CCCP “in post”. – – .

CCCP “in post”. – – .
CCCP “in post”. – – .
Momento della lettura: 3 minuti
articolo di Francesca Trinca

Ho la melodia di Cosmo che mi rimbalza in testa: “E se te lo dicessi…”

1994, le scarpe sporche di cenere sovietica, Ko De Mondo Per illuminare l’orizzonte tracciando una nuova linea, sono sempre Fedele. Sono passati 30 anni, ho ancora gli stessi anfibi, un concerto dei CCCP e non so se sto sognando.

Di questa serata si può dire tutto e anche il contrario.

Guardo i volti intorno, tanti anziani, ma non solo, è giusto che sia così.

Tutto si celebra e un attimo dopo si calpesta, segno dei tempi direi. Ora che tutto vale, la società liquida, il tratto indefinito, l’ossimoro elevato a categoria immanente.

Attaccano. Pelledoca, voce calda e ieratica di Ferretti, incisività marziale e imperturbabile di Zamboni. Bellissima Annarella. È fatto grasso, derisorio, decadente come sempre. Ombre del passato, stendardi di non so cosa, celebrazioni del fatuo.

Il sound dei CCCP è corposo e il palco è affollato di musicisti di talento che danno corpo a inni transgenerazionali.

Queste sono le canzoni che tutti aspettiamo (tra le altre) Cure me, Dying, Punk Islam, Spara Jurii, Emilia Paranoica, CCCPecc.), curiosità (Vota Fatur, Oh Battler, e la radio suona), preghiere (Mother, Libera Me Domine) e poi, sulla stessa attualità Guerra e Pace La voce di Annarella si affievolisce, l’impianto audio si interrompe e aspettiamo che tutto ricominci.

Si vocifera che il crollo sia dovuto al boicottaggio esterno del contro-concerto punk in corso appena fuori dalla Certosa di Collegno. I ragazzi hanno confezionato un volantino perfetto corredato di foto e teorizzazioni su cui campeggia la domanda “Ma allora, quale Linea?”. Non fa differenza, in effetti.

Ferretti, al suo ritorno, laconico ed elegante, scherza su una possibile strage dovuta all’eccesso di contenuti.

Giovanni Lindo Ferretti photo by Pierpaolo Bottino

Mi sono spesso interrogato sul senso di questo ritorno, cogliendone il valore simbolico nella scelta di palchi come Livorno o Berlino, dubitando, invece, di una tournée estiva diffusa dal nord al sud della penisola, come qualunque altro artista.

Operazione economica? Retromania infinita? Aggiornamento di un fenomeno culturale in realtà fuori dal tempo?

Il senso è proprio qui, nel 2024, tra cori appassionati e volti commossi che guardano increduli il palco scandendo slogan indimenticabili. La teatralità dadaista e l’assurdo insito nella Storia che schiaffeggia chi credeva nell’ideologia.

Noi che eravamo cullati da quell’ideologia, protetti dai colori sbiaditi delle balere, comunisti padani in bianco e nero alla Guareschi, con i piedi immersi nel Po e il retrogusto del Lambrusco in bocca, ora siamo qui, con lo sguardo intontito di chi si sveglia dopo 40 anni di sonno.

Hanno vinto, tra contraddizioni, imprevedibili squilibri politici e ideologici, coerenza di stile, qualità compositiva senza eguali, tra cloni e brutte copie che verranno replicate ancora e ancora.

La linea della Storia, delle moltitudini e degli individui, concentrata nell’hic et nunc, una farsa a tutto tondo, l’avevano già capito, “La Linea C’è”.

E se ti dicessi che i CCCP tornano nel 2024? “Stati di agitazione tra le idee e sulla pelle”.

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