Il cedimento del bacino galleggiante di Gaza – .

Il cedimento del bacino galleggiante di Gaza – .
Il cedimento del bacino galleggiante di Gaza – .

Il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti ha annunciato venerdì che il bacino galleggiante costruito al largo della costa della Striscia di Gaza dall’esercito americano per fornire aiuti alla popolazione palestinese è stato rimosso e probabilmente non sarà ricostruito. La decisione di rimuovere il molo, la cui costruzione è stata completata a metà maggio, dimostra il fallimento del progetto dell’amministrazione Joe Biden: costato 320 milioni di dollari, il molo era già stato smontato e rimontato più volte a causa di vari problemi, e ha contribuito solo in minima parte alla consegna di aiuti umanitari alla popolazione civile di Gaza.

Le ragioni del cedimento del molo sono numerose: innanzitutto le difficoltà tecniche di realizzazione di un molo galleggiante in mare aperto, che esponeva la struttura alle intemperie; e in secondo luogo le difficoltà logistiche nel fornire aiuti alla popolazione palestinese. Soprattutto a causa delle attività militari dell’esercito israeliano nella zona, pochissimi camion di aiuti sono riusciti ad arrivare ai depositi delle Nazioni Unite per la distribuzione.

Il molo galleggiante era stato annunciato a marzo dall’amministrazione di Joe Biden come un modo per alleviare le terrificanti condizioni della popolazione civile della Striscia di Gaza, che soprattutto in quel periodo non aveva accesso agli aiuti umanitari: in quelle settimane erano diverse le testimonianze di persone e bambini che muoiono di fame. Fin dall’annuncio, l’amministrazione Biden aveva chiarito che il molo sarebbe stata una soluzione di emergenza, e soprattutto parziale: da solo non sarebbe stato in grado di soddisfare i bisogni della popolazione di Gaza, ma avrebbe potuto hanno contribuito ad alleviare la fame in un momento in cui il passaggio degli aiuti attraverso i valichi terrestri era stato bloccato dall’esercito israeliano. A pieno regime, poco più di un quarto degli aiuti necessari alla Striscia di Gaza sarebbero dovuti passare attraverso il molo: questo non è mai successo.

Un’immagine satellitare del molo a metà maggio (US Central Command tramite AP)

Dopo alcuni ritardi, la costruzione del molo è stata completata a metà maggio. Si trattava di un’infrastruttura piuttosto complicata.

Il molo temporaneo (il cui nome ufficiale è JLOTS: Joint Logistics Over-the-Shore, traducibile come “logistica coordinata sulla costa”) era composto da due parti: una grande piattaforma galleggiante ancorata al largo della Strip e il molo vero e proprio, che era collegato direttamente alla costa con una lunga passerella, realizzata in modo che i camion potessero passarci sopra. Gli aiuti umanitari arrivavano da Cipro tramite grandi navi cargo, e attraccavano alla piattaforma galleggiante al largo. Gli aiuti venivano poi scaricati sulla piattaforma e caricati su navi militari più piccole, che li trasportavano al molo ancorato alla costa. Da lì venivano infine caricati sui camion che li portavano sulla terraferma, dove venivano consegnati alla missione del Programma Alimentare Mondiale delle Nazioni Unite, che si sarebbe occupata della distribuzione.

Fin dai primi giorni di attività il molo ha avuto problemi e ha subito contrattempi. Tra l’altro, portare gli aiuti alla popolazione è stato molto difficile perché tutte le strutture per il mantenimento dell’ordine nella Striscia di Gaza erano crollate e i convogli in partenza dalla costa verso l’interno della Striscia venivano sistematicamente attaccati da palestinesi disperati.

A poco più di 10 giorni dall’apertura, a fine maggio, l’attività del molo era già stata sospesa a causa dei danni causati dal maltempo: parti del molo erano state smantellate per le riparazioni. L’8 giugno il molo è stato riaperto, ma quello stesso giorno Israele ha condotto una violenta operazione militare nell’area del molo, in cui ha recuperato vivi quattro ostaggi israeliani, ma ha ucciso più di 270 palestinesi.

Nell’operazione, due magazzini del Programma alimentare mondiale – l’agenzia delle Nazioni Unite responsabile della distribuzione degli aiuti – sono stati colpiti da razzi. A quel punto il direttore del Programma alimentare mondiale ha annunciato l’interruzione dei lavori di distribuzione degli aiuti dal molo, perché non era più possibile garantire la sicurezza dei suoi dipendenti. L’ONU temeva anche che la sua neutralità potesse essere compromessa, perché erano circolate voci secondo cui l’esercito americano aveva messo a disposizione strutture portuali per sostenere Israele nell’operazione militare (l’esercito ha negato questo).

Da allora, il World Food Program non ha mai ripreso le consegne di aiuti. L’esercito statunitense ha continuato per un po’ a portare aiuti umanitari sulla costa tramite il molo e a immagazzinarli in aree di sosta protette. Ma senza nessuno che li distribuisca, gli aiuti umanitari sono di fatto bloccati. Venerdì, con le aree di smistamento sulla costa ormai alla massima capacità, l’esercito ha annunciato la rimozione del molo.

Di fatto, quindi, il molo ha funzionato a pieno regime per una decina di giorni, da metà maggio a fine mese, mentre a giugno si è limitato ad accumulare aiuti nelle aree di smistamento sulla costa, che però non sono stati consegnati. In totale, secondo gli Stati Uniti, attraverso il molo sono state portate a Gaza 8.831 tonnellate di aiuti, di cui però circa 4.500 tonnellate sono ancora bloccate nelle aree di smistamento.

 
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