Gli stati generali della natalità in 5 parole – .

Filippo ha 17 anni e Sabrina Prati, direttore centrale dell’Istat, si chiede perché tutto questo parlare del calo della natalità come un problema: “Se siamo meno in Italia, non stiamo meglio?” Poco prima Adriano, 15 anni, aveva portato la domanda un po’ più lontano e apparentemente l’aveva girata in positivo: “Siamo davvero troppi al mondo?”. Ma forse alla fine anche lui intendeva la stessa cosa, perché ha subito aggiunto “come fanno tutte queste persone a essere sostenibili, alla luce della crisi climatica?”. Anche la questione di Michele, 18 anni, ha un tono serio e preoccupato: «Già oggi per ogni giovane in Italia ci sono due anziani. Tra qualche anno saranno tre. Cosa significherà questo in termini concreti?”. Sono tre le domande che i ragazzi si sono posti questa mattina durante la prima giornata degli Stati Generali di Nascita. Domani altri giovani liceali intervisteranno il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti. Era la promessa di questa quarta edizione: i giovani sarebbero stati protagonisti. Un percorso fatto a scuola, l’analisi e lo studio di documenti e dati sul tema, la partecipazione a un prestigioso momento di confronto e dialogo, con la metà del governo, l’intero schieramento politico, le imprese, l’informazione… tutti presenti. Domande dirette, come forse noi adulti non siamo più capaci di porre. Domande concrete, che collegano i “massimi sistemi” con “me”. Domande preoccupanti, si potrebbe quasi dire oscure: all’interno di quale narrazione, quale lettura della realtà le abbiamo sollevate? È bello vederli protagonisti, ma la prima parola che mi rimane impressa da questo primo giorno degli Stati Generali di Nascita è un colore: “nero”. Questa non è una critica nei loro confronti, sia chiaro: è colpa nostra.

Stati generali di natalità 2024, gli studenti intervistano Sabrina Prati, direttrice centrale dell’Istat

primo nome

“Vergogna vergogna!”. Il Ministro per la Famiglia, la Nascita e le Pari Opportunità Eugenia Roccella è appena salita sul palco quando iniziano i fischi e le urla. Non aveva nemmeno cominciato a parlare quando alcuni ragazzi del pubblico gridavano e mostravano cartelli: “Decidiamo del nostro corpo”. Cadono su di loro fotocamere e smartphone. Gigi De Palo invitato a mandare un rappresentante sul palco.

De Palo è il presidente della Natality Foundation, un gruppo di uomini e donne che fanno altro per vivere ma che hanno dato vita agli Stati Generali di Natalità, inizialmente come vox clamans nel deserto, per richiamare l’attenzione sull’emergenza demografica: «È un grande sforzo ma continuiamo a farlo affinché domani nessuno possa dire che abbiamo tutti messo la testa sotto la sabbia, ma non noi», ha detto in apertura la mattina. Inizialmente sembra che nessuno voglia salire, “vi diamo un’opportunità”, ripete De Palo, poi sul palco appare una ragazza.

Un momento della protesta contro il ministro Eugenia Roccella

Viene invitata a dialogare con il ministro Roccella, che si avvicina con atteggiamento colloquiale, i ragazzi ripetono il loro “decido io” e il ministro dice «siamo d’accordo. Nessuno dice che qualcun altro debba decidere sul corpo delle donne. Per questo siamo qui… perché oggi le donne non sono libere di decidere del proprio corpo, non sono libere di decidere di avere un figlio se lo desiderano”. Tiene gli occhi bassi, non guarda nessuno in faccia. “Come ti chiami?” le chiede De Palo. Lei non risponde. «Nei giorni scorsi ho provato a contattarti su Instagram, non mi hai risposto», racconta. Il suo sguardo è incollato allo smartphone, non lo solleva mai. Si legge – grida – un’affermazione: «la maternità diventa l’unico obiettivo auspicabile di vita la cui vera motivazione, nascosta dietro la triade consacrata di Dio, patria, famiglia, consiste nella creazione di nuovo capitale umano per alimentare il sistema capitalista» . E anche: “C’è un genocidio in corso e vogliono che abbiamo figli”.

Ci ripetiamo sempre che dare spazio alla partecipazione autentica dei bambini implica l’accettazione di “perdere il controllo sul processo”: altrimenti è solo artificio. Ma la seconda parola che mi resta è “nome”: per partecipare e dialogare bisogna mettersi in gioco. Altrimenti è solo una finzione.

censura

Cerchiamo di andare avanti, vorrebbe rispondere la ministra Eugenia Roccella, i manifestanti continuano a scandire i loro slogan. Jessica Barcella, all’ottavo mese di gravidanza, una libera professionista, prova a parlare: vorrebbe parlare del “percorso a ostacoli” iniziato quando sul test di gravidanza sono apparse le due linee che indicavano l’esito positivo. «Non chiedo allo Stato di assumersi la responsabilità delle scelte professionali “rischiose” che ho fatto nel tentativo di non tradire quella ragazzina di 17 anni che voleva tutto dalla vita, ma ricordiamoci che oggi molte persone hanno percorsi professionali che non possono essere incasellati in un lavoro a tempo indeterminato e in un periodo di tempo determinato”, afferma. I manifestanti continuano a fare rumore, i giornalisti continuano a filmarli.

