Spese pazzesche, Scialfa condannato dalla Corte dei Conti. Risarcirà la Regione Liguria con 117mila euro – .

Spese pazzesche, Scialfa condannato dalla Corte dei Conti. Risarcirà la Regione Liguria con 117mila euro – .
Spese pazzesche, Scialfa condannato dalla Corte dei Conti. Risarcirà la Regione Liguria con 117mila euro – .

La prima sentenza che pone fine alla pena penale per Nicolò Scialfa è stata pronunciata nel gennaio 2022 dalla Corte di Cassazione, con due anni e quattro mesi di reclusione. Sembrava che avesse saldato il suo conto con la legge. Ma no. Per l’ex professore e preside, molto stimato nell’ambiente scolastico, ma finito nei guai con la giustizia quando entrò in politica e divenne consigliere e vicepresidente del consiglio regionale, arriva un altro duro colpo: condannato dal Corte dei conti per compensare il Regione con 117mila euro, di cui circa 39mila per danni materiali e 78mila per danni all’immagine perché “aveva generato nella comunità un’idea negativa dell’operato del Consiglio Regionale”.

Parliamo di uno dei tanti capitoli di “spese pazze” dei consiglieri regionali, con vari filoni esplosi nel 2014. Quello riguardante Scialfa si tratta degli ex esponenti del gruppo Italia dei Valori, nella legislatura 2010-2015 (Consiglio Burlando). Con lui sono finiti sotto inchiesta Marylin Fusco, Maruska Piredda E Stefano Quaini. Va ricordato che Scialfa è finito agli arresti domiciliari per 6 mesi.

Saldato il conto con la giustizia penale e dopo la sospensione in mandante, la contabilità presenta ora l’accusa, con un atto di citazione del settembre 2023 firmato dal sostituto procuratore generale Adriano Gribbaudo e la condanna (di primo grado) del 7 marzo scorso: “…per rimborsi di spese non dovute per gli anni 2010 e 2011 da parte del gruppo consiliare Di Pietro-Italia dei Valori”. D’altronde la denuncia per danno patrimoniale da parte della Guardia di Finanza risale al 2014, parallelamente all’attività investigativa della Procura Penale, alla quale ha fatto seguito in primo grado la condanna penale per appropriazione indebita e falso, poi l’appello con la prescrizione delitto di falso; sempre con la Corte di Cassazione nel 2020 aveva disposto un nuovo processo e la sentenza di condanna definitiva nel 2022, sia per Scialfa che per Fusco, “confermando nel resto, e in particolare per quanto riguarda la sentenza di risarcimento a favore dei Regione Liguria” che si era costituita parte civile.

Davanti alla Corte dei Conti l’ex consigliere regionale (assistito dall’avvocato Glauco Stagnaro) ha chiesto il rito abbreviato, ma la Procura ha dato parere negativo. La richiesta sarebbe stata “irricevibile perché vertente su condotte dolose caratterizzate anche dall’arricchimento doloso del danneggiante”. Inoltre, Scialfa aveva chiesto di poter risarcire la Regione con la somma di 58mila euro (il 50% della richiesta risarcitoria richiesta dalla Procura della Corte dei Conti). Anche in questo caso il suo legale ha contestato la prescrizione, «in considerazione del tempo trascorso dall’effettuazione della spesa e della piena cognizione dei fatti»: cioè più di 5 anni a partire dal 2014. Il pubblico ministero, però, ha contestato it, motivandolo: “Il diritto al risarcimento… in caso di doloso occultamento del danno, si prescrive dalla data della sua scoperta”.

Va ricordato che sul versante penale spetta il Pubblico Ministero Francesco Pinto (ora sostituto procuratore) e il suo collega Massimo Terrile, aveva formulato l’accusa di peculato riguardo all’utilizzo del denaro pubblico destinato ai consiglieri regionali per viaggi, cene e spese di cancelleria. Anche se i diversi filoni si sono conclusi con tante assoluzioni e prescrizioni.

Un’altra storia per Scialfa e il suo gruppo consiliare. Lui, in particolare, è accusato di aver presentato fatture per decine di bottiglie di vino acquistate in Borgogna “per migliaia di euro”, e di aver chiesto il rimborso anche per quelle acquistate dai suoi amici; per libri “di cui non è chiara l’inerenza” con la sua attività politica e istituzionale; spese per cravatte, sciarpe, profumi, tabacco, argenteria, tintoria, trucco; anche “spese per pelletteria e casalinghi ad Agira, comune di nascita dell’imputato”. Anche se ha fatto appello all’incertezza normativa in materia (fino alla legge del 2012), alla mancanza di linee guida da parte della presidenza del Consiglio regionale. E a nulla è valso ricordare nella memoria difensiva «l’esemplare comportamento lavorativo (del professore e del preside, ed), sempre caratterizzato dal massimo impegno”.

 
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