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Michael Keaton rilancia il genere noir con il boss spietato Al Pacino. Valutazione 7 – .

Come un fiume carsico, il genere noir ha dovuto spesso sprofondare nelle pratiche cinematografiche, travolto da modi e stili più à la page, per poi tornare improvvisamente a galla, quando meno te lo aspetti, con la sua carica di verità e la sua forza espressiva ancora intatte. Come è accaduto a Michael Keaton, regista, al suo esordio sedici anni fa con Il gentiluomo allegro (inedito da noi) e ora autore di un noir fuori dagli schemi, The Memory of the Assassin, ma non fuori dal tempo. Nel mezzo, l’attore Michael Keaton ha inanellato un successo dopo l’altro – ricordiamolo almeno Uomo Uccello (che gli è valso una nomination), Caso Spotlight, il processo dei Chicago 7 – ma evidentemente il desiderio di misurarsi con qualcosa di più personale non lo aveva abbandonato e lo trovò nella sceneggiatura di Gregory Poirier e nel fascino che il noir sa ancora esprimere.

John Knox, che gli amici chiamano Aristotele per la sua passione per i libri (Michael Keaton), non ha il lavoro più bello del mondo.: è un killer a contratto che si è costruito una reputazione per la meticolosità e l’attenzione ai dettagli con cui svolge il suo lavoro. Se è finito in prigione una volta, è stato per evasione fiscale e non certo per uno dei suoi incarichi, che spesso svolge con il collega Thomas (Ray McKinnon). E con lui lo vediamo discutere del prossimo contratto, da eseguire dopo che John si sarà preso un paio di giorni di “vacanza”. È così che si giustifica con l’amico per non rivelare il vero scopo del suo viaggio: farsi visitare da un famoso neurologo, che rivelerà – a lui e al pubblico – di cosa soffre: la malattia di Creutzfeldt-Jacob, la causa di una demenza cognitiva che progredisce più velocemente dell’Alzheimer. La risposta è impietosa: il tempo che gli rimane prima di perdere la lucidità si misura in settimane, non in mesi, e da questo momento in poi il film ne scandirà la progressione sottolineando il trascorrere di quelle settimane.

Ma i primi effetti non tardano a farsi sentire, e la regia ce li mostra ricorrendo a uno degli stilemi classici del noir, la dissolvenza dell’immagine verso il nero. e il silenzio che può restituire l’improvvisa solitudine visiva e uditiva. A pagarne le conseguenze sarà proprio Thomas, nell’ultimo incarico che John dovrà portare a termine, dove invece di una sola persona finirà per ucciderne tre (il bersaglio, il suo occasionale compagno e il suo amico). L’esperienza gli consente di sistemare più o meno le cose, anche se la dura detective Emily Ikari (Suzy Nakamura) intuisce che le cose sono andate diversamente da come le prove indicherebbero. Ma a complicare le cose, bussa alla porta il figlio di John, Miles (James Marsden), con cui aveva reciso i legami da molti anni: in un impeto di rabbia ha ucciso l’uomo che aveva sedotto e messo incinta la figlia sedicenne e ora, insanguinato e sotto shock, ha deciso di chiedere aiuto al padre (di cui conosce molto bene l’attività). E man mano che il tempo passa e le pause diventano più frequenti, Knox non può che rivolgersi al suo cliente Xavier (Al Pacino) per cercare di risolvere i tanti problemi che si accumulano, non ultimo l’avidità della prostituta (Joanna Kulig) che ogni settimana passava a prestare i suoi servizi.

Naturalmente non siamo più negli anni ’40, quando il noir divenne il genere più popolare e amato. perché ha saputo dare forma sullo schermo ai dubbi e alle paure di una generazione che aveva subito il trauma della guerra ed era caduta preda di un malessere esistenziale senza soluzione. Keaton e il suo sceneggiatore Poirier, però, non hanno dimenticato quella lezione e la riportano a un modo di raccontare più sfumato e complesso, lontano dalla linearità seriale oggi in voga: non sono i colpi di scena a fare la differenza (qui ce ne sarà uno solo, decisivo, ma alla fine del film) ma piuttosto la riflessione sulla moralità di certe scelte. E poi la stanchezza di questi non-eroi, la necessità di portare a termine il loro “lavoro” da veri professionisti e, alla fine, la forza di un legame padre-figlio che il tempo e il risentimento non hanno cancellato.

 
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