Dal naturalismo barocco all’arte contemporanea americana. Palazzo Barberini si illumina con la mostra Effetto notte: nuovo realismo americanoO. Oltre 150 opere di artisti attivi negli Stati Uniti, provenienti dalla Fondazione Aïshti di Beirut che celebra il suo 25° anniversario. “È un progetto su cui abbiamo iniziato a lavorare quasi due anni fa, ci interessa confrontare due forme di realismo: quello caravaggesco e quello americano” ha spiegato Flaminia Gennari Santori, curatrice della mostra insieme a Massimiliano Gioni. “È anche un modo per sottolineare come il Palazzo possa accogliere il contemporaneo”. Il progetto è il risultato di una collaborazione con Tony ed Elham Salamé, fondatori di Aïshti, un’istituzione di lusso dedicata alla cultura contemporanea. “Si tratta di una mostra internazionale, che va da Beirut agli Usa e arriva a Roma” ha aggiunto il direttore delle Gallerie Nazionali d’Arte Antica, Thomas Clement Salomon.
Il titolo della mostra è tratto da un’opera in mostra di Lorna Simpson, che a sua volta si riferisce al capolavoro metacinematografico di François Truffaut, La notte americana (Effetto notturno) del 1973. In cui, tra amnesie e squilibri psichici, venne adottato per la prima volta il filtro “Effetto Notte” (o “Giorno per notte”), per rendere notturne le scene diurne. Il percorso si apre con tre interventi dal gusto metropolitano, compreso quello post-oscurità dall’artista Glen Lygon, che ha dipinto l’insegna al neon “nera”America”, in una discussione sulle questioni razziali affrontate anche nei successivi trittici di Henry Taylor, realizzati per la Biennale di Venezia del 2019.
La mostra “Effetto Notte” a Palazzo Barberini
Varcata la soglia, si entra in una galleria di stanze che riprendono lo stile grottesco, caro al barocco. Tele di grande formato intrecciano i temi della fantasia e del carnevale con l’autofiction, ruotando attorno a una visione scioccante del corpo intergenerazionale.
Nell’atrio Borromini c’è il cavallo alieno di Urs Fischer. Ma soprattutto abbondanza di silhouette femminili oblique. I corpi mutanti di Louise Bonnet e Judith Eisler precedono gli autoritratti nudi di Joan Semmel, dove la carne diventa frammento-monumento. In un arco che tocca le donne ectoplasmatiche di Willem de Kooning e i dipinti porno traslucidi di Christina Quarles, regina del queer. Quando lo sguardo pittorico è elevato al paesaggio, una sorta di realismo isterico che, tra colori acidi e accesi, si concentra sulle catastrofi naturali. È il caso degli Hurricanes di Nate Lowman. Mentre i paesaggi interiori di Sara Hughes e Josh Smith rivelano inquietanti intuizioni sulla psiche, secondo un neorealismo magico. Il tema di sovraccarico di informazioni nell’era digitale, sfociando in uno stato di paranoia esistenziale e nel post-umano, è ben rappresentato dal lavoro di Seth Price e arriva al paradosso di un realismo che si misura con l’astrazione.
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Da Cattelan a Cindy Sherman, in mostra a Roma
Al piano nobile, i piccioni di Maurizio Cattelan, appollaiati sui pilastri dell’atrio del Bernini, suggeriscono uno straniante senso di riferimento agli “Uccelli” di Hitchcock. Mentre nella Sala Ovale si trova il grande arcangelo in fibra di vetro di Charles Rey una lacrima nel cielo di carta, poiché non ha ali né aura sacrale, essendo, in realtà, il ritratto di un surfista. Poi nella Sala dei Marmi c’è un allestimento curioso: 61 opere, in una bulimia di immagini, ricreano l’ambiente di una quadreria seicentesca.
L’ultima sezione della mostra si snoda nello splendore rococò dell’Appartamento Settecentesco, dominato dai temi della simulazione e della dissimulazione. Le fotografie di Cindy Sherman, l’opera video dell’artista gay Klara Lidén in dialogo con quella di Kjartansson. E infine l’opera di Lorna Simpson che dà il titolo alla mostra e le vetrine di Ryanne Tanet. Scurire proprio con quel filtro blu che nasconde la luce, provocando una mimesi chiamata: effetto notte.
Francesca de Paolis
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