Cosa ha rappresentato la GALLLERIAPIÙ per la scena artistica italiana (e cosa ci racconta la sua chiusura) – .

«A volte ritirarsi, “diminuire” e sconfessare i termini capitalistici del successo è la strategia migliore per inviare un segnale sincero e vivere meglio. Trovo la chiusura di GALLLERIAPIÙ meravigliosamente espressiva, un crollo sul palco, un modo per esprimere un’emozione che verrebbe distorta se decidessi di continuare.” (Veronica Veronesi)

Ann Hirsch, “Submarine Society” (23/09 – 11/11/2017), veduta della mostra presso GALLLERIAPIÙ, cortesia GALLLERIAPIÙ

GALLLERIAPIÙ chiude la sede espositiva di via del Porto a Bologna: la notizia circola da tempo e la sua conferma sembra essere l’ennesima presa di posizione radicale del fondatore Veronica Veronesi. Il gallerista, che negli ultimi dieci anni è sempre impegnato ad aprire fronti di discussione sul sistema dell’arte, con questo gesto ci porta a riflettere su quanto all’interno di questo sistema il monopolio dell’arte gallerie di marca finisce per estinguere visioni non allineate alle tendenze del mercato. Il processo era già (ancora inconsciamente) in atto quando, per celebrare il primo decennio di attività nel dicembre 2023, la galleria ha sorpreso il suo pubblico sospendendo la normale attività espositiva in favore di un programma transdisciplinare di talk, performance, workshop e live set . e screening.

Ivana Spinelli, “Minimum” (26/11/2016 – 14/01/2017), veduta della mostra presso GALLLERIAPIÙ, cortesia GALLLERIAPIÙ

La recensione, dal titolo FUORI GALLERIAPIÙ, per tre mesi ha proposto al pubblico tre appuntamenti settimanali incentrati sulle nuove tecnologie, i linguaggi e le subculture digitali, analizzati come catalizzatori di una questione sovversiva: «Cosa significa essere uno spazio espositivo quando il concetto stesso di spazio è infinitamente espandibile, digitalizzabile, programmabile algoritmicamente? Cosa significa essere l’anello di congiunzione tra la produzione artistica e il mercato quando quest’ultimo crea sistematicamente asimmetrie? È possibile resistere in questo sistema e tutelare gli artisti, i lavoratori, la ricerca per offrire una proposta culturale e continuare a creare materia vibrante?”. Questi dubbi, una volta esplicitati in un dichiarato cortocircuito del concetto di white cube, sono diventati materia incandescente. Quando ciò che è nascosto si ribella e sconfigge l’ordine costituito, facendo esplodere la repressione, le risposte poco convincenti confermano le contraddizioni e non è più possibile tornare indietro, da qui la decisione di diminuire e arretrare.

Yves Scherer, “L’ultimo delle rose inglesi” (12/05/2018 – 15/09/2018), veduta della mostra presso GALLLERIAPIÙ, cortesia GALLLERIAPIÙ

Frequento GALLLERIAPIÙ fin dai primi anni di attività, forse la fucina di nuovi talenti più originale a Bologna per la sua capacità di essere un laboratorio integrato e uno stile di pensiero prima ancora che estetico. La galleria è stata concepita fin dall’inizio come uno spazio abitativo condiviso con gli artisti e il pubblico, come un luogo transdisciplinare la cui attitudine costituì un precedente nel catturare certi tipi di linguaggi e argomenti quando erano ancora underground. Un luogo d’incontro, per talk, proiezioni, dj set, performance live e approfondimenti controculturali, raffinatissimo nella cura maniacale di ogni dettaglio. Una web radio, un american bar e una libreria di nicchia completano il quadro. «L’estetica con conseguenze» è la prima dichiarazione ragionato, che dopo una prima fase esplorativa volta a sfidare temi di urgente attualità, plasma la visione della galleria, da quel momento appassionatamente proiettata nell’esplorazione di nuove ipotesi di linguaggi espressivi e tematiche interdisciplinari. Tutte le mostre sono prodotte dalla galleria e sono l’esito di un progetto (un vero e proprio progetto, non l’etichetta con cui spesso si “confeziona culturalmente” una serie di opere simili) basato su un dialogo sostanziato dal confronto con altri professionisti creativi o culturali . Per ogni evento espositivo è prevista una pubblicazione, un programma di approfondimenti critici sui temi trattati, un palinsesto di iniziative collaterali legate alle riflessioni suscitate dalla mostra, una colonna sonora, un mood, una bibliografia, una grafica e in molti casi anche un packaging, tutto progettato su misura.

