I titoli fuorvianti possono causare più danni delle fake news – .

I titoli fuorvianti possono causare più danni delle fake news – .
I titoli fuorvianti possono causare più danni delle fake news – .

La diffusione di contenuti fuori contesto o addirittura falsi è un problema sempre più sotto la lente di ingrandimento delle autorità di regolamentazione e delle grandi piattaforme. Uno studio pubblicato su Science offre importanti spunti di riflessione: le notizie fuorvianti, quelle che si trovano in una “zona grigia che sfugge ai fact-checker”, ovvero “contenuti fattualmente corretti ma comunque fuorvianti”, causano più danni delle notizie false. O almeno – come si evince dai risultati dello studio condotto da un gruppo di ricerca del MIT e dell’Università della Pennsylvania – è quanto accaduto con i vaccini anti-Covid-19 negli Stati Uniti, sulla base dell’analisi di oltre 13.000 post pubblicati su Facebook. I risultati dello studio indicano che i contenuti ambigui non segnalati come falsi dai fact-checker, ma che gettano ombre sull’efficacia e la sicurezza dei vaccini, hanno avuto un impatto 46 volte più efficace nel causare esitazione a vaccinarsi rispetto alla disinformazione segnalata come tale.

Quanto circolano i diversi tipi di contenuti?

La ricerca, come detto, è stata condotta da un gruppo del MIT e dell’Università della Pennsylvania, e ha utilizzato – come sottolinea il Post – dati resi disponibili da Facebook. I ricercatori hanno selezionato 13.206 link che rimandavano a contenuti sui vaccini anti-Covid-19, condivisi almeno un centinaio di volte sulla piattaforma, e che erano stati pubblicati nei primi tre mesi della campagna vaccinale negli Stati Uniti (tra gennaio e marzo 2021). In quel periodo, i contenuti segnalati come disinformazione sono stati visualizzati 8,7 milioni di volte, solo lo 0,3% delle visualizzazioni ottenute da tutti i contenuti sui vaccini su Facebook in quel periodo. Invece, i contenuti che “non erano stati segnalati dai fact-checker ma che comunque sottintendevano che i vaccini fossero dannosi per la salute – molti dei quali da media credibili e diffusi – sono stati visualizzati centinaia di milioni di volte”.

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Il potere dei contenuti nella “zona grigia”

I contenuti che alludevano a possibili danni, ma non dichiaravano palesi falsità, venivano visualizzati molte più volte rispetto ai contenuti apertamente segnalati come falsi. Ma lo studio è andato ancora più a fondo: quale di queste categorie di contenuti ha causato il danno maggiore alla campagna vaccinale? Un sondaggio condotto su oltre 18.000 persone, basato su 130 titoli sull’argomento dei vaccini, ha rilevato che i contenuti segnalati come disinformazione avevano una maggiore capacità di dissuadere le persone dal vaccinarsi rispetto ai contenuti non segnalati. Tuttavia, combinando la persuasività dei contenuti con il numero di volte in cui sono stati visualizzati, la quantità di contenuti che rientra nella “zona grigia” tra vero e falso ha una capacità 46 volte maggiore di scoraggiare le persone dal vaccinarsi.

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Un singolo contenuto visto più di tutte le fake news

Lo studio fornisce un esempio significativo di questo effetto: un articolo del Chicago Tribune intitolato “Un medico sano muore due settimane dopo il vaccino, il CDC indaga sulla causa” è stato visualizzato più di 50 milioni di volte. Sono sei volte più visualizzazioni di tutti i contenuti segnalati come disinformazione messi insieme. “La pandemia di COVID-19 è stata esacerbata dalla scarsa assunzione di vaccini, causata dalla diffusione di disinformazione”, ha scritto il redattore scientifico Ekeoma Uzogara. “Fortunatamente, l’impatto di informazioni palesemente false sui vaccini su Facebook è stato notevolmente attenuato una volta che i post sono stati verificati e segnalati. Tuttavia, le informazioni ambigue sono rimaste non segnalate. I ricercatori hanno esaminato un’area grigia che potrebbe eludere i fact-checker: notizie vere ma con contenuti fuorvianti. Questi contenuti gettano un’ombra sulla sicurezza o l’efficacia dei vaccini”.

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“I media dovrebbero prestare attenzione ai titoli”

“La nostra analisi suggerisce che i fact-checker di Facebook hanno identificato la disinformazione più dannosa, quindi Facebook ha fatto un buon lavoro”, ha detto a El Pais Jennifer Allen, ricercatrice al MIT e co-autrice dello studio. “Tuttavia, altre storie possono diventare virali e i cattivi attori possono usare storie rigorose per promuovere narrazioni ingannevoli, qualcosa a cui le piattaforme dovrebbero fare più attenzione. Ma anche i media dovrebbero esserne consapevoli quando scrivono i titoli, perché il loro contenuto può essere presentato fuori contesto”. Per Allen, “la competizione per i clic è una sfida, ma non penso che questo tiri fuori i media. I giornalisti dovrebbero tenere a mente che solo online vengono letti i titoli e le storie possono essere estrapolate dal contesto. Dovrebbero fare uno sforzo per evitare possibili interpretazioni errate del loro lavoro”.

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Il progetto AI4TRUST

La lotta alla disinformazione è al centro anche di AI4TRUST, progetto europeo finanziato dal programma Horizon Europe dell’Unione Europea di cui Sky TG24 è partner. AI4TRUST nasce con l’obiettivo di sviluppare una piattaforma contro la disinformazione che unisca il contributo dell’intelligenza artificiale alle verifiche di giornalisti e fact-checker.

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