“Meritavamo un altro scudetto, vi racconto come ho gestito quella Lazio. Domenica…” – .

“Meritavamo un altro scudetto, vi racconto come ho gestito quella Lazio. Domenica…” – .
“Meritavamo un altro scudetto, vi racconto come ho gestito quella Lazio. Domenica…” – .

L’ex tecnico biancoceleste ripercorre il suo periodo a Roma, dove domenica prossima è atteso per l’ultima sfida contro il Sassuolo

È atteso a Roma domenica all’Olimpico per la partita tra Lazio e Sassuolo, ma Sven-Goran Eriksson Ancora non chiarisce ogni dubbio. L’ex allenatore biancoceleste ha parlato ai microfoni di TVPlay, queste le sue parole. “Domenica a Roma? Penso di sì, ci sarò, ma non ho ancora deciso al 100%. Quasi sicuramente sarà così, penso che sarà anche una bella partita. Quando ero alla Lazio mi svegliavo felice ogni mattina, ero felice di andare a lavorare. Quella non era una squadra forte, ma molto forte. C’erano tutti campioni, tutti giocavano con la Nazionale. Abbiamo vinto in modo speciale, per qualche anno siamo stati tra i migliori club d’Europa. Avremmo potuto vincere uno scudetto in più, quello perso l’anno prima contro il Milan. Avremmo dovuto vincerlo, ma abbiamo ottenuto tanti altri successi.

Inzaghi sta facendo un ottimo lavoro con l’Inter. È un allenatore giovane che ha ancora tanti anni davanti a sé. Ogni allenatore ha le sue qualità. Alcuni sono più bravi tatticamente, altri nel dare forza ai propri giocatori. Sono stato bravo a creare un gruppo forte, in cui i giocatori avevano voglia di vincere insieme. Non è facile gestire i giocatori, ma l’importante è parlare la loro lingua, farsi accettare e comprendere. Ognuno ha un temperamento diverso, nella Lazio ogni singolo giocatore voleva vincere. Abbiamo lavorato bene, era un gruppo forte, non ho avuto problemi a gestire la rosa. Se avessero voluto avrebbero potuto fare un gran casino. Ma nessuno lo ha fatto perché tutti volevano la stessa cosa: vincere. E così hanno accettato di stare in panchina, di essere sostituiti, sapevano che non potevano giocare tutti contemporaneamente. Anche per questo le cose andavano bene.

Quando ero Ct dell’Inghilterra a volte pensavo: ‘Ho avuto ragione o torto a lasciare la Lazio?’ Ma l’Inghilterra era una nazionale molto prestigiosa. Il lavoro da allenatore è diverso, in Nazionale c’è poco tempo, in società stai con i giocatori tutti i giorni. Ho visto ieri la Lazio, quando guardo le partite penso ancora come un allenatore, mi piace osservare i sistemi di gioco. La malattia? Avevo iniziato un nuovo lavoro in Svezia come DS, dopo una settimana c’è stata la diagnosi, ho dovuto smettere di lavorare per curarmi. Cominciarono a circolare speculazioni su di me, sul motivo per cui avevo smesso. Allora ho fatto un’intervista alla radio e ho parlato della mia malattia, un tumore che non si cura. Era meglio così, bloccavo ogni possibile domanda. Pazienza. Voglio vivere ancora a lungo, ci provo, vediamo. Sto abbastanza bene…”.

 
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