Débora Delmar, “Liberty” (24/09/2022 – 26/11/2022), veduta della mostra presso GALLLERIAPIÙ, cortesia GALLLERIAPIÙ

L’identità inconfondibile della galleria risiede in questo approccio integrale, più attento alla scoperta di un’interessante cultura visiva che al posizionamento sul mercato. L’idea è quella di sostenere e valorizzare la ricerca degli artisti affiancandoli nel loro percorso, non chiedere loro una performance imponente o un risultato garantito. E gli artisti sono sia giovanissimi debuttanti a cui viene insegnato a strutturarsi, sia artisti molto qualificati dal punto di vista curriculare nel rapporto istituzionale, ma ancora senza mercato. Dal punto di vista commerciale, quindi, non la ricerca di intercettare le tendenze del momento per cavalcare l’onda, ma l’ambizione di creare un mercato come risultato di vere e proprie ricerche speculative, effettuate con i più diversi media artistici e a diversi livelli. gradi di intensità manuale. Tra i fili più caratterizzanti della ricerca, l’ibridazione dell’identità umana con quella delle sue diverse protesi tecnologiche, sempre più sottilmente capillari, e l’intersezione con gli aspetti misteriosi ed esistenzialistici delle neuroscienze.

Pauline Batista, “Implantation”, 2019, dalla mostra “Is Your System Optimized?” (24/11/2019 – 11/08/2020), per gentile concessione GALLLERIAPIÙ

Apparecchio 22, Ivana Spinelli, Emilio Vavarella, Gaia Fugazza, Anna Hirsch, Paolina Battista, Felicity Hammond, Débora Delmar E Gluklya: questi i primi nomi, in ordine sparso, che mi vengono in mente pensando agli incontri più stimolanti che ho avuto modo di fare in galleria, in occasione delle loro mostre personali. E tutte le mostre sono state concepite, in piccola scala, con un approccio museale, come ambienti concettualmente immersivi in ​​cui viene data priorità all’efficacia dell’insieme dove tutto ritorna in modo avvincente e non all’attrattiva programmatica del singolo pezzo, nonostante la garanzia che le opere fossero perfettamente autosufficienti pur nella loro singolarità. E poi mostre collettive come gioiose immersioni nell’ignoto, una tra tutte GALLLERIAPIÙ NEL PAESE DELLE MERAVIGLIE, dedicato alle «arti strategiche, forme impossibili, incandescenze istintive. Delicate esplorazioni attraverso la fluidità del subconscio, dove le opere e i pensieri in mostra evocano immaginari latenti, tra il conosciuto e l’immaginato.” Come non attendere con curiosità la prossima sorprendente mostra alla GALLLERIAPIÙ?

Emilio Vavarella, “rs548049170_1_69869_TT (The Other Shapes of Me)” (04/05 – 16/07/2021), veduta della mostra presso GALLLERIAPIÙ, cortesia GALLLERIAPIÙ

Se il cubo bianco scricchiola e si spacca, per Veronica Veronesi non ha senso remare contro il corso delle cose e escogitare soluzioni temporanee per continuare ad esistere con una formula, quella del piccolo negozio di qualità, che anche in tanti altri settori merceologici (come il cibo, la moda o il design) si sta rivelando non più sostenibile. Se in una realtà sempre più dominata dal monopolio dei grandi marchi, i successi sono prodotti sul tavolo da sistemi che con la cultura poco hanno a che fare, non soccombere significa abbattere le gerarchie e trovare meccanismi di finanziamento diversi dalla vendita dell’opera. Per guardare al futuro, quindi, GALLLERIAPIÙ sfrutta la sua esperienza e le relazioni che è riuscita a consolidare per proporsi come nomade e ubiqua catalizzatrice di eventi.

Andrea Marco Corvino/LOL ​​​​63, “L’Ascella del Sole” (26/05 – 10/09/2022), veduta della mostra presso GALLLERIAPIÙ, cortesia GALLLERIAPIÙ

Il primo evento di questo nuovo corso sarà il festival di ottobre NESSUN FUTURO MA POESIE a Poznań, Polonia, progettato in collaborazione con Galeria Skala a seguito della partecipazione congiunta ad un bando europeo. L’iniziativa, nata come scambio culturale tra le due realtà, porterà per dieci giorni nuove produzioni performative sia degli artisti “storici” della galleria, sia di altri creativi della scena bolognese che operano in ambito crossmediale. In nome del lavoro di squadra, c’è anche un altro progetto top secret che si svilupperà nel metaverso, incentrato sulla riattivazione del desiderio sul posto di lavoro e sullo sviluppo di una comunità di professionisti cognitivi e inventivi, i cui progetti saranno realizzati grazie a un sistema decentralizzato e autosufficiente dei finanziatori. Non abbiamo dubbi: anche in questa nuova forma ancora in piena evoluzione, GALLLERIAPIÙ lascerà il segno e non finirà mai di sorprenderci.

Informazioni:

www.galleriapiu.com

Emmanuela Zanon

Laureata in storia dell’arte al DAMS di Bologna, città dove ha continuato a vivere e lavorare, si specializza a Siena con Enrico Crispolti. È curiosa e attenta all’evoluzione della contemporaneità, crede nel potere dell’arte di rendere la vita più interessante e ama esplorare le ultime tendenze attraverso il dialogo con artisti, curatori e galleristi. Considera la scrittura una forma di ragionamento e di analisi che ricostruisce la connessione tra il percorso creativo dell’artista e il contesto che lo circonda.


 
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