche il fatto che si riscontra un effetto protettivo nelle donne in età fertile, probabilmente dovuto al trasferimento dei PFAS alla prole”.

Queste evidenze, secondo il gruppo Mamme NO PFAS e alcune riviste critiche dei consumatori, dovrebbero essere decisive per avviare lo studio di coorte già promesso dalla Regione nel 2016, ma mai avviato. Michela Zamboni, delle Mamme NO PFAS, ha dichiarato: «Il risultato è stato pesante. Avevamo già il dubbio che ci fosse un aumento della mortalità, e non solo. Sembra essere aumentata anche l’incidenza di alcune malattie: problemi alla tiroide, deficit di attenzione nei bambini, neonati con basso peso alla nascita, aborti in gravidanza, tumori, infarti. A volte ci siamo detti che in tutto il mondo va così, ma poi questo studio, almeno sulla mortalità, rispetto alle zone vicine, ci dice che non è così, e che la causa è la contaminazione da Pfas. Per questo sarebbe importante sbloccare lo studio di coorte approvato dalla Regione nel 2016 e mai avviato, per fare lo stesso lavoro sull’incidenza delle patologie”. Riguardo ai filtri anti-PFAS e all’inaugurazione di nuove condotte con l’obiettivo di portare l’acqua da falde acquifere pulite, ha poi aggiunto: «Innanzitutto ci sono ancora famiglie che non sono allacciate all’acquedotto e utilizzano l’acqua dei pozzi, magari non berlo ma usarlo per cucinare o lavare. E poi anche per quanto riguarda le nuove condutture non siamo sicuri di aver sostituito completamente ovunque le vecchie forniture. È vero che i filtri anti-PFAS sono attivi, ma ricordiamo che hanno limiti di rilevazione di 5 nanogrammi per litro, quantità minori potrebbero però depositarsi gradualmente nell’organismo di chi beve l’acqua. Per questo chiediamo il divieto totale della produzione di Pfas in Europa”.

[di Roberto Demaio]

 
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