“Il giorno della festa in città era puro caos. I nostri successi possono far sorridere la gente” – .

“Il giorno della festa in città era puro caos. I nostri successi possono far sorridere la gente” – .
“Il giorno della festa in città era puro caos. I nostri successi possono far sorridere la gente” – .

Alessandro Circati è tornato nella sua casa di Perth, dove è sceso in campo con la nazionale australiana nella vittoria per 5-0 contro la Palestina. Per l’occasione il Perth Soccer Club, la squadra dove Alessandro ha mosso i primi passi, ha ospitato il difensore crociato nella puntata settimanale del podcast. Circati torna a parlare della grande festa per il ritorno del Parma in Serie A: “Abbiamo festeggiato tanto. La prima volta con la promozione, poi quando abbiamo vinto il campionato e poi a fine stagione. Il giorno della promozione giocavamo in trasferta a Bari. Quando siamo tornati a Parma siamo atterrati all’aeroporto, c’erano duemila persone e pioveva. Non riuscivamo a passare con l’autobus così siamo usciti sotto la pioggia per cantare due cori, sventolare bandiere e fumogeni. Poi siamo andati in centro in autobus, abbiamo percorso un corridoio tra i tifosi e siamo arrivati ​​ad un ristorante che aveva il balcone che dava sulla piazza con tutta quella gente. La domenica successiva giocammo la partita per chiudere al primo posto il campionato. Eravamo in dieci dopo 10 minuti, serviva un pareggio o una vittoria. Loro hanno sbloccato il risultato con un gran gol ma poi abbiamo pareggiato, è finita 1-1. C’è stata festa, abbiamo alzato il trofeo, le famiglie si sono unite a noi in campo. Sono ricordi che porterò con me per sempre. Dopo la partita c’è stato il corteo tra i tifosi e c’era ancora più gente, davvero tantissima. Il mercoledì della promozione era l’una di notte, sotto la pioggia, dovevano esserci cinquemila tifosi. Quel giorno però vincemmo il trofeo in casa, lo stadio era tutto esaurito, le strade erano piene di gente, era caos puro, si sentiva la gioia dei tifosi. Finalmente una settimana dopo abbiamo giocato l’ultima partita, eravamo tutti ancora entusiasti, abbiamo giocato con meno pressione. E abbiamo fatto una vacanza insieme, ce la siamo meritata”.

Il supporto in Europa è più appassionato che in Australia: “Forse la stessa persona che prima ti criticava poi arriva a ringraziarti mesi dopo. Gioco perché è quello che mi piace fare e perché voglio vincere, ma poi ti rendi conto che questo può portare un sorriso, puoi rendere un anno fantastico per i tifosi”.

Il rapporto con la pressione: “La pressione fa parte del lavoro, come ogni lavoro ci sono pro e contro. Vieni giudicato per tutto quello che fai, ma quando fai bene vieni premiato e questo ti stimola a cercare di fare ancora meglio. Quando si commette un errore, però, è normale che non sia così. Da bambino giudicavo anche le prestazioni dei giocatori. Le critiche non sono fatte per cattiveria ma per passione”.

Nel calcio moderno, con il VAR è cambiato il ruolo del difensore: “La difesa ormai è diventata come la palla avvelenata, non puoi più toccare gli avversari. Cerco di non intervenire troppo spesso, quando sei costretto a intervenire significa che hai sbagliato. In area devi accompagnare l’attaccante lontano dalla porta, il contrasto è l’ultima risorsa, fuori area è diverso. In area con il VAR non devi toccare l’avversario, perché non sai come verrà percepita in tv l’entità del contatto, rischi di avere sempre un rigore a tuo carico. Il calcio sta diventando questo e io mi adeguo, cerco di fare meno interventi possibili in area”.

Sui suoi primi mesi a Parma, ancora giovanissimo: “Avere una famiglia italiana probabilmente mi ha aiutato molto, posso immaginare quanto sia complicato per un ragazzo che non ha parenti nelle vicinanze e non sa parlare la lingua. Lì avevo dei parenti, ho trascorso il primo anno con loro, e anche parlare la lingua mi ha permesso di fare subito amicizia in squadra. Bisogna tenersi sempre occupati, quando sei solo a casa rischi di finire per pensare troppo”.

 
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