Quattro sculture all’ingresso dell’Alpago, di Raul Barattin – .

CHIESE DELL’ALPAGO – Si ergono maestose su poderosi basamenti a guardia delle proprie valli, con l’obiettivo di dare speranza alle genti della montagna, fungendo da intermediarie tra…

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CHIESE DELL’ALPAGO – Si ergono maestose su possenti basamenti a guardia delle loro valli, con l’obiettivo di donare speranza alle genti di montagna, fungendo da tramite tra terra e cielo ma anche tra l’interiorità dell’essere umano e la natura: sono le quattro nuove sculture in larice di quasi tre metri che arricchiscono il paesaggio di Chies e in particolare la località San Martino. Attraverso il contrasto con il paesaggio dell’Alpago lungo un percorso pedonale, queste forme avrebbero la funzione – secondo l’artista che le ha realizzate – di chiedere fiducia a chi vive o vorrebbe vivere in queste zone. Questo era l’intento di Raúl Barattin, artista già noto per diverse altre opere e installazioni, che in passato ha scelto di restare in Valbelluna, dopo esperienze nazionali e internazionali. In accordo con una società che gestisce alcuni caseifici della zona, collegati tra loro attraverso un percorso interattivo, l’artista, che è anche docente presso la scuola del legno di Sedico, ha realizzato queste opere permanenti, che d’ora in poi gli escursionisti potranno poter ammirare durante il loro viaggio. La prima scultura rappresenta un giovane: sul volto, dallo sguardo cupo e introspettivo, porta le cicatrici di tutte le fasi della vita. Proseguendo poi, incontriamo una figura che si staglia con grande slancio verso il cielo, senza nascondere una sofferenza che diventa l’unico metodo per raggiungere un obiettivo. Ci sono poi due mani colossali che si stringono, una dall’alto e una dal basso, formando un totem: sono due fratelli che rappresentano la capacità di darsi una mano a vicenda. L’ultima scultura è forse la più complessa e particolare dal punto di vista costruttivo, ma anche di significato: si tratta di un uomo accovacciato, realizzato con rami di larice intrecciati tra loro. La figura rappresenta un pensatore, con lo sguardo rivolto verso il Lago di Santa Croce, verso la donna, e quindi la valle, che si allontana. «Quest’uomo fatto di ramoscelli pensa senza sosta al suo futuro, perché è proprio quello che mi viene in mente quando rifletto su cosa stiamo lasciando ai giovani – si chiede l’artista – Troveranno un futuro in queste valli? Perché è proprio vero che, con l’abbandono di queste terre da parte delle nuove generazioni, qui ci ritroviamo con quattro gatti: mi piacerebbe davvero che questi quattro gatti, col tempo, diventassero otto. Ho scelto di restare qui e credo in questo territorio meraviglioso, che va vissuto.”

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Il Gazzettino

 
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