Il ministro Roccella abbandona l’evento, “nella speranza” che questo serva a calmare le acque, a dare alle altre persone sul palco “la possibilità di parlare”. Adriano Bordognon, presidente del Forum Famiglie, fa un breve intervento, poi tutto viene sospeso per dieci minuti. Poche ore dopo, il ministro Roccella scriveva in una nota amara che «Ho scelto di uscire dagli Stati Generali di Natalità per permettere alle persone che erano sul palco con me, una mamma incinta di otto mesi che ha reso la sua testimonianza e il presidente del Forum delle famiglie Adriano Bordignon, poter parlare senza subire la mia stessa sorte di censura. Anche questo non bastò. […] Non era solo una censura nei miei confronti o nei confronti del governo, ma una profonda ostilità verso la maternità e la paternità, verso chi decide di mettere al mondo un figlio, esercitando la propria libertà e senza togliere nulla alla libertà degli altri. Insomma, ciò che viene contestato, alla fine, è la maternità come libera scelta”. Siamo davvero arrivati ​​lì? Mah.

libertà

A inizio mattinata Gigi De Palo aveva costruito il suo (bellissimo) discorso introduttivo su quattro parole: tempo, libertà, squadra, storia. Il tempo che non abbiamo più, l’urgenza di passare dalle analisi ai fatti. La consapevolezza di essere chiamati, tutti noi, in questo momento a cambiare la storia. Il lavoro di squadra necessario per farlo, senza campanilismi, senza voler issare bandiere, senza divisioni, senza polemiche: «La natalità è una questione che unisce, non che divide. Fare polemica sulla natalità è il modo migliore per crearsi alibi per restare fermi”, ha detto De Palo senza poter immaginare cosa sarebbe successo un quarto d’ora dopo.

Ma soprattutto insisteva sulla libertà: «Non si tratta di convincere i giovani o le donne ad avere figli. Non ci interessa convincere nessuno e chi ci accusa di questo non ha capito il lavoro che stiamo svolgendo. Si tratta di mettere i giovani, le donne e le famiglie nella condizione di realizzare i propri sogni. Per questo diciamo che è un tema di libertà. Si tratta di mettere ognuno nella condizione di decidere liberamente cosa vuole fare. Chi non vuole un figlio è libero di non volerlo. Chi vuole un figlio, però, oggi in Italia non è libero di farlo, perché avere un figlio è la principale causa di povertà. Quindi non è vero che siamo liberi. Questo è davvero un problema di libertà. Per questo non abbiamo mai banalizzato la natalità in “fare figli” ma insistiamo tanto sulla parola libertà. […] Non abbiamo bisogno che i bambini paghino le pensioni. I figli sono desiderio, dono, sono il segno che un Paese torna a sperare, a desiderare. I figli non devono essere né un dovere né un lusso, ma una libertà”. La quarta parola non può che essere questa, libertà.

Europa

La quinta e ultima parola è l’Europa. La mattinata, dopo il colloquio con il direttore dell’Istat, prevede colloqui con e tra i politici. Il ministro è qui Alessandra Locatelli (Lega), il viceministro Maria Teresa Bellucci (Fratelli d’Italia), Marco Furfaro (Pd), Elena Bonetti (Azione), Maria Elena Boschi (Italia Viva). Giuseppe Conte (Movimento 5 Stelle) e Antonio Tajani (Forza Italia) ha inviato un videomessaggio.

Il panel dedicato alla politica

Il governo rivendica i 2 miliardi stanziati per le famiglie, l’attenzione congiunta sui due poli della questione demografica, natalità e anziani, l’impegno a snellire la burocrazia. Elena Bonetti sollecita l’emanazione dei decreti attuativi previsti dal Family Act e chiede che le spese sostenute dalle famiglie per crescere i figli siano riconosciute come contributo dato al Paese e restituite con tassazione negativa. Maria Elena Boschi chiede di investire di più sullo smartworking e sulle risposte per le badanti. Da più parti – governo, opposizione, associazioni – arriva l’appello a portare la partita in un altro campo, quello europeo. Il primo a parlarne è stato Adriano Bordignon al Meeting di Rimini dello scorso agosto: Da qualche settimana è un argomento sulla bocca di tutti (ne parliamo ampiamente con Bordignon, De Palo e il demografo Alessandro Rosina anche nel numero di VITA dedicato alle prossime elezioni europee). Oggi le parole più esplicite al riguardo sono state pronunciate da Marco Furfaro (Pd): «L’Europa ha approvato un patto di stabilità secondo il quale dal calcolo del debito pubblico sono escluse le spese militari e per gli armamenti, ma non quelle per la famiglia. È incomprensibile. Combattiamo insieme per questo”.

Abbiamo il numero della rivista VITA “L’Europa da rifare” è dedicato alle questioni sociali più rilevanti da approfondire in vista delle elezioni europee del prossimo giugno. Se sei abbonato o iscritto a VITA puoi leggerlo subito da qui. E grazie per il supporto che ci dai. Se vuoi leggere la rivista, ricevere i prossimi numeri e accedere a contenuti e funzionalità dedicate, iscriviti qui.

 
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