“Tocca le mie Meninas, non sono arte digitale” – .

“Tocca le mie Meninas, non sono arte digitale” – .
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Las Meninas di Manolo Valdés passeggia imperturbabile davanti alla Basilica di San Marco. Dodici Reina Marianne, una delle quali sarà donata alla città di Venezia, e una monumentale Infanta Margarita – sculture che l’82enne artista valenciano ha reso contemporanee decostruendole dalle fattezze seicentesche di Velázquez – sanciscono fino al 15 giugno la partnership che Valdés ha siglato con la Serenissima, grazie alla Pinacoteca Contini e alla collaborazione del Comune di Venezia, Vela spa e della locale Soprintendenza. Manolo Valdés, sbarcato da New York dove vive e lavora ed è pronto per l’inaugurazione pubblica di Las Meninas in San Marco domani (18.30), ha appena visto l’installazione e, al telefono, commenta: «Che emozione. Il progetto era nella mia testa fin nei minimi dettagli, avevo un’idea precisa del posto di Las Meninas nella piazza, ma dal vivo è un’altra cosa”.

Maestro, saprà che all’indomani del complesso posizionamento delle statue ci sono state diverse polemiche.

“Un classico. Amo realizzare interventi di arte pubblica, ma ci sono aspetti che mi fanno soffrire. Una è quella burocratico-organizzativa, ma qui tutto è andato liscio, grazie a Stefano Contini. Poi ci sono le reazioni delle persone, e questa è la bellezza del gioco.”

Che cosa intende?

«Ti racconto un aneddoto. A New York, nel 2010, mi è stato commissionato di installare una serie di 16 sculture monumentali provenienti dalla zona di Broadway, da Columbus Circle, il quartiere dei teatri e delle gallerie, fino al 166th, una zona socialmente più complicata. Mi sono divertito a seguire il sentiero e, quando sono arrivato alla fine, ho visto un senzatetto che aveva posato il suo cappello su una mia statua. Gli ho chiesto il motivo del gesto e lui mi ha risposto che l’opera era talmente bella che voleva renderle omaggio. È così che funziona con l’arte pubblica”.

Così come?

«Quando si incontra la gente, si scatena una reazione. Da utente succede anche a me. New York è piena di interventi negli spazi pubblici e io, quando vedo qualcosa che mi piace, sono felice. Se non lo apprezzo sto tranquillo: so che è temporaneo e presto verrà rimosso (ride). Per questo sono tranquillo con le mie Menina venete: stanno procedendo per la loro strada, a qualcuno piacerà”.

Anche il Papa potrebbe vederli: Francesco, il primo Pontefice della storia, il 28 aprile visiterà la Biennale d’Arte.

“L’interesse del Papa per l’arte contemporanea è per me straordinario”.

Perché qualcuno riconosce la forma delle Meninas?

«Posso parlare della mia esperienza. L’Infanta Margarita di Velázquez è un’immagine con cui ho avuto a che fare per tutta la vita. Sono spagnolo, ho studiato Belle Arti e il Museo del Prado, da studente, è stato il primo posto in cui sono andato e dove volevo restare e il dettaglio del ritratto dell’Infanta a Las Meninas di Velázquez, un’opera che ha fatto impazzire decine di persone di artisti, scrittori, filosofi, mi è entrato in testa e non è mai uscito. È sempre lo stesso, ma diverso”.

Come è possibile?

«Con gli anni il mio modo di vedere l’Infanta cambia. A modo suo è un’icona: qualcosa di universale e riconoscibile, capace di comunicare su diversi livelli”.

Sembra paradossale ma in un’epoca come la nostra in cui tutto è smaterializzato, la scultura, soprattutto quelle di grandi dimensioni, gode di ottima salute e piace al grande pubblico. Oltre a Las Meninas, tu stesso presenti ora a Venezia anche la monumentale Mariposas, una testa stilizzata su cui svolazzano una moltitudine di farfalle lungo la Riva Ca’ di Dio, e, in occasione del Salone Nautico all’Arsenale, una grande diadema.

«Credo che l’interesse che il pubblico mostra per la scultura sia una forma di reazione.

Non biasimo l’arte digitale e le nuove tecnologie con le quali sono sicuro che si possano fare grandi cose, ma sono convinto che oggi più che mai le persone sentano il bisogno di toccare la realtà, arte compresa.”

 
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