L’odissea di Maysoon: l’incidente probatorio viene saltato perché il testimone non si trova. L’avvocato: «Mi ha risposto subito»

L’odissea di Maysoon: l’incidente probatorio viene saltato perché il testimone non si trova. L’avvocato: «Mi ha risposto subito»
L’odissea di Maysoon: l’incidente probatorio viene saltato perché il testimone non si trova. L’avvocato: «Mi ha risposto subito»

Dopo più di quattro mesi Maysoon Majidi è ancora in prigione. L’attivista per i diritti delle donne curdo-iraniane, arrivata sulle coste calabresi insieme ad altri 77 migranti il ​​31 dicembre, è accusata di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Secondo la Procura di Crotone avrebbe ricoperto il ruolo di “secondo capitano” dell’imbarcazione. Il 27enne regista teatrale è tuttora detenuto a Castrovillari sulla base di dichiarazioni smentite dagli stessi denuncianti a causa di “una traduzione errata”. Oggi in Calabria uno dei testimoni, che si trova in un campo profughi in Germania, avrebbe dovuto spiegare alla Corte di non aver mai accusato Majidi. Eppure l’udienza per l’acquisizione anticipata delle prove è stata rinviata perché il testimone «non è stato trovato dalla guardia di finanza italiana», racconta Aprire il suo avvocato, Giancarlo Liberati. Al termine dell’incidente probatorio, conclusosi con un nulla di fatto, l’avvocato ha però mostrato come il testimone – dichiarato irreperibile pochi minuti prima – potesse essere contattato telefonicamente. «Ho fatto una videochiamata davanti agli attivisti presenti fuori dal Tribunale, Hosenzadi che mi ha subito risposto – spiega la difesa -. Non capisco come sia possibile che gli inquirenti non siano riusciti a trovarlo”. La sua testimonianza, secondo Liberati, «è decisiva» poiché l’uomo ha spiegato al legale di non aver mai accusato il ventottenne.

«La Procura di Crotone non ha prove»

Una volta rimosse le dichiarazioni dei due testimoni (che «non possono essere ammesse» in una fase successiva poiché «la richiesta di udienza istruttoria è stata avanzata dal Pubblico Ministero dopo due mesi») non ci sarebbero più, secondo l’avvocato, prove contro l’attivista iraniano. Gli inquirenti hanno a disposizione un solo video, ritrovato all’interno del cellulare di Majidi, in cui la stessa giovane comunica alla famiglia l’imminente sbarco sulle coste italiane l’ultimo giorno dell’anno 2023. «Dato che l’ha filmato vicino al timone – spiega Libero te stesso -, secondo la procura, è complice del contrabbando. Ho trovato però un altro video sui social in cui si vedono i veri autori del reato, mentre Maysoon non compare mai – continua -. E il fatto che sia salita sul tetto della barca per prendere una boccata d’aria perché era malata a causa delle mestruazioni non basta per accusarla di essere una “scafista”. Il legale ha annunciato che presenterà la richiesta di arresti domiciliari per l’attivista: “Abbiamo già trovato il domicilio e la Procura ha già detto che darà parere contrario”.

Nota di Amnesty International al Tribunale di Crotone

In occasione dell’udienza davanti al Tribunale di Crotone, gli attivisti del comitato “Maysoon libera” e della rete 26 febbraio, nata dopo la tragedia di Cutro, hanno organizzato un sit-in per chiedere la liberazione di Majidi. Anche Amnesty International è intervenuta con una dichiarazione: «Abbiamo avuto l’opportunità di documentare come, durante la rivolta del movimento “Woman Life Freedom” nel 2022, le forze di sicurezza iraniane abbiano utilizzato lo stupro e altre forme di violenza sessuale per intimidire e punire le persone che scendevano sul sentiero dimostrare, anche a soli 12 anni”. Le drammatiche testimonianze rappresentano «solo una parte del sistema repressivo attuato dalle autorità iraniane, che utilizzano la violenza sessuale per reprimere proteste e dissenso e per aggrapparsi al potere a tutti i costi. Le persone sopravvissute – prosegue la nota firmata dal direttore generale dell’organizzazione in Italia – sono rimaste senza possibilità di presentare ricorso o di chiedere risarcimenti. Per loro – sottolinea – solo impunità istituzionalizzata, silenzio e molteplici cicatrici fisiche e psicologiche che hanno lasciato segni profondi”.

Alla luce di questi elementi e dell’attività svolta da Majidi a favore dei diritti delle donne e della minoranza curda, «Amnesty teme per la sua incolumità e chiede che siano garantiti i suoi diritti fondamentali e – conclude – le eventuali cure mediche necessarie». La ventottenne è fuggita dall’Iran dopo che la polizia morale iraniana l’ha ritenuta coinvolta nell’organizzazione di proteste contro il regime degli ayatollah di Teheran. È stata doppiamente discriminata in quanto donna e in quanto membro della minoranza curda. Fuggita nel Kurdistan iracheno, Majidi ha capito che non avrebbe ottenuto il permesso di soggiorno e che sarebbe stata estradata in Iran. Decide quindi di prendere la rotta ionica e di fuggire via mare verso l’Italia insieme al fratello. Lo scorso 23 aprile il suo avvocato si era recato personalmente in procura di Crotone per cercare il pubblico ministero, Rosaria Multari, per chiederle (di nuovo) di interrogare l’imputata. La sua richiesta è stata respinta. «Maysoon sta molto male, ha perso 14 kg. Ancora oggi non capisce – sottolinea Liberati – quali accuse le sono state rivolte, preferisce affrontare il carcere o pene maggiori in Iran dove conosce la sua colpevolezza”. Lei è quella di essere donna e di voler vivere la sua vita da persona libera.

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