la guerra interna nel calcio – .

la guerra interna nel calcio – .
la guerra interna nel calcio – .

La sensazione che lascia la conferenza stampa post-sconfitta con la Svizzera è una e una sola: la FIGC sta vivendo un periodo molto complicato, forse più complicato della sua storia, pieno di tensioni, come se fosse un castello sotto attacco da più parti; insomma, una FIGC in piena guerra. Non a caso le prime parole del presidente Gravina sono state più rivolte alle polemiche che stanno investendo non solo la sua carica (tra l’altro in discussione, visto che a breve ci sarà il voto per la sua conferma o per un nuovo incarico su cui ha anche evitato di rispondere a una domanda su una sua eventuale ricandidatura…), agli scontri con la politica, i nemici interni ed esterni, ai limiti dell’intervento nelle regole di gestione dei club. A palazzo, nel nostro calcio quindi c’è tensione, altissima, che inevitabilmente si è riversata anche sulla maglia azzurra. Tensione palpabile per la quale al momento non si prevedono chiare soluzioni né dal punto di vista tecnico né da quello politico/interno.

Resta il Commissario Tecnico, ed era ovvio, ma non resta più con la solidità di prima, insomma il Jolly del perdono se la gioca in Germania e la qualificazione ai prossimi Mondiali è un obbligo, anzi, il vero obiettivo il «progetto Spalletti».

Dietro tanta teoria e politica, però, non ci sono cose concrete all’orizzonte per migliorare la situazione. Si parlava ancora del poco spazio che hanno i giovani nel nostro calcio, del fatto che i club stanno lavorando per togliere sempre più spazio alle Nazionali, cose che si dicono da anni e anni, senza che nulla cambi. È stato attaccato un intero sistema, un intero mondo, dimenticando di dire che è lo stesso mondo delle altre Nazionali capaci, a differenza nostra, di produrre talenti di alto livello.

Spalletti ha ammesso di aver sbagliato senza però entrare nei dettagli: nessuna parola su una squadra che ha cambiato 4 moduli e 4 formazioni in 4 partite; nessuna parola sulla mancanza di reazione, anzi, del tutto assente; nessuna parola sulla scelta di mettere Darmian a destra, Chiesa a sinistra, Mancini e Cristante in campo al posto di Bongiorno e Frattesi. Spalletti soprattutto non ha risposto alla domanda sul suo rapporto con la squadra, sullo stato di questo rapporto. Effettivamente il tono, balbettante, per niente guascone, lo sguardo basso (mantenuto per tutta la conferenza stampa ma in particolare in questa parte), uno Spalletti remissivo, molto lontano da quello a cui siamo abituati, da quello a cui ci ha abituato.

Ecco, i due protagonisti della conferenza stampa hanno mostrato un volto diverso. Gravina pronto allo scontro, alla guerra che qualcuno ha scatenato contro di lui. Spalletti invece in tono minore e che, purtroppo, lascia poche speranze. “Diventerò di nuovo più giovane” ha spiegato il tecnico, ancor più di quanto avesse fatto agli Europei.

Purtroppo, questo oggi non basta a rassicurare un’intera nazione che, anzi, si prepara oggi ad assistere forse allo scontro decisivo all’interno degli stadi calcistici.

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