così l’Europa (e l’Italia) resta tra due fuochi – .

L’offensiva diplomatica che il premier Meloni e il ministro Urso stanno per sferrare per le auto cinesi deve tenere conto anche dell’impatto del G7 avvenuto nel nostro Paese

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
FASANO (BRINDISI) — Ventiquattr’ore prima dell’inizio del G7, l’Ufficio di Controllo dei Beni Esteri (Ofac) ha pubblicato nuove “istruzioni” che gettano una luce diversa sui risultati del vertice pugliese. Quell’ufficio è l’area delle sanzioni del Tesoro americano. E proprio alla vigilia dell’incontro dei leader ha dato una “definizione aggiornata” di quella che considera la “base militare-industriale della Russia”, con la quale è vietata ogni forma di cooperazione. La revisione – rileva Ofac – riflette «il crescente utilizzo da parte del Cremlino dell’intera economia russa per sostenere la guerra”. D’ora in poi quasi ogni forma di commercio con il paese di Vladimir Putin e quasi ogni attività al suo interno – anche nell’industria pesante – li espone alle sanzioni americane.

La Casa Bianca ha così gettato le basi per una svolta del G7 nei confronti della Cina. Solo nel primo anno di guerra, le esportazioni di quest’ultima verso la Russia erano aumentate del 46,9%, anche di prodotti a duplice uso civile e militare. Adesso la vetta di Fasano riprende la linea che Anthony Blinken, il segretario di Stato americano, aveva già spiegato a Pechino a fine aprile: le banche cinesi (e quelle di altri paesi) che facilitano il commercio con la Russia di beni proibiti saranno colpite; in sostanza, rischiano tutti di essere tagliati fuori dal sistema internazionale dei pagamenti Swift e di non poter più toccare un solo dollaro.

Si tratta probabilmente della misura più efficace adottata contro l’economia russa in questi due anni. Il timore di ritorsioni sta già tenendo grandi istituzioni come Industrial e lontane dalla Russia Banca commerciale cinese o Banca cinese, ma soprattutto frena i più piccoli che finanziavano la maggior parte degli scambi. Così nei primi quattro mesi del 2024 – secondo gli ultimi dati del Servizio doganale russo – le importazioni di Mosca diminuiscono annualmente del 4,2% nel settore dell’ingegneria meccanica, del 19,8% nei prodotti chimici, dell’11,6% in quelli metallici.

Come hanno visto gli sherpa di Washington, funziona. Per questo hanno voluto inserire la minaccia nel comunicato dei Sette di Fasano: «Imporremo misure restrittive per impedire l’accesso ai nostri sistemi finanziari a persone ed entità di paesi terzi, compresi soggetti cinesi, che svolgano attività» danno dell’Ucraina. Mai prima d’ora i Paesi europei, tra cui l’Italia, avevano preso una posizione così netta nei confronti della Repubblica Popolare (dove l’Unione Europea fattura oltre 230 miliardi di dollari di esportazioni all’anno).

Restano solo due problemi. Il primo è quello delle misure di Bruxelles nei confronti della Cina le triangolazioni commerciali con la Russia restano molto più deboli di quelle americane. Il quattordicesimo pacchetto di sanzioni europeo, attualmente in trattativa, indica semplicemente un elenco di aziende cinesi alle quali gli europei non possono vendere determinati prodotti, affinché non finiscano in Russia. Niente di più. Certo meno di quanto vorrebbe Washington, ma l’Europa teme ritorsioni da parte di Pechino e si conferma così il vaso di coccio nelle tensioni tra superpotenze.

C’è poi una questione puramente nazionale e riguarda l’offensiva diplomatica che l’Italia si appresta a sferrare nei confronti della Cina. Il ministro dell’Economia Adolfo Urso sarà a Pechino il 4-5 luglio e sottolinea al Corriere come l’attuale governo non abbia mai usato il suo “golden power” per bloccare le acquisizioni cinesi. Il 29 e 30 luglio è quindi prevista una visita del Primo Ministro Giorgia Meloni al Presidente Xi Jinping. In discussione anche l’investimento di Dongfeng, casa automobilistica cinese a totale controllo pubblico, per compensare la capacità industriale che Stellantis lascia inattiva in Italia: secondo Urso, per una produzione annua di almeno 400-500mila auto elettriche cinesi ( ma richiamando, pare, antichi marchi italiani in disuso e ora di proprietà del ministero). Resta ora da vedere se la durezza nei confronti di Pechino, proprio nel G7 italiano, produrrà la reazione avversa di Xi.

Del resto la dichiarazione di Fasano non è severa solo nei confronti della Cina. C’è anche quello che sembra un monito del G7 all’americana Citigroup e alle banche europee, tra cui Intesa Sanpaolo e Unicredit, che restano attive con filiali a Mosca: «Facciamo appello alle istituzioni finanziarie affinché si astengano dal sostenere e realizzare profitti grazie alla macchina da guerra russa – si legge -. Adotteremo ulteriori misure per scoraggiare e prevenire questi comportamenti”. Intesa e Unicredit sottolineano di aver ridotto molto le loro operazioni in Russia e di operare comunque solo in settori estranei alle sanzioni. Ma la partita resta più aperta che mai. Il governo invece segna un punto per l’Eni al G7, perché è stato deciso che l’Italia ospiterà il primo vertice ministeriale sulla fusione nucleare: un ambito in cui il gruppo energetico è molto impegnato.

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16 giugno 2024 (modificato il 16 giugno 2024 | 07:53)

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