è il Big Bang dell’arte” – .

Venezia, 17 giugno 2024 – “Sacrificio, determinazione, spiritualità, ricerca continua”. Ecco com’è Gabriele Maquignazl’artista delle “Terre Alte”, nato ad Aosta nel ’72 e cresciuto ai piedi del Cervino, riesce a creare la sua magnum opus Big Bang. Un’esplosione mistica e spirituale in mostra fino al 24 novembre alle Biennale d’Arte di Venezia (Padiglione Nazionale Grenada a Palazzo Albrizzi-Capello), e fino al 6 ottobre ad Aosta, negli spazi della Chiesa di San Lorenzo, con una monografia a lui dedicata dalla Regione autonoma. Altre due mostre sono in programma nei prossimi mesi: dal 4 luglio l’artista sarà presente alla IMAGO Art Gallery di Lugano e a settembre a New York.

Maquignaz, come nasce il suo lavoro Big Bang?

“Big Bang è l’opera madre che racchiude tutto il lavoro della mia vita e, concettualmente, tutto il lavoro che è stato fatto nella storia dell’arte fino ad oggi. È realizzato con un fucile calibro 28 e munizioni rotte. Con quest’arma, da una distanza calcolata e ragionata in base alle dimensioni della tela, spara su un contenitore di colore che esplode, esplode sulla tela e crea simbolicamente e concettualmente per la prima volta nella storia dell’arte la nascita dello spazio- il tempo va a imprimere l’Universo sulla tela può essere considerata un’opera d’arte filosofica mistico informale”.

Gabriele Maquignaz, l’artista di ‘Terre alte’

Qual era l’obiettivo della tua ricerca artistica?

“Capire cosa esisteva prima dell’Universo. Ho intrapreso una ricerca spirituale, mentale e psicologica molto profonda, frutto di 100mila ore di lavoro, in media 17 ore al giorno, dato che ho sempre dormito 5 ore a notte”.

E sei riuscito a trovare una risposta?

“L’arte deve andare oltre la religione ma mi piace immaginare che l’esplosione primordiale sia il frutto della volontà di Dio, una volontà superiore di dare la vita, non una coincidenza scientifica. Credo che prima del Big Bang esistesse Dio, esistesse l’aldilà”.

Cerchi il tuo rapporto con Dio nell’arte?

“Tutto parte da lì. Provengo da una famiglia cattolica, mio ​​zio, don Luigi Maquignaz, era compagno di Papa Wojtyla quando veniva in vacanza in Valle d’Aosta. Da bambino, sotto il Cervino guardandomi davanti mi dicevo “lo spazio non basta più, bisogna superarlo”. Sono sempre stato convinto che esistesse un’altra dimensione dell’animo umano che va oltre la materia, oltre lo spazio-tempo in cui viviamo con il nostro corpo”.

Un'opera di Gabriele Maquignaz (© Stefano Venturini)

Un’opera di Gabriele Maquignaz (© Stefano Venturini)

Philippe Daverio definisce la sua arte come un superamento dello spazialismo di Fontana.

“Il professor Daverio, che è stato un po’ il mio mentore, ha colto un passaggio molto importante. Quando Fontana creò il concetto spaziale, il celebre taglio sulla tela, creò uno spazio nuovo nella storia dell’arte. Ho oltrepassato lo spazio creando, innanzitutto, una simbolica Porta per l’Aldilà, un taglio su tela codificato e ragionato: quando, arrivato nell’aldilà, sparo con il fucile, provocando l’esplosione, concettualmente e artisticamente, nasce lo spazio-tempo. che resta impresso per sempre sulla tela. È qui che avviene il superamento artistico, l’evoluzione, dello spazialismo di Fontana”.

Che messaggio vuoi dare attraverso la tua arte?

“Voglio creare bellezza attraverso l’arte, qualcosa che dia emozioni alle persone ma soprattutto che le faccia riflettere sul senso dell’esistenza umana. Nello scenario attuale, che vede due guerre in corso, ho anche la possibilità di lanciare un messaggio positivo trasformando “un’arma da fuoco in un’arma per la pace”.

 
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