Clamoroso, Alfa Romeo Milano cambia nome dopo lo scontro con il governo – .

Clamoroso, Alfa Romeo Milano cambia nome dopo lo scontro con il governo – .
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Verrà chiamato Juniore niente di più Milano. Spinto dalle polemiche innescate dal ministro Adolfo Urso per la scelta di intitolare la nuova Alfa Romeo Milano nonostante sia costruita in Polonia, Stellantis decise di fare un passo indietro tutt’altro che volontario. Clamorosa, e preoccupante per i futuri rapporti tra il Gruppo e l’Italia, la scelta è stata annunciata ieri pomeriggio.

Giovedì scorso, commentando la presentazione del nuovo modello appena avvenuta, il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, ha affermato che «un’auto chiamata Milano non può essere prodotta in Polonia. Ciò è vietato dalla legge che ha definito l’Italian Sounding nel 2003, una legge che stabilisce che non devono essere fornite informazioni che possano trarre in inganno il consumatore”.

L’Alfa Romeo ha contestato che esista questo tipo di interpretazione della legge riguardo al suo prodotto. «Il nome Milano – spiega il marchio – tra i preferiti dal pubblico, è stato scelto per rendere omaggio alla città dove tutto ha avuto origine nel 1910. Non è la prima volta che l’Alfa Romeo chiede all’opinione pubblica di scegliere il nome di un’auto. Pur ritenendo che il nome Milano rispetti tutti i requisiti di legge, e in considerazione del fatto che esistono questioni di stretta attualità più rilevanti del nome di una nuova vettura, Alfa Romeo decide di cambiare il nome da Milano a Junior, nell’ottica di promuovere un clima di serenità e distensione”.

Jean-Philippe Imparato, L’amministratore delegato dell’Alfa ha aggiunto: «Siamo perfettamente consapevoli che questo episodio rimarrà scolpito nella storia del marchio. Non vogliamo problemi, le polemiche sono sempre nemiche del mercato. E soprattutto quando ti scontri con la politica perdi sempre clienti. Ci occupiamo di automobili, non di politica. Volevamo evitare un’atmosfera non coerente con la tutela del nostro prodotto. Facciamo questo passo indietro non perché lo dice la legge né perché ce lo ha chiesto il governo, ma perché vogliamo ripartire con serenità”.

Nonostante le parole di Giocato, l’umore dell’Alfa Romeo, e di conseguenza della Stellantis, è piuttosto innervosito. E ancora deluso. «Abbiamo rilevato l’Alfa quando non aveva praticamente modelli né futuro. Abbiamo ribaltato la situazione e l’abbiamo resa redditizia. Produciamo 4 modelli su 5 in Italia, ma non basta a tenerci al riparo dalle polemiche. Del resto si sapeva da tre mesi che il nuovo B-SUV si sarebbe chiamato Milano, ma qualcuno si è svegliato per contestare il nome solo il giorno successivo alla sua presentazione ufficiale, quando in realtà ci sarebbero state questioni più importanti da affrontare piuttosto che la nome di un’auto”, ha sottolineato Imparato.
A difesa delle sue ragioni, Stellantis ha anche ribadito ieri che il nome di un’auto non è indice della sua provenienza geografica». E ha portato come esempio altri modelli competitivi, come la Kia Rio e la Sorento, prodotte in Corea; Nissan Murano, prodotta in Russia; Hyundai Santa Fe e Tucson, entrambe costruite in Corea. Inoltre il nome Milano, sempre secondo Stellantis, non trarre in inganno il consumatore sulla provenienza dell’auto che è comunque pensata, ingegnerizzata, testata e omologata in Italia”.
Va inoltre ricordato che la scelta di costruire il nuovo modello dell’Alfa a Tichy, in Polonia, è stata chiaramente motivata da Carlos Tavares a margine della presentazione: «Produrlo in Italia avrebbe comportato costi molto più elevati. Al punto che avremmo dovuto farle pagare 10mila euro in più rispetto ai meno 30mila attuali”.
La nuova Junior segna comunque un altro motivo di forte attrito tra Stellantis e il governo, già alle prese con un difficile rapporto sulla situazione occupazionale e sulle prospettive delle fabbriche nel nostro Paese. Su specifica richiesta, l’Alfa Romeo ha confermato ieri che la Stelvio e la Giulia continueranno a essere prodotte a Cassino «almeno fino al 2026». E in quel “almeno” c’è un pericoloso senso di incertezza sul futuro.

 
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